Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-03-2011) 29-03-2011, n. 12751

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 25/05/2010, la Corte di appello di Caltanissetta rigettava la richiesta di revisione proposta da C.M. A., Z.M. e Z.A. (quest’ultimi due nella loro qualità di eredi di Z.C.) avverso la sentenza emessa in data 14/10/1992 dal tribunale di Agrigento con la quale alla C. ed al marito Z.C. era stata applicata, ex art. 444 c.p.p., la pena di anni uno, mesi otto di reclusione e L. 600.000 di multa per il reato di estorsione.

2. Avverso la suddetta sentenza tutti e tre i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione deducendo violazione dell’art. 630 c.p.p. per non avere la Corte territoriale considerato che anche una nuova perizia, sebbene di parte, costituisce una prova nuova come tale idonea a far ritenere ammissibile la revisione.

3. Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito indicate.

In punto fatto, la Corte territoriale, dà atto che "la sentenza del Tribunale di Agrigento è pervenuta ad una sentenza di condanna sulla base di una pluralità di elementi, rappresentati dal rinvenimento delle banconote, provento di estorsione, presso la casa coniugale degli imputati, dalla mancanza di spiegazioni alternative relativamente a tale possesso di denaro contante, dal maldestro tentativo della signora C. di occultare la somma, dal rinvenimento di polvere fotosensibile, con la quale erano state cosparse le banconote sulle mani di entrambi gli imputati, da una consulenza grafica redatta dal Prof. P. che attribuiva alla C. la scrittura di una lettera di minaccia finalizzata ad estorcere a B.V. la somma di L. 100.000".

L’elemento nuovo sulla base del quale è stata chiesta la revisione del processo, è costituito da una consulenza di parte che esclude che gli scritti minacciosi allegati fossero riconducibili alla C..

Sennonchè il ricorso, nei termini in cui è stato proposto, è manifestamente infondato sotto un duplice profilo.

Innanzitutto, perchè, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte che qui va ribadita, "ai fini dell’ammissibilità della richiesta di revisione, una diversa valutazione tecnico scientifica di elementi fattuali già noti ai periti e al giudice può costituire "prova nuova" ai sensi dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c), quando risulti fondata su nuove metodologie, dal momento che la novità di queste ultime e, correlativamente, dei principi tecnico scientifici applicati, può in effetti condurre alla conoscenza non solo di valutazioni diverse, ma anche di veri e propri fatti nuovi.

Ciò, naturalmente, solo a condizione, di applicazioni tecniche accreditate e rese pienamente attendibili dal livello del sapere acquisito dalla comunità scientifica": Cass. 4837/1998 Rv. 211457 – Cass. 25810/2002 Rv. 221589.

Ora, poichè sul punto, il ricorrente nulla ha dedotto avverso l’accertamento della Corte territoriale nella parte in cui ha escluso che la consulenza di parte fosse giunta a conclusioni diverse sulla base di nuove metodologie (cfr. pag. 5 sentenza impugnata), il ricorso deve ritenersi generico ed aspecifico.

Ma, il ricorso è inammissibile anche per un ulteriore ed assorbente profilo, ed esattamente per il disposto dell’art. 631 c.p.p..

Infatti, come ha chiarito la Corte territoriale, il compendio probatorio a carico dei ricorrenti non era costituito dalla sola perizia calligrafa ma da ulteriori ed univoche prove (possesso della somma estorta – mancanza spiegazione del possesso): spettava quindi ai ricorrenti provare che l’elemento in base al quale era stato chiesto la revisione (la consulenza grafica) fosse di pregnanza tale da dimostrare, "se accertata, che il condannato dev’essere prosciolto".

La Corte territoriale ha escluso tale evenienza (cfr. pag. 5 sentenza impugnata: "va altresì rilevato, prescindendo momentaneamente dalla valutazione della perizia calligrafica …") ed i ricorrenti sul punto sono rimasti assolutamente silenti, sicchè anche sotto questo profilo il ricorso si rivela generico ed aspecifico.

4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00 ciascuno.
P.Q.M.

DICHIARA Inammissibile il ricorso e CONDANNA I ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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