Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 04-03-2011) 29-03-2011, n. 12828

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ro, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 309 cod. proc. pen. dalla richiesta di riesame dell’indagato C.G., ha confermato l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari che in data 28.5.2010 aveva applicato al ricorrente la custodia cautelare in carcere per tre delitti di concussione continuata commessi in qualità di Ispettore verificatore della Guardia di Finanza, in concorso con I. V. ufficiale della Guardia di Finanza (capo 3, fatti commessi in epoca prossima al (OMISSIS); capo 5, fatto commesso tra il (OMISSIS); capo 7, fatto commesso tra il (OMISSIS)); corruzione aggravata dal D.L. n. 152 del 1991, art. 7 in concorso con I. (capo 9, fatto commesso tra il (OMISSIS) ricevendo somme di denaro da T.A. e al fine di avvantaggiare la cosca Cordi);

tentata concussione (capo 10, fatto commesso tra il (OMISSIS)).

Respinte le eccezioni procedurali, nel merito il Tribunale ha osservato che gravi elementi a carico del ricorrente emergevano in particolare: capo 3), dalle conversazioni intercettate intercorse tra C. ed I.; dalla relazione del M.llo B. che riferiva della regalia di generi alimentari; capo 5), dalle conversazioni intercettate tra C. ed I.; dai servizi di appostamento predisposti dalla PG operante; capi 7) e 8), dalle reiterate dichiarazioni accusatorie di F.M.; dai riscontri acquisiti grazie alle intercettazioni del 4 e 10 aprile 2008; capo 9) dalle conversazioni intercettate tra C. ed I.; dai controlli effettuati sulla vettura in uso a I. V.; dall’esito della verifica; al capo 10) dalla conversazione intercettata fra C. e Ba. il (OMISSIS). Le conversazioni erano tutte assolutamente eloquenti ed autoevidenti. In relazione al capo 9) sussisteva certamente l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 perchè l’"avere edulcorato, dietro illecito compenso, una verifica fiscale su una delle imprese di T.A.", controllata dalla cosca Cordi, significava avere contribuito "in termini significativi, a favorire una impresa funzionale agli scopi e alle cointeressenze economiche della cosca" stessa.

Quanto alle esigenze cautelari, l’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7 rendeva applicabile la presunzione di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3, difettando elementi che "ictu oculi" consentissero di ritenerla superata. Il pericolo di reiterazione della condotta criminosa appariva per altro confermato dal ruolo svolto dal ricorrente e dal consolidato modus operandi messo a punto dal C. e dall’ I. nella realizzazione dei numerosi reati contestati.

2, Ha proposto ricorso l’indagato a mezzo del difensore avvocato Antonio Alvaro, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata.

2.1. Con il primo motivo denunzia:

a) violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. in ordine alla utilizzabilità delle intercettazioni autorizzate e disposte, si sostiene, in violazione dell’art. 267 c.p.p., comma 1-bis, e art. 203 c.p.p., comma 1-bis, nonchè mancanza e manifesta illogicità della motivazione dei vizi della motivazione con riguardo alla motivazione che sorreggerebbe "la valutazione delle intercettazioni e la loro apprensione";

b) nullità del Decreto 26.10.2007 del Pubblico ministero, di acquisizione del tabulato telefonico, per mancanza di provvedimento di convalida del Giudice per le indagini preliminari; violazione del D.L. n. 144 del 2005, art. 6, comma 4-bis;

c) nullità dei decreti di convalida delle intercettazione (nn. 2430/2007 RIT DDA in data 11.12.2007; 1021/2008 RIT DDA in data 22.4.2008 e 1246/2008 RIT DDA in data 21.5.2008) disposte d’urgenza dal P.m., per violazione dell’art. 267 c.p.p., comma 1-bis, e art. 203 c.p.p., comma 1-bis; inutilizzabilità derivata delle proroghe e mancanza di motivazione sul punto;

e) violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. e mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla utilizzabilità delle intercettazioni disposte nel procedimento n. 2833/2007 r.g.n.r. DDA e utilizzate nel procedimento n. 7177/2009, in violazione dell’art. 270 cod. proc. pen..

A spiegazione delle censure la difesa – richiamate le eccezioni avanzate in sede di riesame e diffusamente la nozione di sufficienza indiziaria ai fini dell’art. 267 cod. proc. pen. – afferma che – secondo quanto emergeva dalla relazione della Guardia di Finanza cui faceva riferimento il decreto di convalida 2430/07 RIT DDA in data 11 dicembre 2007 del giudice per le indagini preliminari relativo alle intercettazioni effettuate nel procedimento n. 2833/07 – "l’input" delle indagini e delle intercettazioni consisteva in una notizia confidenziale, la quale aveva anche fornito il numero dell’utenza poi risultata intestata all’indagato I.V. (il ricorso di porta brani di alcune righe degli atti indicati). L’autore della notizia confidenziale non era stato mai individuato nè interrogato;

l’intestatario dell’utenza indicata non risultava aliunde avere mai avuto alcun contatto telefonico con A.R. o con altro elemento della sua cosca; la relazione della Guardia di Finanza riportava in aggiunta soltanto il tabulato telefonico dell’utenza da intercettare con i nominativi delle persone assertivamente gravate da precedenti di polizia contattate dall’utente. Era quindi evidente che le intercettazioni erano state illegittimamente disposte soltanto in base alla fonte confidenziale. Tanto dimostrava l’illogicità e il travisamento sia della motivazione dell’ordinanza impugnata laddove aveva respinto l’eccezione difensiva richiamando gravi indizi di reato non forniti da fonte anonima ma altrimenti acquisiti.

Il vizio del primo decreto autorizzativo – che peraltro aveva trasformato in un’ipotesi di associazione mafiosa la notizia confidenziale di commissione di truffe rapine finalizzate al finanziamento di un narcotraffico – comportava la inutilizzabilità derivata, ai sensi dell’art. 185 cod. proc. pen., di tutti provvedimenti di proroga e dei provvedimenti autorizzativi successivi, ivi comprese le intercettazioni ambientali disposte il 22 aprile e il 21 maggio 2008.

Sotto altro concorrente profilo, si afferma che i risultati delle intercettazioni disposte nel procedimento n. 2833/2007 non avrebbero potuto comunque essere utilizzate nel procedimento in esame, attesa la diversità delle indagini, la mancanza di connessioni o collegamento tra i due procedimenti, l’assenza di coinvolgimento dell’ I. nei fatti oggetto delle precedenti indagini. Il PM aveva inoltre provveduto a iscrivere i nuovi indagati soltanto in data 28 aprile 2009, sicchè anche nell’ipotesi in cui risultati delle intercettazioni avessero fatto emergere un’autonoma notizia di reato, le conversazioni non erano utilizzabili nel procedimento per esso instaurato, non rientrante nelle ipotesi previste dall’art. 270 cod. proc. pen..

La motivazione del provvedimento impugnato inoltre appariva viziata da violazione di legge e da manifesta illogicità in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per la mancata valutazione degli elementi favorevoli all’indagato (sul punto il ricorrente riservava motivi nuovi, mai prodotti).

2.2. Con il secondo motivo denunzia mancanza e manifesta illogicità della motivazione nonchè inosservanza ed erronea applicazione di legge in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7.

Afferma che era stato attribuito il fatto illecito al ricorrente prescindendo dal suo atteggiamento psicologico e quasi sussistesse una responsabilità oggettiva per l’aggravante, soltanto perchè il corruttore era indagato, in altro procedimento, di partecipazione ad associazione mafiosa posta in essere agevolando, attraverso l’attività esercitata dalle imprese a lui facenti capo, la gestione o comunque il controllo da parte della cosca Cordi di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici. In realtà neppure dal punto di vista oggettivo l’ausilio ad un complice bastava automaticamente ad implicare l’aiuto all’associazione.

Per di più il corruttore era stato indagato per reati di mafia oltre un anno dopo rispetto al fatto di corruzione e colpito da ordinanza di custodia cautelare annullata dalla cassazione con ordinanza in data 30 giugno 2010 (sentenza n. 1936/2010). Sicchè, da un lato l’ipotesi che il T. fosse un sodale della cosca era meramente ipotetica, dall’altro non sussistevano elementi per ritenere che il C. avesse conoscenza del fatto che il T. era sospettato di mafia.

2.3. Con il terzo motivo denunzia vizi di motivazione e violazione di legge in relazione alla ritenuta insussistenza di circostanze escludenti le esigenze cautelari. Si era omesso di considerare, si lamenta, che le condotte di concussione e corruzione si arrestavano al luglio 2008 e da quel momento, nonostante il perdurare delle intercettazioni, non erano stati rilevati aspetti ulteriori condotte delittuose di contatti con soggetti mafiosi o sospettati tali; non si era valutato inoltre che il ricorrente era incensurato, non aveva mai subito alcun rilievo disciplinare, era stato immediatamente sospeso dal servizio dopo la cattura, per cui il pericolo di reiterazione appariva insussistente. Ne è ricorrente poteva dimostrare una definitiva rescissione di un vincolo associativo mai esistito nè contestato.
Motivi della decisione

1. – Osserva il Collegio che il primo motivo è per ogni verso infondato.

1.1. Alle censure in punto di utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche riproposte in questa sede il Tribunale ha correttamente risposto osservando che nè il Pubblico ministero il Giudice per le indagini preliminari avevano fondato la valutazione sulla esistenza di gravi indizi di reato idonei a legittimare le intercettazioni non sulla fonte confidenziale, bensì sugli esiti delle indagini svolte dalla Guardia di finanza di (OMISSIS), puntualmente richiamate, a seguito dello stimolo ricevuto costituito dalla notizia proveniente dalla fonte confidenziale.

Gli argomenti del Tribunale trovano conferma negli atti (prodotti dallo stesso ricorrente), dai quali risulta infatti che a base del primo dei provvedimenti con cui vennero effettuate le intercettazioni utilizzate a carico del ricorrente erano stati posti i dati dei tabulati telefonici che attestavano una eccezionale e di per sè indiziante continuità di contatti tra il titolare di una certa utenza, ex Comandante della Compagnia della Guardia di Finanza di (OMISSIS), e A.R., esponente dell’omonimo clan mafioso, indagato per l’esecuzione di furti e rapine al fine di reperire denaro da impiegare nel traffico illecito di stupefacenti e di armi.

1.2. Codesti tabulati risultano inoltre, e contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, acquisiti del tutto legittimamente in forza di decreto del Pubblico ministero del 26 ottobre 2007, giacchè si riferivano al traffico trattenuto dal 1 gennaio al 26 ottobre 2007, ovverosia nei precedenti 10 mesi.

In base al testo del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 132 vigente a quella data (commi 1 e 3), nel termine di ventiquattro mesi dall’effettuazione delle comunicazioni relative, i dati di traffico telefonico potevano essere acquisiti direttamente dal pubblico ministero, con un proprio decreto motivato; solo per i dati di traffico successivi ai primi 24 mesi essendo (all’epoca) richiesto un provvedimento autorizzativo del Giudice per le indagini preliminari e, quindi, la convalida dell’eventuale provvedimento d’urgenza adottato dal Pubblico ministero (cfr. su tale disciplina e sulla sua legittimità, C. cost. n. 352 del 2006). Del tutto irrilevante è, perciò, la circostanza che il decreto del Pubblico ministero facesse riferimento a una "procedura d’urgenza", perchè comunque non abbisognava di convalida.

1.3. Infondate, per conseguenza, sono le doglianze in punto di violazione dell’art. 267 cod. proc. pen. e le tesi relative alla mancanza di motivazione dei decreti autorizzativi e dei provvedimenti di convalida, essendo invece adeguatamente giustificati in modo autonomo e mediante il richiamo per relationem alla nota di polizia, i primi; risultando congruamente e adeguatamente basati su i medesimi atti e inoltre sulle conversazioni legittimamente intercettate nel frattempo, i successivi.

1.4. Quanto alla dedotta violazione dell’art. 270 cod. proc. pen., per essere state le intercettazioni asseritamente utilizzate in diverso procedimento per reati non compresi tra quelli enumerati da detta norma, le censure risultano poste per la prima volta a questa Corte e la sola documentazione idonea a renderle autosufficienti è quella prodotta in udienza dalla difesa, che ne rivela però l’infondatezza. Il provvedimento di "stralcio" prodotto, che dovrebbe svelare l’autonomia e la "diversità" del procedimento a carico degli imputati I. e C., reca difatti la data del 28.4.2009, e dimostra, al contrario, che il procedimento era unitario allorchè, nelle ambito delle indagini a carico dell’ A., vennero intercettate le conversazioni che dimostravano altresì le ipotesi corruttive oggetto di contestazione.

2. Le censure in punto di gravità indiziaria per i fatti contestati sono quindi assolutamente generiche, salvo che per la doglianza che afferisce all’aggravante del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 sviluppata nel secondo motivo, che appare invece fondata.

Il provvedimento impugnato non ha affatto considerato l’annullamento con rinvio ad opera di questa Corte del provvedimento cautelare a carico del corruttore T., mentre della sentenza di assoluzione dello stesso, prodotta per dispositivo in udienza, in relazione alle contestazioni di partecipazione o agevolazione mafiosa, il Tribunale non poteva obiettivamente tenere conto, perchè successiva alla sua decisione.

Ma anche prescindendo dall’esito delle vicende giudiziarie del T., il provvedimento impugnato è comunque viziato allorchè afferma l’esistenza dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa sul solo presupposto che l’indagato aveva accettato l’offerta corruttiva di un soggetto più tardi indagato di mafia, senza fare il benchè minimo riferimento alla evidenza, all’epoca del fatto, della sua asserita veste di gestore di una società controllata dalla mafia e senza indicare nessun altro elemento che potesse dimostrare la consapevole volontà di almeno uno degli indiziati (e correlativamente, ex art. 59 cod. pen., quantomeno la colpevole ignoranza dell’altro) di agevolare, mediante la corruzione in favore dell’imprenditore, la stessa consorteria mafiosa.

La totale assenza di base probatoria in relazione ai profili soggettivi della condotta comporta l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato limitatamente all’aggravante del D.L. n. 152 del 1991, art. 7. 3. Consegue la fondatezza del terzo motivo di ricorso. L’esclusione dell’aggravante su cui veniva fondata la valutazione presuntiva di pericolosità sociale ai sensi dell’art. 275 c.p.p., comma 3, rende difatti priva di giustificazione adeguata la motivazione in punto di esigenze cautelari.

Tolto il riferimento ai criteri presuntivi, quello che resta della motivazione in punto di esigenze cautelari è costituito da un rapido accenno al numero e alla reiterazione dei reati oggetto di contestazione, indistintamente riferito alle figure dei due indagati, assolutamente privo di considerazione della posizione e del ruolo effettivamente rivestito dal C. in relazione ai fatti a lui segnatamente contestati e viziato, soprattutto, dalla completa mancanza di valutazione del tempo trascorso, del comportamento nel frattempo tenuto, della reale possibilità di commissione di reati dello stesso tipo in costanza di allontanamento dal servizio.

Sul punto l’ordinanza impugnata non può pertanto che essere annullata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, perchè proceda a nuovo esame.

4. Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1 ter.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata senza rinvio limitatamente all’aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7; annulla altresì l’ordinanza impugnata limitatamente alle esigenze cautelari con rinvio al Tribunale di raggio Calabria per nuovo esame sul punto.

Rigetta nel resto il ricorso.

Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. cod. proc. pen., comma 1-ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *