Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-03-2011) 29-03-2011, n. 12791

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 5/08/2010, la Corte di Appello di Trento rigettava l’istanza presentata in data 27/03/2009 dal T.A. per la restituzione nel termine per proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza della medesima Corte pronunciata in data 7/4/2007 e divenuta irrevocabile in data 29/10/2008. In punto di fatto, la Corte rilevava che "il T., rimasto latitante, assume di non avere avuto alcuna conoscenza del processo celebrato nei suoi confronti. In effetti gli avvisi relativi al processo espletato sono sempre stati notificati al difensore nominato d’ufficio, il quale non risulta essere stato domiciliatario dell’imputato e, di conseguenza, può essere ritenuta credibile l’affermazione dell’interessato di non avere avuto effettiva conoscenza della condanna emessa a suo carico se non successivamente, in epoca da accertare, anche se ovviamente antecedente, o al più coeva, alla data di proposizione della prima richiesta di rimessione in termini, non potendosi univocamente dedurre dal solo stato di latitanza che egli si fosse volontariamente sottratto al processo della cui esistenza era, invece, consapevole;

ciò posto, va in proposito ricordato che se è a carico della autorità procedente l’onere di dimostrare l’effettiva conoscenza della esistenza del processo o del provvedimento conclusivo da parte dell’imputato spetta a quest’ultimo provare il diverso momento, rispetto alla valida notifica al difensore d’ufficio, in cui ha appreso della esistenza del processo a suo carico al fine di consentire il controllo del rispetto del termine previsto dall’art. 175 c.p.p.". 2. Avverso la suddetta ordinanza, il T., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, deducendo i seguenti motivi:

1. Violazione dell’art. 127 c.p.p. per avere la Corte deciso de plano e non in contraddittorio: da qui la nullità dell’impugnata ordinanza;

2. Violazione dell’art. 175 c.p.p. per avere la Corte territoriale posto l’onere di provare il momento preciso della conoscenza a carico dell’istante, laddove, a seguito della modifica della suddetta norma l’onere probatorio era a carico del giudice.
Motivi della decisione

3. violazione dell’art. 127 c.p.p.: ritiene questa Corte di doversi adeguare al principio di diritto statuito dalle SS.UU. secondo il quale "nel procedimento per la restituzione in termini, sulla relativa istanza il giudice competente provvede "de plano", a meno che non sia in corso un procedimento principale con rito camerale, nel qual caso sulla predetta istanza decide nelle medesime forme. (In motivazione la Corte ha precisato che la procedura "de plano" si giustifica per la mancanza di un espresso richiamo nell’art. 175 c.p.p., comma 4, alle forme di cui all’art. 127 c.p.p.)": SS.UU. 14991/2006 Rv. 233418 -Cass. 19174/2008 Rv. 240237. 4. Violazione dell’art. 175 c.p.p.: anche la suddetta censura è infondata per le ragioni di seguito indicate.

L’art. 175 c.p.p., nel disciplinare l’istituto della restituzione in termini, individua chiaramente due momenti:

1. quello che attiene ai requisiti.

Infatti, ai sensi del combinato disposto dei commi primo e secondo, perchè il condannato possa avere diritto alla restituzione del termine per impugnare: a) non deve avere avuto conoscenza del procedimento o del provvedimento; b) non deve avere volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione.

La prova dei suddetti requisiti non è più a carico dell’imputato (come nel previgente testo), in quanto, ora, è l’autorità giudiziaria che è tenuta a compiere "ogni necessaria verifica".

La nuova disciplina ha, quindi, introdotto una vera e propria inversione dell’onere probatorio, nel senso che non spetta più all’imputato dimostrare di avere ignorato l’esistenza del procedimento o del provvedimento senza sua colpa, ma è l’autorità giudiziaria che deve provare, sulla base degli atti di causa, che l’imputato abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e che abbia volontariamente rinunciato a comparire, c) la sentenza dev’essere passata in giudicato e le notifiche devono essere state regolarmente eseguite: infatti, presupposto per l’accoglimento dell’istanza è proprio la regolarità delle notifiche, perchè, in caso contrario, il rimedio che la legge appronta per l’imputato è o l’impugnazione tardiva ovvero l’impugnazione del titolo esecutivo avanti il giudice dell’esecuzione.

2. Quello che attiene al termine di decadenza di trenta giorni per proporre l’istanza che decorre dal momento in cui l’imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. In ordine a questo secondo momento, questa Corte ha chiarito che l’art. 175 c.p.p. non è stato in nulla modificato con riguardo alla decorrenza del termine, previsto dalla legge a pena di decadenza, per chiedere la restituzione nel termine. Ne consegue che, nei casi in cui la sentenza contumaciale sia stata ritualmente notificata al difensore d’ufficio ai sensi dell’art. 165 c.p.p., e sul punto la sentenza non sia stata impugnata, è onere del richiedente provare la diversa epoca in cui ne era venuto a conoscenza onde consentire il riscontro del rispetto del termine di trenta giorni per presentare la richiesta, dovendosi in difetto ritenere verificatasi la decadenza dal termine.

Tale regola non è un puro formalismo essendo finalizzata ad evitare che le situazioni processuali possano essere prolungate in uno stato di incertezza all’infinito. Infatti, il latitante si vede riconosciuto da parte dell’ordinamento il diritto a sostenere le sue ragioni nel corso del giudizio e il diritto ad avere un giusto processo, anche mediante la restituzione in termini, ma deve almeno dare la prova del momento in cui ha avuto effettiva conoscenza del processo a suo carico e del provvedimento di condanna: Cass. 6607/2008 Rv. 239369 – Cass. 14882/2009 Rv. 246858 – Cass. Sez. 2, 11/11/2011, Paolucci. In altri termini, quand’anche non si voglia parlare di onere probatorio a carico dell’imputato, è però certo che sul medesimo grava quantomeno un onere di allegazione a fronte del quale, poi, spetta al giudice il potere di accertamento nel caso sussistano dubbi al riguardo.

Tuttavia, nel caso in esame, non è stata fornita dall’interessato alcuna comunicazione relativa alla sua conoscenza certa del provvedimento. Pertanto, non potendosi lasciare alla discrezionalità dell’imputato la scelta del momento in cui prendere cognizione del provvedimento impugnato, sulla base della propria convenienza ed anzi considerato che nell’istanza e nel ricorso è serbato, sul punto, il riserbo più assoluto, logica deduzione è quella che l’istanza sia stata proposta tardivamente.

Il ricorrente, sul punto, sostiene che "invero non risulta dagli atti che il prevenuto abbia avuto effettiva conoscenza del processo e quindi del provvedimento di condanna con riferimento al quale si chiede di essere restituiti nel termine, essendo sempre stato assistito da difensore d’ufficio, non avendo mai ricevuto alcun atto nè dichiarato o eletto domicilio ai fini di un’eventuale notificazione "legale" ex art. 161 c.p.p., comma 4" ed essendo tutte le notifiche avvenute presso lo Studio del difensore di ufficio ex art. 165 c.p.p.".

Sennonchè è chiaro l’equivoco in cui il ricorrente cade confondendo i requisiti per l’ammissibilità (che indubbiamente sussistevano) con il termine perentorio la presentazione dell’istanza.

In conclusione, l’impugnazione deve rigettarsi con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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