Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-02-2011) 29-03-2011, n. 12733 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.F. ricorre avverso l’ordinanza di cui in epigrafe che ha rigettato la richiesta di riesame presentata nei confronti dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere applicatagli dal Gip per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commesso in concorso con altri.

Si assumeva che il M. fosse coinvolto in un’operazione di importazione illecita di sostanza stupefacente del tipo eroina, avendo svolto il ruolo di corriere della droga, desumendolo non solo dal contenuto delle intercettazioni, ma anche dall’attività di indagine svolta dalla p.g. (controllo eseguito a suo carico dalla p.g. e riscontro circa l’utilizzo dell’utenza intercettata). Le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio, tese ad accreditare la non consapevolezza del ruolo svolto, non si spiegavano alla luce delle emergenze investigative e del contenuto obiettivo delle conversazioni.

La misura carceraria, imposta per il rischio di recidiva (desunto dal ruolo di corriere e dalla gravità dei fatti), era ritenuta l’unica idonea.

Con il ricorso si contesta sia il compendio indiziario, sia l’applicazione della misura (esigenze cautelari e adeguatezza).

Si lamenta la mancata partecipazione dell’indagato all’udienza camerale davanti al tribunale, sostenendo che questi ne avesse fatta richiesta.

Si lamenta, ancora, che sarebbe stato depositato solo il verbale riassuntivo dell’interrogatorio di garanzia, mentre vi sarebbero stati elementi a favore desumibili dall’interrogatorio laddove questo fosse stato integralmente trascritto.

Si censura il mancato deposito dei brogliacci delle intercettazioni e comunque il deposito solo parziale delle intercettazioni, assumendosi che dalle altre sarebbero emersi elementi a favore della tesi difensiva della non consapevolezza del ruolo di corriere del prevenuto.

Il ricorso è infondato.

Sotto il primo profilo, va ricordato che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza oppure inattualità ed assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito (cfr. Sezione 6, 20 ottobre 2010, Quatrosi, non massimata sul punto).

Qui non può certo procedersi alla rinnovata valutazione degli elementi indiziari valorizzati dal giudice e solo contestati nel merito dal ricorrente. Del resto, con riferimento al compendio intercettivo, qui non è possibile procedere ad una rilettura delle intercettazioni e del senso che il giudice del merito vi ha dato, in presenza di una spiegazione che non risulta affatto irragionevole ed illogica, anche perchè, va detto, non contrastata da nessuno degli altri elementi fattuali esaminati nella stessa ordinanza impugnata ovvero riportati nel ricorso. Ciò perchè, come è noto, in tema di intercettazioni, il significato attribuito al linguaggio eventualmente criptico utilizzato dagli interlocutori, e la stessa natura convenzionale conferita ad esso, costituiscono valutazioni di merito insindacabili in cassazione; mentre la censura di diritto può riguardare soltanto la logica della chiave interpretativa, nel senso che le valutazioni effettuate dal giudice di merito sul contenuto delle comunicazioni intercettate sono censurabili in sede di legittimità se ed in quanto si fondino su criteri interpretativi inaccettabili ovvero quando applichino scorrettamente tali criteri (Sezione 4, 11 marzo 2009. Biliardi, non massimata).

Satisfattiva è la spiegazione del rischio di recidiva, avendo il giudice apprezzato a tal fine sia la gravità del fatto che la pericolosità soggettiva secondo il disposto dell’art. 274 c.p.p., lett. c).

Analogamente il Tribunale ha rispettato il principio di adeguatezza vigente in materia cautelare, in forza del quale, in tema di scelta ed adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della motivazione del provvedimento di custodia in carcere non è necessaria un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico- giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati nonchè dalla personalità dell’indagato, gli elementi specifici che, nella singola fattispecie, fanno ragionevolmente ritenere la custodia in carcere come la misura più adeguata ad impedire la prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo in tal modo superata ed assorbita l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle subordinate misure cautelari (Sezione 2, 12 luglio 2007, Campanile, non massimata).

Qui l’apprezzamento è stato effettuato non illogicamente sottolineando le medesime circostanze attestati la gravità del rischio di recidiva.

Generica è la doglianza sulla partecipazione dell’indagato all’udienza camerale, non essendo stato assolto l’onere documentativo dell’asserita richiesta di essere sentito personalmente secondo il disposto dell’art. 127 c.p.p., commi 3 e 4. Nè risulta che la questione sia stata posta davanti al Tribunale all’udienza camerale.

Non può trovare accoglimento neppure la doglianza incentrata sulla trasmissione al Tribunale della sola verbalizzazione riassuntiva dell’interrogatorio, siccome genericamente formulata. Infatti, l’omessa trasmissione al Tribunale del riesame di un atto richiamato nel provvedimento che ha disposto la misura coercitiva non ne comporta l’inefficacia, se non è specificamente indicato quali dati sostanziali decisivi siano stati sottratti, per causa dell’omesso invio, al controllo del Tribunale del riesame, e se, per mezzo della "prova di resistenza", si ha modo di apprezzare l’irrilevanza, ai fini della correttezza e della legittimità della decisione cautelare, degli elementi non trasmessi (Sezione 4, 26 gennaio 2010, Palma ed altro, non massimata). Qui il ricorrente non espone in alcun modo, nel proporre la questione, gli specifici elementi a favore che avrebbero dovuto portare a soluzione diversa.

Quanto al motivo sulle intercettazioni, va ricordato che, ai fini cautelari, è da escludere la necessità del deposito dei risultati delle registrazioni, essendo sufficiente la produzione dei cosiddetti brogliacci o anche solo la descrizione del contenuto delle telefonate in atti di polizia giudiziaria, che, quindi, ben possono essere utilizzati per le motivazioni del provvedimento restrittivo e di quello del riesame. Mentre ciò che importa è la soddisfazione del diritto della parte ad avere la copia dei files audio relativi a dette conversazioni (cfr. Sezioni unite, 22 aprile 2010, Lasala, rv.

246906). Qui risulta proprio dal ricorso che la difesa ha potuto apprezzare il contenuto delle intercettazioni, articolando, peraltro, la doglianza circa la pretesa mancata allegazione di elementi a favore in modo apodittico e generico, e, comunque, in termini tali da impedire in questa sede l’apprezzamento dell’eventuale manifesta illogicità della tenuta della decisione.

Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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