T.A.R. Lazio Roma Sez. III ter, Sent., 24-03-2011, n. 2603

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in epigrafe la società T.I. S.p.a., titolare in virtù di subentro alla società IRITEL della concessione per la posa e mantenimento dei cavi telefonici sottomarini e relative infrastrutture, impugna della rideterminazione operata dalla Capitaneria di Porto di Salerno del relativo canone per il periodo 1/1/199331/12/1997, a seguito della cessazione dell’istituto della consegna a titolo gratuito di superfici del demanio marittimo, lamentando l’illegittimità della richiesta, di cui a cinque ordini di introito, di importi maggiorati del tasso di interesse legale vigente in relazione a ciascun periodo di riferimento.

Deduce, pertanto, la violazione degli artt. 3 e 4 del d.lgs. 5 ottobre 1993, n. 400; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà intrinseca, irragionevolezza e chiede l’annullamento degli impugnati provvedimenti, nonché l’accertamento del diritto a corrispondere i canoni di cui sopra senza le maggiorazioni derivanti da indebita applicazione degli interessi di mora.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura generale dello Stato in difesa delle intimate Amministrazioni marittime, eccependo, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, e chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.

La società ricorrente, in vista della trattazione della causa nel merito, ha depositato memoria conclusionale con cui ha insistito per l’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011 le parti hanno ribadito le rispettive domande e conclusioni ed il Collegio ha trattenuto la causa a sentenza.
Motivi della decisione

Con il ricorso in esame la società T.I. S.p.a. lamenta l’illegittimità delle richieste di pagamento, a mezzo degli impugnati provvedimenti, dei canoni per il periodo ivi indicato per il rilascio di concessione demaniale marittima relativa al mantenimento dei collegamenti telefonici per il tratto di mare NapoliSalernoScalea, nonché per le opere a terra posizionate sotto l’arenile di Lungomare Marconi di Salerno.

Lamenta la società ricorrente l’illegittimità della pretesa fatta valere dalla Capitaneria di Porto di Salerno in merito alla maggiorazione delle somme dovute a titolo di interessi di mora.

Il Collegio ritiene che debba essere esaminata con priorità l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Avvocatura Generale dello Stato sotto il profilo de difetto di giurisdizione.

L’eccezione è fondata e merita accoglimento.

La parte ricorrente non contesta, invero, il potere esercitato dall’Autorità marittima relativamente alla richiesta dei canoni arretrati al fine della regolarizzazione, ex post, del rapporto in essere, che da consegna in uso gratuita di beni del demanio marittimo, si è trasformata in concessione a titolo oneroso, ma asserisce l’insussistenza della debenza sull’importo dovuto a titolo di canone annuo concessorio anche delle maggiori somme per interessi di mora.

Osserva il Collegio che è inconferente alla fattispecie in esame la giurisprudenza della Corte di Cassazione richiamata da parte ricorrente, secondo cui è attratta alla giurisdizione del giudice amministrativo ogni controversia concernente la rideterminazione del canone di occupazione di beni del demanio marittimo da parte dell’Autorità portuale, a seguito di una differente interpretazione e di una mutata classificazione della tipologia di occupazione, presupponendo un provvedimento amministrativo con cui l’Autorità incide sull’economia dell’intero rapporto concessorio, attraverso l’esercizio di poteri autoritativi. (Cfr. Cassazione civile, sez. un., 01 luglio 2010, n. 15644)

Premessa la piena condivisibilità di tale impostazione, non può non evidenziarsi che, nella causa che ne occupa, non viene in contestazione l’uso del potere discrezionale posto a base della richiesta del canone demaniale, ma si controverte del quantum debeatur, non essendosi limitata la Capitaneria di Porto a calcolare sulle somme dovute la rivalutazione annuale di cui all’art. 4, legge n. 400/1993, avendole, invece, maggiorate con gli interessi a titolo di ritardato pagamento.

Con la controversia in esame, in sostanza, la società ricorrente contesta l’erronea applicazione da parte dell’Amministrazione concedente dei parametri di legge fissati per la quantificazione del canone demaniale, facendo di conseguenza valere il suo diritto soggettivo a non essere assoggettata al pagamento di una somma di denaro maggiore di quella fissata direttamente da norme di legge

Oggetto di controversia è, dunque, l’entità dei canoni dovuti a seguito della rideterminazione degli stessi, incontestata la mutata classificazione delle tipologia di occupazione, e, dunque, il presupposto provvedimento amministrativo, cui, in modo speculare, si affianca la richiesta di parte ricorrente di accertamento del diritto a corrispondere i canoni demaniali scremati degli interessi di mora.

Alla stregua di quanto sopra rilevato, ritiene il Collegio che non sussiste la giurisdizione del G.A. in merito alla quantificazione del canone afferente al rapporto concessorio in essere, in quanto l’applicazione degli interessi di mora non vale ad incidere sulla natura del rapporto, ma rileva esclusivamente sull’importo in concreto del canone, restando dunque una questione di carattere meramente patrimoniale.

Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, in quanto riservato alla cognizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo può essere proseguito con le modalità ed i termini di cui all’art. 11 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (recante il codice del processo amministrativo).

Sussistono, peraltro, giusti motivi per compensare le spese del giudizio, attesa anche la vetustà della causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito e dichiara la giurisdizione della giudice ordinario, davanti alla quale il processo può essere proseguito con le modalità e i termini di cui all’art. 11 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (recante il codice del processo amministrativo).

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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