Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-03-2011) 29-03-2011, n. 12761

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 22.3.10 la Corte d’Appello di Bari confermava la condanna emessa il 18.3.04 dal Tribunale di Lucera nei confronti di S.M. per il delitto di riciclaggio di assegni di illecita provenienza.

Tramite il proprio difensore lo S. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a) violazione dell’art. 157 c.p. perchè il delitto di riciclaggio, risalente al 28.12.94, doveva considerarsi estinto per prescrizione alla data del 28.12.09;

b) omessa dichiarazione di nullità per mancata ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato prima dell’abrogazione del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 96;

c) violazione del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 7 bis, incidendo l’erronea composizione dell’organo giudicante sul principio del giudice naturale precostituito per legge di cui all’art. 25 Cost., comma 1, oltre che su terzietà, imparzialità e indipendenza del giudice medesimo ex art. 111 Cost.;

d) violazione dell’art. 34 c.p.p., perchè comportava un pregiudizio alla terzietà del giudice l’erroneo inserimento nel fascicolo per il dibattimento di atti delle indagini preliminari che si sarebbero, invece, dovuti espungere;

e) inosservanza degli artt. 468, 493 e 507 c.p.p., essendo state ammesse le prove tardivamente chieste dal PM prima che si desse sfogo all’istruttoria dibattimentale mediante audizione dei testi indicati dalla difesa: solo dopo, se del caso, ex art. 507 c.p.p. il giudice avrebbe potuto ammettere altre prove ove ritenute assolutamente indispensabili;

f) era stata considerata una recidiva in realtà mai contestata al ricorrente e del pari erroneamente era stata considerata esatta la pena complessivamente irrogata allo S..

1- Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

Quanto al motivo che precede sub a), si premetta che, ai sensi della L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3, la nuova disciplina della prescrizione – quantunque, più favorevole – non si applica ai processi pendenti in appello alla data di sua entrata in vigore (8.12.05).

Nel caso di specie, la sentenza di primo grado è stata emessa il 18.3.04, di guisa che alla data dell’8.12.05 il processo a carico dello S. era già pendente in appello (tale pendenza, com’è noto, è segnata dalla lettura del dispositivo di prime cure: cfr.

Cass. S.U. n. 47008 del 29.10.09, dep. 10.12.09, in virtù della quale ai fini dell’operatività delle disposizioni transitorie della nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di condanna di primo grado determina la pendenza in grado d’appello del procedimento, ostativa all’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli di cui alla cit. L. n. 251 del 2005).

Dunque, applicandosi nel caso di specie la previgente normativa in tema di prescrizione, il delitto di cui all’art. 648 bis c.p. si estingueva, interruzione compresa, dopo 22 anni e 6 mesi, termine non ancora decorso (il reato risale al 28.12.94).

2- Per quanto concerne la pretesa nullità per mancata ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato prima dell’abrogazione del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 96, correttamente la gravata pronuncia ha ricordato che, alla luce della normativa anteriore all’abrogazione del cit. l’art. 96, per giurisprudenza largamente maggioritaria (qui da ribadirsi) l’inosservanza del termine di dieci giorni per la decisione sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sanzionata ai sensi dell’art. 179 c.p.p., comma 2, comportava la nullità assoluta soltanto degli atti compresi tra la scadenza del termine e la data di effettiva adozione del provvedimento sull’istanza medesima, sempre che l’omissione avesse determinato concreti effetti pregiudizievoli per la difesa, come – invece – non è avvenuto nel caso in esame, visto che nell’arco di tempo (27.2.04 – 18.3.04) rilevante ai presenti fini l’imputato è stato comunque assistito dal difensore di fiducia da lui prescelto (cfr. Cass. Sez. 2^ n. 47600 dell’11.12.08, dep. 22.12.08; Cass. Sez. 4^ n. 5762 del 13.12.2007, dep. 6.2.2008; Cass. Sez. 6^ n. 24346 del 10.5.2006, dep. 13.7.2006; Cass. Sez. 2^, n. 16352 del 6.4.2006, dep. 12.5.2006; Cass. Sez. 2^ n. 1528 del 22.11.2005, dep. 16.1.2006;

Cass. Sez. 2^ n. 44221 del 17.11.2005, dep. 2.12.2005; Cass. Sez. 6^ n. 25255 del 15.11.2005, dep. 20.7.2006; Cass. Sez. 6^ n. 48265 del 12.11.2004, dep. 15.12.2004: Cass. Sez. 6^ n. 46510 del 27.10.2004, dep. 30.11.2004; Cass. Sez. 2^ n. 26309 del 14.5.2004, dep. 10.6.2004; Cass. Sez. 4^ n. 33635 del 16.3.2004, dep. 5.8.2004; Cass. Sez. 2^ n. 42800 del 16.10.2003, dep. 10.11.2003; Cass. Sez. 6^ n. 46185 del 18.9.2003, dep. 1.12.2003; Cass. Sez. 2^ n. 47669 del 17.9.2003, dep. 12.12.2003).

3- In ordine, poi, alla dedotta violazione del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 7 bis, va ribadito che, ex art. 33 c.p.p., comma 2, non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sull’assegnazione di processi a sezioni, collegi e giudici, sicchè la loro violazione non comporta nullità di sorta.

La sentenza di questa S.C. richiamata in ricorso (la n. 13445 del 30.3.05, dep. 12.4.05, Perronace), nel ribadire che, ai sensi dell’art. 33 c.p.p., non si considerano attinenti alla capacità del giudice le norme concernenti la destinazione dei magistrati agli uffici, la formazione dei collegi e l’assegnazione dei processi, chiarisce che l’unico limite a tale principio consiste in situazioni extra ordinem, vale a dire in situazioni caratterizzate dall’arbitrio nella designazione del giudice e realizzate al di fuori di ogni previsione tabellare, proprio al fine precipuo di costituire un giudice ad hoc, cosa che l’odierno ricorrente non ha nemmeno allegato chiarendo per quale ragione ci si sarebbe trovati in una situazione del genere.

4- Ancora manifestamente infondata è la pretesa di ravvisare un’ipotesi di incompatibilità ex art. 34 c.p.p. nel caso in cui nel fascicolo per il dibattimento risultino erroneamente inseriti atti delle indagini preliminari che si sarebbero, invece, dovute espungere.

A parte l’ovvio rilievo che ogni questione inerente alla formazione del fascicolo per il dibattimento va trattata ex art. 431 c.p.p., ad ogni modo, come esattamente notato dalla Corte territoriale, l’erroneo inserimento in esso di atti delle indagini preliminari non importa incompatibilità del giudice, bensì mera inutilizzabilità degli atti stessi da eccepirsi tempestivamente entro il limite fissato dall’art. 491 c.p.p., comma 2 (cfr. Cass. Sez. 4^ n. 33387 dell’8.7.08, dep. 12.8.08; Cass. Sez. 2^ n. 23608 dell’11.5.06, dep. 6.7.06).

Inoltre, le ipotesi di incompatibilità del giudice (che qui non ricorrono, sia ben chiaro) non importano mai nullità, ma semplice possibilità di ricusazione, da farsi valere esclusivamente con tempestiva istanza ex art. 37 c.p.p. (cfr., ad es., Cass. Sez. 5^ n. 40651 dell’8.11.06, dep. 12.12.06, rv. 236307, Zonch; conf. Cass. n. 30448/03, rv. 226572; Cass. n. 25652/03, rv. 226248).

Afferma il ricorrente che la stessa cit. sentenza n. 33387/08 prevede l’inutilizzabilità degli atti acquisiti contra legem, ma a parte l’ovvia considerazione che ciò si riferisce alle inutilizzabilità cd. patologiche (mentre nel caso di specie si tratterebbe di inutilizzabilità fisiologica), non si vede che attinenza abbia tale rilievo con il motivo di ricorso, riferito ad una pretesa incompatibilità del giudice ex art. 34 c.p.p. e non già ad un eventuale impiego a fini decisoli di atti delle indagini preliminari.

5- Ancora manifestamente infondata è la dedotta inosservanza degli artt. 468, 493 e 507 c.p.p..

Premesso che ex art. 177 c.p.p. le nullità sono tassative e che per costante giurisprudenza di questa S.C. l’ammissione di prove testimoniali tardivamente indicate non è causa di nullità della relativa ordinanza, posto che rientra tra i poteri del giudice assumere le prove anche d’ufficio, con la conseguenza che la prova tardivamente indicata ed espletata deve ritenersi ammessa d’ufficio (cfr. Cass. Sez. 5^ n. 15325 del 10.2.10, dep. 21.4.10; conf. Cass. n. 38161/08; Cass. n. 5636/08; Cass. 9214/05; Cass. n. 46317/04), è appena il caso di aggiungere che ove mai così non fosse stato si sarebbe verificata, al più, una mera nullità relativa da eccepirsi, ai sensi dell’art. 182 cpv. c.p.p., immediatamente dopo l’ammissione delle prove, cosa che – invece – la difesa dell’odierno ricorrente non ha fatto, essendosene doluta soltanto all’udienza successiva.

6- L’ultimo motivo di censura è per un verso precluso ex art. 606 c.p.p., u.c. in quanto non fatto valere in appello e, per altro, privo di interesse per il ricorrente laddove si duole di una recidiva che comunque il primo giudice aveva dichiarato subvalente rispetto alle concesse attenuanti dell’art. 62 bis c.p.: infine, nell’atto di impugnazione non si spiega perchè mai la pena irrogata (anni tre e mesi due di reclusione ed Euro 1.100,00 di multa) sarebbe inesatta a fronte del ritenuto delitto di riciclaggio continuato.

7- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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