Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-03-2011) 29-03-2011, n. 12822 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 22 marzo 2010 il Magistrato di sorveglianza di Firenze rigettava l’istanza di remissione del debito avanzata da S.U. in relazione alle sentenze n. 1087/07 e 1088/07 della Corte d’appello di Messina, ritenendo insussistente il presupposti della regolare condotta che deve concorrere con quello delle disagiate condizioni economiche.

2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione personalmente S., il quale lamenta violazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 6 in relazione all’omessa concessione del beneficio richiesto.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 6 (testo unico in materia di spese di giustizia), che ha abrogato l’art. 56 dell’ordinamento penitenziario, i presupposti per la remissione del debito sono costituiti dalle disagiate economiche e dalla regolare condotta tenuta dal soggetto.

La norma distingue tra l’ipotesi in cui il condannato non sia mai stato detenuto o internato e quella in cui sia stato, invece, detenuto o internato, stabilendo che, nel primo caso, si deve avere riguardo alla condotta tenuta in libertà e, nel secondo, a quella tenuta in istituto, sempre valutata secondo i parametri di cui all’art. 30 ter dell’ordinamento penitenziario.

Questa Corte, coerentemente con tale impostazione, ha affermato che, nel caso di soggetto che sia stato ristretto in carcere, la condotta regolare va verificata con esclusivo riguardo alla condotta tenuta in istituto, valutata secondo i parametri di cui all’art. 30 ter dell’ordinamento penitenziario, non potendo essere considerata ostativa al beneficio la sola commissione, fuori dello stato detentivo, di ulteriori reati (Cass., Sez. 1, 10 luglio 2003, n. 29193, rv. 224899; Cass., Sez. 1, 16 maggio 2000, n. 00779, rv.

216079; Cass., Sez. 1, 8 gennaio 2003, n. 00204, rv. 222809).

2. Nel caso in esame, a fronte di censure formulate in maniera assolutamente aspecifica da S., il Magistrato di sorveglianza di Firenze ha correttamente evidenziato, ai fini del diniego del beneficio invocato, l’assenza di regolarità della condotta e l’esiguo ammontare delle somme da versare con implicito riferimento alle capacità reddituali dell’istante.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro cinquecento, ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro cinquecento in favore della cassa della ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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