Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 25-02-2011) 29-03-2011, n. 12812 Stupefacenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 26 giugno 2009 la Corte d’appello di Palermo riformava limitatamente alla pena – che veniva ridotta da undici anni di reclusione a nove anni e quattro mesi di reclusione – la sentenza emessa il 29 settembre 2008, all’esito di giudizio abbreviato, dal gip del locale Tribunale che aveva dichiarato S.G. colpevole dei delitti previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73.

Confermava nel resto la decisione di primo grado, anche con riferimento all’irrogazione delle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, dell’interdizione legale durante l’espiazione della pena, al divieto di espatrio, al ritiro della patente di guida per tre anni e all’applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di tre anni a pena espiata.

2. Entrambi i giudici di merito fondavano l’affermazione di penale responsabilità sul contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali, evidenzianti l’operatività di un articolato sodalizio dedito a traffici di sostanze stupefacenti, all’interno del quale S., che rivestiva un ruolo primario, elaborava, insieme con gli altri vertici dell’organizzazione, tra cui P.D., P. T., S.V. (separatamente giudicati), le strategie per l’acquisto e la vendita della droga, stabiliva i tempi e i modi dell’approvvigionamento in Germania, organizzava le trasferte per l’acquisto delle partite di stupefacenti destinate all’immissione sul mercato, controllava le modalità dello smercio e i prezzi di cessione a terzi.

Le sentenze di merito sottolineavano che il contenuto delle conversazioni trovava obiettivi elementi di riscontro nei servizi di osservazione, pedinamento, controllo, svolti dalla polizia giudiziaria in costanza delle attività di intercettazione, nei sequestri di droga operati, tra cui il rinvenimento di 247 grammi di cocaina e di marijuana in disponibilità dell’imputato, all’atto del suo arresto, avvenuto il (OMISSIS), nonchè nelle stesse dichiarazioni confessorie rese da S. in ordine ai delitti previsti dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, contestati rispettivamente ai capi b) e c).

3. Avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l’imputato, il quale lamenta: a) contraddittorietà e illogicità della sentenza impugnata con riferimento alla ritenuta sussistenza dell’associazione prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, di qualsiasi specificazione in ordine ai partecipi della stessa, alla struttura organizzativa, al concreto contributo causalmente rilevante fornito dagli associati, al ruolo rivestito da ciascuno dei sodali; b) manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta qualifica di organizzatore di S. che non trova alcun concreto elemento di conforto nel contenuto delle intercettazioni; c) violazione dell’art. 81 cpv. c.p. con riguardo all’omesso riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati oggetto del presente processo e quelli, scaturiti dall’arresto in flagranza dell’imputato, per i quali S. è stato condannato con sentenza passata in giudicato.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato.

1. Relativamente alla prima censura, il Collegio osserva che la valutazione delle risultanze probatorie e l’interpretazione delle stesse sono state compiute dalla Corte distrettuale seguendo un filo logico pienamente congruente, ditalchè le conclusioni, essendo anche esenti da vizi giuridici, resistono al sindacato di legittimità.

La Corte territoriale ha organicamente analizzato le risultanze probatorie, costituite dal contenuto delle intercettazioni ritualmente autorizzate, dall’esito delle attività di osservazione, controllo, arresto, perquisizione e sequestro di quantitativi di stupefacenti, dalle stesse parziali ammissioni dell’imputato, inserendole in un coordinato quadro interpretativo saldamente articolato su coerenti passaggi argomentativi, che, per la loro congruenza e per l’assenza di aporie o fratture, risultano del tutto rispondenti ai canoni della logica, sicchè deve senz’altro riconoscersi che il convincimento che ha condotto alla dichiarazione di responsabilità di S.G. resta incensurabile nel giudizio di legittimità.

Alla stregua dei dati probatori dianzi indicati, la Corte di merito ha esattamente ritenuto l’imputato colpevole del reato associativo, di cui sono stati individuati tutti gli elementi costitutivi.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, a base della figura dell’associazione finalizzata a traffici di sostanze stupefacenti (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 74) è identificabile un accordo destinato a costituire una struttura permanente in cui i singoli associati divengono – ciascuno nell’ambito dei compiti assunti o affidati – parti di un tutto finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, preordinati alla cessione o al traffico di droga. Per la configurazione del reato associativo non è necessaria la presenza di una complessa ed articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l’esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, anche semplici ed elementari, per il perseguimento del fine comune, in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, col contributo dei singoli associati (Sez. 1, 22 dicembre 1997, n. 5083; Sez. 6, 12 maggio 1995, n. 9320;

Sez. 1, 31 maggio 1995, n. 742; Sez. 6, 9 gennaio 1995, n. 2772).

Nella giurisprudenza di legittimità è stato altresì precisato che il dolo è dato dalla coscienza e volontà di partecipare attivamente alla realizzazione del programma delinquenziale in modo stabile e permanente (Cass., Sez. 6, 23 gennaio 1997, n. 5970, riv. 208306) e che il vincolo associativo può poggiare anche sul rapporto che accomuna, in maniera durevole, il fornitore di droga e gli spacciatori che la ricevono per immetterla nel consumo al minuto, sempre che vi sia la consapevolezza di operare nell’ambito di un unica associazione e di contribuire con i ripetuti apporti alla realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (Sez. 1, 10 giugno 1996, n. 7758; Sez. 1, 21 ottobre 1999, n. 14578; Sez. 1, 23 dicembre 1999, n. 14578; Sez. 5, 11 agosto 1999, n. 10076; Sez. 5, 17 settembre 2001, n. 33717).

Ciò posto, sono prive di pregio le censure mosse dal ricorrente contro il punto della sentenza impugnata in cui è stata affermata la sua responsabilità per la partecipazione, con ruolo di organizzatore, all’associazione finalizzata al traffico di droga, dato che, con motivazione adeguata sul piano logico e immune da vizi giuridici, la Corte distrettuale ha correttamente valutato la posizione di S., ponendo in luce la sussistenza delle condizioni obiettive e soggettive per l’addebitabilità del delitto associativo.

Occorre premettere che, nella verifica della consistenza dei rilievi critici mossi dal ricorrente alla sentenza della Corte di secondo grado, tale decisione non può essere valutata isolatamente, ma deve essere esaminata in stretta ed essenziale correlazione con la sentenza di primo grado, sviluppandosi entrambe secondo linee logiche e giuridiche pienamente concordanti, sicchè – sulla base di un consolidato indirizzo della giurisprudenza di questa Corte – deve ritenersi che la motivazione della prima si saldi con quella della seconda fino a formare un solo complessivo corpo argomentativo e un tutto unico e inscindibile (cfr. Sez. Un., 4 febbraio 1992, Ballati).

Le argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado (esplicitamente richiamate dalla decisione di secondo grado) per giustificare la pronuncia di colpevolezza per il delitto associativo devono considerarsi senz’altro ineccepibili, sul piano logico e giuridico, essendo stato puntualmente osservato che l’imputato, assicurando in modo costante l’approvvigionamento di partite di stupefacente, grazie ai contatti con fornitori stranieri, e curando l’organizzazione della rete di mercato ai fini dell’effettiva immissione della droga sul mercato con l’ausilio di altre persone, dava un consapevole e volontario contributo all’operatività del sodalizio e allo sviluppo dell’intera organizzazione in vista del conseguimento degli obiettivi dalla stessa perseguiti. Pertanto, essendo sorretto da coerenti linee logiche e dalla corretta applicazione di principi giuridici, il convincimento dei giudici di merito resiste al sindacato logico della motivazione demandato a questa Corte di legittimità. 2. Non fondato è anche il secondo motivo di ricorso.

All’interno di un sodalizio dedito a traffici di sostanze stupefacenti, l’organizzatore è colui che svolge un compito che non è limitato all’avvio dell’impresa criminosa, ma comprende anche l’assistenza per tutto l’arco cronologico di durata della stessa (Sez. 6, 30 ottobre 1989, n. 2163).

La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio, laddove, con motivazione compiuta ed esente da vizi logici e giuridici fondata sulla puntuale analisi del contenuto delle intercettazioni e delle risultanze delle indagini svolte, ha sottolineato il ruolo di vertice rivestito da S., soggetto non solo dedito al settore degli approvvigionamenti, ma destinato a verificare sia preventivamente che successivamente l’opera degli altri associati nella vendita al minuto delle partite di droga importate dall’estero e nella riscossione dei relativi profitti illeciti.

3. Priva di pregio, infine, è anche l’ultima censura, considerato che la stessa non ha formato oggetto, in sede di redazione dei motivi d’appello avverso la decisione di primo grado, di specifici rilievi argomentativi sui profili sottoposti per la prima volta all’attenzione di questa Corte e che, in ogni caso, in sede esecutiva, S. potrà avvalersi, in presenza dei relativi presupposti, dello strumento disciplinato dall’art. 671 c.p.p..

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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