Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-03-2011) 29-03-2011, n. 12804 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale del riesame di Napoli, con ordinanza in data 8/9/2010, confermava l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Benevento, in data 24/8/2010, con la quale veniva applicata la misura degli arresti domiciliari nei confronti di R.A.C. per i delitti di rapina aggravata in concorso e di detenzione e porto di arma da sparo.

Proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato deducendo i seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per inosservanza dell’art. 273 c.p.p. relativamente alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, risultando, tra l’altro, inverosimile la presenza dell’indagato il 21/8/2010 sul locus commissi delicti;

b) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), con riferimento all’art. 274 c.p.p., in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari relativamente al pericolo di reiterazione di reati;

c) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), per violazione degli artt. 380 e 382 c.p.p., in relazione all’art. 628 c.p., ritenendo sussistere la mancanza di flagranza del reato di rapina al fine di giustificare l’obbligatorietà dell’arresto.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

1) Va premesso che, in materia di misure cautelari personali, allorchè sia denunciato, con ricorso per Cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di legittimità spetta solo il compito di verificare se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.

Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (Cass. pen., Sez. 2A, 17/12/2004, n. 3240). Il Tribunale del riesame ha evidenziato i gravi indizi di colpevolezza desunti dalla denuncia della persona offesa, dal verbale di ricostruzione grafica del volto del rapinatore, dal verbale di individuazione fotografica, dal verbale di arresto, dal verbale di perquisizione domiciliare di sequestro e dal riconoscimento di persone effettuato dalla vittima, senza che emergesse alcun intento calunniatorio da parte della persona offesa e il cui racconto si palesa attendibile, logico, dettagliato e coerente, ritenendo il Tribunale, con motivazione coerente e logica, prive di pregio l’argomentazione difensiva relativa alla distanza temporale della denuncia, sporto dopo circa tre ore dopo la rapina, avendo dato la parte offesa ampia giustificazione del ritardo, avendo precisato di essersi recato nell’immediatezza presso la stazione dei Carabinieri di San Giorgio La Molara e di essere stato invitato a sporgere denuncia presso il comando dei Carabinieri di Benevento. Il Tribunale, ha, inoltre, attribuito piena attendibilità al riconoscimento fotografico operato da C.D. nella immediatezza della rapina nonchè al riconoscimento di alcuni degli indumenti indossati dall’indagato (una maglietta di colore nero a maniche Corte e un paio di ciabatte bianche infradito), sconfessando, con motivazione logica, l’alibi prospettato dal convenuto che si fonda sulla presunta incompatibilità temporale della sua presenza sul luogo della rapina (pag. 7-8 ord.).

Gli argomenti proposti dal ricorrente costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di Cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

2) Il Tribunale, ha desunto, inoltre, il concreto pericolo di reiterazione di reati dalla personalità dell’indagato, gravato da un precedente penale per detenzione illegale di armi e con riferimento alla gravità del fatto, commesso previa pianificazione dell’attività delittuosa, con l’ausilio di un complice e con violenza alla persona.

Sulla correttezza di tali considerazioni del Tribunale, è sufficiente richiamare il principio giuridico, più volte ribadito da questa Corte e condiviso dal Collegio, che in tema di esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione del reato può essere desunto dai criteri stabiliti dall’art. 133 c.p., tra i quali sono ricompresi le modalità e la gravità del fatto, sicchè non deve essere considerato il tipo di reato o una sua ipotetica gravità, bensì devono essere valutate – come congruamente è stato operato nel caso di specie – situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad elementi sintomatici della pericolosità dell’indagato.

(Sez. 4, Sentenza n. 34271 del 03/07/2007 Cc. -dep. 10/09/2007 – Rv.

237240).

La motivazione di cui sopra appare adeguata a spiegare la scelta degli arresti domiciliari quale misura idonea a prevenire il pericolo di reiterazione di reati; in tema di scelta e adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della motivazione del provvedimento non è necessaria un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati nonchè dalla personalità dell’indagato, gli elementi specifici che, nella singola fattispecie, fanno ragionevolmente ritenere gli arresti domiciliari come la misura più adeguata ad impedire la prosecuzione dell’attività criminosa.

E’ evidente, quindi, che le censure – molto generiche – proposte dal ricorrente, pur investendo formalmente la motivazione del provvedimento impugnato o la conformità dello stesso ai presupposti giuridici che lo giustificano, in realtà si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. Tali censure sono pertanto improponibili, perchè superano i limiti cognitivi di questa Suprema Corte, che, quale giudice di legittimità, deve far riferimento solo all’eventuale mancanza della motivazione o alla sua illogicità o contraddittorietà. (Si vedano fra le tante: C SU 12/12/1994, De Lorenzo, CEDI99391; C 6, 15/05/2003, P., GD 2003, n 45,93).

3) Anche il terzo motivo di ricorso è infondato.

Il provvedimento di convalida dell’arresto e l’ordinanza con la quale viene disposta una misura cautelare costituiscono due provvedimenti distinti, del tutto indipendenti (Sez. 3, Sentenza n. 42074 del 16/10/2008 Cc. (dep. 12/11/2008) Rv. 241498).

Contro il provvedimento di convalida dell’arresto possono dedursi esclusivamente vizi di illegittimità, con riferimento, in particolare, al titolo del reato, all’esistenza o meno della flagranza e all’osservanza dei termini, mentre i vizi inerenti alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari vanno dedotti mediante l’impugnazione dell’eventuale ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere. Ne consegue che l’eventuale nullità del primo provvedimento non determina la nullità del secondo.

Non avendo impugnato il provvedimento di convalida dell’arresto non possono essere dedotti con l’ordinanza applicativa della misura cautelare, vizi relativi al primo provvedimento, quali l’asserita mancanza di flagranza.

Peraltro, nella fattispecie, devono ritenersi, comunque, sussistenti i presupposti della quasi-flagranza, avendo avuto la Polizia giudiziaria immediata, anche se non contestuale, percezione della commissione del reato e, in forza di tale diretta percezione, ha posto in essere una tempestiva attività di localizzazione ed apprensione degli autori del reato. (Sez. 2, Sentenza n. 35458 del 06/07/2007 Cc. – dep. 24/09/2007 – Rv. 237802).

Questa Corte, con motivazione condivisa dal collegio, ha ritenuto che il requisito della sorpresa del reo con cose o tracce del reato non richiede la diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria, nè che la "sorpresa" non avvenga in maniera casuale, ma solo l’esistenza di una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso con le "cose" o le "tracce" del reato e dunque il susseguirsi, senza soluzione di continuità, della condotta del reo e dell’intervento degli operanti a seguito della percezione delle cose o delle tracce (Sez. 4, Sentenza n. 7305 del 10/11/2009 Cc. (dep. 23/02/2010) Rv.

246496.

Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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