T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 24-03-2011, n. 775

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente ricorso l’istante ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con il quale il comune intimato ha indetto una procedura concorsuale per l’affitto di alcuni alpeggi, ai sensi dell’art. 23 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, concedendo, successivamente, quello dell’Alpe Vago al controinteressato, individuato dall’amministrazione quale unico coltivatore diretto che aveva presentato offerta ai sensi dell’art. 22 della stessa legge, mediante trattativa privata. L’unica altra offerta, infatti, presentata dal Sig. G.S., seppur maggiormente vantaggiosa per l’amministrazione, non era stata ritenuta valida per la mancata produzione di documentazione attestante la qualifica di coltivatore diretto dell’offerente.

A sostegno del proprio ricorso, con un unico, articolato, motivo di diritto, l’interessato ha dedotto la violazione dell’art. 6 del d.lgs. n. 228 del 2001, dell’art. 22 della legge n. 11 del 1971 e successive modifiche, nonché dell’art. 4 bis della legge n. 203 del 1982.

Si è costituito il comune intimato, che ha eccepito in via preliminare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, chiedendo che lo stesso sia respinto per infondatezza nel merito.

E’ intervenuto ad opponendum il Sig. G.S., aderendo alle richieste del comune resistente.

Con ordinanza n. 1233/2009 del 28 ottobre 2009 è stata respinta l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.

Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2011 il gravame è stato, quindi, trattenuto per la decisione.

Il ricorrente, precedente affittuario dell’alpeggio in questione, lamenta, essenzialmente, che l’amministrazione comunale non avrebbe rispettato il diritto di prelazione di cui era titolare, omettendo di concedergli l’affitto dell’alpeggio al prezzo della base d’asta.

Deve precisarsi in fatto che, prima di procedere all’assegnazione dell’alpeggio al Sig. C., il comune aveva interpellato l’odierno ricorrente sull’eventuale sua intenzione di esercitare il diritto di prelazione per l’affitto alle stesse condizioni offerte dal C., senza ricevere alcuna risposta.

Successivamente all’assegnazione, la sezione prima di questo Tribunale ha accolto in un primo tempo l’istanza cautelare (ord. n. 1152/2009 del 7 ottobre 2009) e poi il ricorso (sentenza n. 727 del 24 marzo 2010) presentati dal Sig. Silvestri avverso l’esclusione della sua offerta dalla procedura per la concessione dell’alpeggio, annullando sia il verbale delle operazioni concorsuali del 21 luglio 2009 che il provvedimento di assegnazione dell’alpeggio al C.; il comune si è, dunque, rideterminato, assegnando l’affitto dell’alpeggio al Silvestri con contratto stipulato il 31 maggio 2010.

Ne, risulta, pertanto, l’improcedibilità dell’odierno gravame con riferimento ai provvedimenti succitati, già annullati dalla sezione prima di questo Tribunale.

Riguardo, invece, alla delibera di indizione della procedura, il ricorso risulta infondato.

Dall’esame della normativa addotta dall’istante a motivo dell’illegittimità dell’operato dell’amministrazione non si evince alcuna disposizione che autorizzi ad accedere alla tesi del ricorrente, secondo il cui assunto l’amministrazione non avrebbe potuto prevedere un prezzo a base d’asta soggetto a rialzo degli offerenti, essendo obbligata a concedere l’affitto dell’alpeggio al canone annuo di base indicato, pari ad euro 7.396,00, da sottoporre, comunque, all’opzione del precedente affittuario.

Dalla documentazione versata in atti risulta, infatti, che il precedente contratto di affitto con il ricorrente era scaduto a seguito di regolare disdetta, per cui, essendosi l’amministrazione rideterminata nel senso di concedere nuovamente in affitto l’immobile, non era affatto vincolata al precedente canone. L’unico obbligo che incombeva in capo al comune intimato era quello di interpellare il ricorrente, nella sua qualità di titolare del diritto di prelazione, ai sensi dell’art. 4bis della legge n. 203/82, alle stesse condizioni dell’offerta pervenuta, interpello regolarmente effettuato mediante nota del 27 luglio 2009, versata in atti, al quale l’interessato non ha fornito risposta.

Ne risulta la piena resistenza della delibera impugnata alle censure avversarie.

Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va in parte dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse e, per il resto, va respinto.

Sussistono giusti motivi, in considerazione delle peculiarità della fattispecie, per compensare integralmente fra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile e, per il resto, lo respinge, come in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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