Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-03-2011) 29-03-2011, n. 12793 Titolo esecutivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 31/03/2010, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Bari, rigettava l’istanza con la quale C. N. aveva chiesto la declaratoria di non esecutività del decreto penale di condanna emesso in data 22/10/2007 dal g.i.p. del Tribunale di Bari nonchè la restituzione in termini per proporre opposizione.

Rilevava, infatti, il g.e. che:

– la notifica del decreto penale era stata eseguita regolarmente a mezzo del servizio postale senza che il plico venisse ritirato nei termini fissati dalla legge;

– in ogni caso, quanto alla restituzione nel termine, la parte non aveva indicato l’epoca in cui era venuto a conoscenza del decreto penale, sicchè non era possibile valutare la tempestività della richiesta di restituzione nel termine ex combinato disposto degli artt. 670 e 175 c.p.p..

2. Avverso la suddetta ordinanza, il C., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 156 c.p.p., commi 1 e 4 e art. 460 c.p.p., comma 4 per non avere il giudice "preso minimamente in considerazione che il C. sebbene avesse eletto domicilio presso la sua abitazione in precedenza al momento, invece, della notifica del decreto penale di condanna a mezzo del servizio postale, si trovava ristretto in carcere, situazione questa imprevedibile, che non ha permesso di avere effettiva conoscenza del procedimento penale nei suoi confronti". La notifica, infatti, avrebbe dovuto essere eseguita ex art. 156 c.p.p., comma 4 ed il decreto penale comunque revocato ex art. 460 c.p.p., comma 4 così come modificato a seguito della sentenza 504/2000 della Corte Costituzionale.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

Come risulta testualmente dall’ordinanza impugnata, il giudice ha respinto l’istanza di restituzione in termini per due autonomi assorbenti motivi:

1. perchè la notifica era stata regolarmente eseguita, contrariamente a quanto sostenuto dall’istante;

2. perchè, a tutto concedere, l’istante non aveva indicato in quale momento era venuto a conoscenza del decreto penale al fine di verificare se l’istanza era stata proposta nel termine perentorio di trenta giorni stabilito dal combinato disposto degli artt. 670 e 175 c.p.p..

Ora, in questa sede, il ricorrente, lungi dal censurare, in modo specifico questi due (autonomi) punti della motivazione, ha dedotto una doglianza solo relativamente alla pretesa nullità della notifica.

Nulla ha obiettato relativamente all’argomento sub 2.

Tanto basta per ritenere inammissibile la doglianza in quanto, in presenza della c.d. doppia motivazione (ossia una motivazione composta da due o più argomenti di fatto e/o giuridici ognuno dei quali, essendo autonomo dagli altri, giustifica e sorregge da solo la decisione), il ricorrente, in aderenza al principio della specificità ( art. 581 c.p.p.), deve censurare la motivazione in tutti quei profili di fatto e di diritto che presentano una loro autonomia e non limitarsi a censurare solo alcuni dei motivi addotti dal giudice. Infatti, quand’anche si ritenesse la fondatezza della doglianza proposta solo relativamente ai profili della motivazione censurata, resta il fatto che l’accoglimento della censura non sarebbe idonea a travolgere i diversi profili addotti nella motivazione dal giudice a sostegno della propria decisione, i quali, corretti o sbagliati che siano, non essendo stati sottoposti ad alcuna censura, devono ritenersi passati in giudicato.

4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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