T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 24-03-2011, n. 2604 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito di sopralluogo, giusta segnalazione via fax in data 21.10.2005, prot. n. 11/MF/05, nell’area esterna ad un fabbricato adibito a casa famiglia, ubicato in Roma, via Fubine n. 8, sono stati rinvenuti un manufatto in muratura di 32 mq con altezza di 2,80 m, una tettoia in legno di 30 mq, una tettoia in tegole di 20 mq, una tettoia in tegole e plastica di 12 mq, tutte alte 3 m, un locale lavanderia in muratura di 3 mq ed uno caldaia, sempre in muratura, di 3 mq, entrambi di altezza di 2 m circa.

Si fa presente che, con atto per notaio Luigi Siri di Roma 16.6.2000, rep. n. 110907, il Sig. P. aveva acquistato l’intero usufrutto ed 1/2 della nuda proprietà del fabbricato preesistente, oggetto di domanda di condono edilizio presentata in data 21.2.1995, prot. n. 20571, integrata con documentazione depositata il 27.2.1996, prot. n. 8875, nonché la corte circostante di circa 700 mq, e la Sig.ra Benitez aveva acquistato 1/2 della nuda proprietà di quanto sopra descritto.

Con atto per notaio Luigi Siri di Roma 5.7.2001, rep. n. 171140, il Sig. P. aveva donato alla Sig.ra Benitez l’intero usufrutto ed 1/2 della nuda proprietà del fabbricato e della corte circostante, acquistati nel 2000.

Successivamente il fabbricato era stato adibito a casa famiglia ed erano state realizzate le opere trovate nel sopralluogo in precedenza richiamato.

Con ordinanza 16.11.2005, n. 2369, è stata disposta l’immediata sospensione dei lavori e, con successiva determinazione dirigenziale 19.1.2006, n. 137, ne è stata ingiunta la demolizione, ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001.

Quest’ultimo provvedimento è stato impugnato con il ricorso in esame, nel quale sono stati denunciati i seguenti motivi di censura: violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 33, comma 1, del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 – violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 33, comma 2, del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 – violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 37 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380 – violazione dei principi di imparzialità e buona amministrazione sanciti dagli artt. 3 e 97 Cost. – eccesso di potere per motivazione erronea, carente e/o generica, nonché per difetto dei presupposti di legge.

I manufatti realizzati avrebbero carattere pertinenziale ed in ogni caso andrebbero distinti in due categorie: da una parte, il manufatto in muratura e, dall’altra, le tettoie ed i locali caldaia e lavanderia.

Per quanto riguarda il primo, oggetto ex post di D.I.A. ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001, sulla stessa area ci sarebbe stato un box in lamiera di dimensioni analoghe, smantellato e sostituito dal medesimo, per cui vi sarebbe stato un intervento di risanamento conservativo o, al più, di ristrutturazione edilizia. Peraltro i ricorrenti avrebbero avuto la convinzione che detto box fosse ricompreso nell’oggetto della domanda di condono ed in ogni caso la realizzazione di aree adibite a parcheggi, da destinare a pertinenza delle unità immobiliari, sarebbe obbligatoria.

Per quanto concerne le altre opere contestate, esse sarebbero soggette a mera denuncia di attività, per cui si sarebbe potuta irrogare solo la sanzione pecuniaria. Al riguardo, successivamente sono state presentate denunce di inizio attività, ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001, ed inoltre, in relazione alla tettoia in legno e plastica, parte ricorrente si è espressamente impegnata a rimuoverla.

Non sarebbe stata considerata la possibilità di comminare la sanzione pecuniaria alternativamente a quella demolitoria, così come prevede l’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001, al comma 2, essendo, a dire dei ricorrenti, ciò ammissibile nella specie, emergendo l’aspetto economicosociale, da tenere nella debita considerazione.

Infine, immotivatamente sarebbe stato concesso il termine estremamente ridotto di 30 giorni per procedere alla demolizione, rispetto a quello di 90 giorni previsto per le opere eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, che ha depositato documentazione conferente.

Con ordinanza 12.5.2006, n. 2829, è stata accolta parzialmente la domanda cautelare, proposta in via incidentale.

L’Ente comunale ha ridepositato la documentazione in precedenza già depositata ed ha prodotto una memoria defensionale in vista della udienza pubblica del 17.2.2011, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.
Motivi della decisione

1 – Con il presente ricorso si censura la determinazione dirigenziale, identificata in epigrafe, avente ad oggetto l’ordine di demolizione, ai sensi dell’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001, di una serie di opere realizzate, in assenza di titolo edilizio, nell’area esterna ad un fabbricato adibito a casa famiglia, ubicato in Roma, via Fubine n. 8, di proprietà della Sig.ra Benitez.

2 – Nel corso dell’udienza pubblica il difensore della parte ricorrente è stato avvisato, ai sensi dell’art. 73, comma 3, del D.Lgs. n. 104/2010, e di ciò è stato dato atto a verbale, che nella decisione del presente ricorso potesse essere rilevata una questione d’ufficio.

2.1 – Assolto tale onere, deve rilevarsi che sia nell’atto di ricorso sia nella D.I.A. postuma, ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001, parte ricorrente ha dichiarato di voler rimuovere la tettoia in legno e plastica. Ne deriva che, limitatamente alla parte in cui censura il provvedimento con riguardo a detta tettoia, il ricorso è inammissibile, per difetto di interesse.

3 – Quanto alle altre opere, esse, considerate nel loro insieme, vanno ad integrare una vera e propria trasformazione del territorio, essendo tutt’altro che trascurabili, e modificano, ampliandola, la volumetria fruibile da parte della proprietaria del fabbricato oggetto della domanda di condono.

3.1 – In particolare, il manufatto in muratura rappresenta un vero e proprio ampliamento, non assumendo alcuna rilevanza l’asserito preesistente box in lamiera, che, ove esistente, oltre a costituire comunque un manufatto del tutto differente rispetto a quello riscontrato, non sarebbe, comunque, assistito da alcun titolo edilizio, non potendo esso certamente ricomprendersi neppure nell’oggetto dell’istanza di sanatoria, atteso che detto oggetto emerge in modo inequivocabile nella domanda stessa e nell’atto di compravendita del 2000.

3.2 – Anche le tettoie, di notevoli dimensioni, avendo una superficie, rispettivamente, di 30 e di 20 mq ed un’altezza di 3 m, integrano una ristrutturazione cd. pesante, vale a dire con modifica dei prospetti, della sagoma, oltre che della superficie, seppure non tamponata, utilizzabile.

3.3 – Infine i due locali caldaia e lavanderia non possono essere considerati in modo avulso dal contesto nel quale sono stati costruiti; essi hanno, comunque, determinato un ampliamento del fabbricato preesistente, integrandone la superficie ed il volume.

3.4 – Le denunce di inizio attività non sarebbero in ogni caso bastevoli, essendo necessario, quale titolo edilizio legittimante, il permesso di costruire, in base all’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001, o alternativamente la denuncia di inizio attività cd. pesante, a vale a dire ai sensi dell’art. 22, comma 3, lett. a), del medesimo decreto, perciò, munita di tutta la documentazione di regola richiesta per il rilascio del permesso di costruire ed, in particolare, dell’attestazione dell’avvenuto versamento del contributo dovuto in qualità di oneri concessori.

4 – La circostanza, evidenziata in ricorso, circa l’obbligo di dotare i fabbricati residenziali di parcheggi, non fa, tuttavia, venir meno la necessità di munirsi di idoneo titolo edilizio.

Esso può essere rappresentato da mera denuncia di inizio attività unicamente qualora i parcheggi siano costruiti nel sottosuolo degli immobili ovvero nei locali siti al piano terreno degli stessi, secondo quanto stabilito dall’art. 9 della legge 24.3.1989, n. 122 e s.m.i., dovendo in tutti gli altri casi invece essere previamente acquisito il permesso di costruire.

È evidente che nella specie, il manufatto, ove adibito a parcheggio, richiederebbe, per la sua realizzazione, il permesso di costruire, non essendo stato costruito né nel sottosuolo né al piano terra dell’immobile preesistente, ma integrando un manufatto a sé stante.

5 – Deve aggiungersi che le denunce di inizio attività qui sono state presentate per tutte le opere contestate ex post, successivamente all’adozione dell’ordinanza gravata, e, per ciò stesso, non potrebbero incidere sulla sua legittimità.

6 – Non si ravvisa neppure la dedotta violazione dell’art. 33, comma 2, del citato d.P.R. n. 380/2001, atteso che detta disposizione prevede la sanzione pecuniaria, al posto di quella di regola demolitoria, quando la demolizione non sia possibile in base ad un motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale; in altre parole, la sanzione pecuniaria è possibile ed anzi doverosa, salvo che sull’area insistano vincoli paesaggistico o storico, quando la demolizione possa comportare un pregiudizio di ordine tecnico, evidentemente alla parte conforme.

Tale previsione non può invece estendersi al diverso caso, qui invocato, in cui emergano profili economici e sociali, che esulano completamente dal suo oggetto, come si desume dalla circostanza che la valutazione è rimessa all’ufficio tecnico, per la precipua competenza, appunto, sotto il rammentato aspetto tecnico.

7 – Infine la legge non impone, per l’ipotesi contemplata all’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001, qui in esame, un termine minimo da concedere ai destinatari dell’ordine di demolizione per provvedervi, stabilendo solo che esso debba essere congruo, naturalmente secondo una valutazione ragionevole, che tale appare nella specie, eseguita dall’Amministrazione comunale procedente.

Diversamente, per le ipotesi contemplate all’art. 31 dello stesso decreto, richiamate nel ricorso, viene fissato un termine di 90 giorni per il perfezionamento della fattispecie, invero molto pregiudizievole per il destinatario del provvedimento sanzionatorio, dell’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva e dell’area di sedime, per una superficie sino a 10 volte.

Ne deriva che per il caso in esame non si ravvisa alcun profilo di illegittimità, anche sotto l’aspetto esaminato in ultimo.

8 – In conclusione il ricorso è infondato e va rigettato, per la parte per la quale non è stato dichiarato inammissibile.

9 – Per quanto concerne le spese, i diritti e gli onorari, essi seguono la soccombenza, ponendosi a carico dei ricorrenti, e vanno liquidati come in dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, definitivamente pronunciando, in parte dichiara inammissibile, per carenza di interesse, ed in parte rigetta il ricorso in epigrafe.

Condanna i ricorrenti alle spese di giudizio, forfetariamente quantificate in Euro 1.500,00 (millecinquecento/00).

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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