Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-03-2011) 29-03-2011, n. 12771 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 7.5.10 la Corte d’Appello di Roma confermava la condanna emessa il 3.5.06 dal Tribunale della stessa sede nei confronti di D. B.M. per il delitto di ricettazione di un ciclomotore di provenienza furtiva.

Tramite il proprio difensore il D.B. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1;

a) vizio di motivazione nella parte in cui la Corte territoriale aveva omesso di derubricare l’accusa nella più lieve violazione dell’art. 712 c.p., vista l’eccepita mancanza di prova della consapevolezza, da parte del D.B., della provenienza furtiva del ciclomotore;

b) vizio di motivazione laddove l’impugnata sentenza aveva rigettato la richiesta di riduzione della pena previa concessione delle attenuanti dell’art. 62 bis c.p. tenendo conto dell’effettivo svolgimento dei fatti e della personalità dell’imputato.

1- Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

Il motivo che precede sub a) è generico perchè con esso il ricorrente non esamina specificamente – per confutarle – le considerazioni svolte dal provvedimento impugnato, che ha fatto corretta applicazione del costante orientamento di questa S.C. in base al quale, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta – così come hanno fatto i giudici del merito – anche sulla base dell’omessa, o non attendibile, indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (cfr. ad es. Cass. Sez. 2^ n. 16949 del 27.2.2003, dep. 10.4.2003;

Cass. Sez. 2^ n. 11764 del 20.1.2003, dep. 12.3.2003; Cass. Sez. 2^ n. 9861 del 18.4.2000, dep. 19.9.2000; Cass. Sez. 2^ n. 2436 del 27.2.97, dep. 13.3.97; Cass. n. 2302/92; Cass. n. 6291/91), il che assorbe ogni altra ipotesi di derubricazione nella più lieve ipotesi di cui all’art. 712 c.p..

2- Del pari manifestamente infondato è il motivo che precede sub b), noto essendo in giurisprudenza che ai fini della determinazione della pena e dell’applicabilità delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. non è necessario che il giudice, nel riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., li esamini tutti, essendo invece sufficiente che specifichi a quale di essi ha inteso fare riferimento. Ne consegue che con il rinvio ai precedenti penali dell’imputato, indice concreto della personalità del reo, l’impugnata sentenza ha adempiuto l’obbligo di motivare sul punto (cfr. ad esempio Cass. Sez. 1^ n. 707 del 13.11.97, dep. 21.2.98;

Cass. Sez. 1^ n. 8677 del 6.12.2000, dep. 28.2.2001 e numerose altre).

3- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *