Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-02-2011) 29-03-2011, n. 12787 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Taranto, con ordinanza del 26.10.2010, applicava la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di:

S.C.:

perchè indagato, unitamente a M.V. per i reati:

– di rapina impropria di un’autovettura Fiat Uno ai danni di R. G.;

– di furto aggravato di una Fiat 500 in danno di R.C.;

– di tentata rapina aggravata in danno di D.A.C. cui tentavano di sottrarre con violenza e minaccia una autovettura Daewoo;

– di porto abusivo di un fucile;

– di incendio dell’autovettura Fiat 500;

fatti del (OMISSIS);

L’indagato proponeva impugnazione ma il Tribunale per il riesame di Tarante, con ordinanza del 20.07.2010, respingeva il reclamo confermando il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione del Tribunale della libertà, ricorre l’indagato S.C., deducendo:

MOTIVI ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e).

1)-Con il primo motivo, il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione di legge giacchè la documentazione prodotta dai carabinieri riguardo al prelievo delle impronte papillari a lui attribuite sarebbe priva "di ogni riferimento che possa rendere edotta la difesa circa l’iter utilizzato dai militari accertanti per rilevare le impronte medesime";

-a parere del ricorrente tale carenza si risolverebbe in una lesione del diritto di difesa;

2)- l’ordinanza viene censurata per illogicità della motivazione, nella parte in cui non considera:

– che la felpa di colore chiaro che sarebbe stata utilizzata nei tentativi di rapina non è stata rinvenuta nè sequestrata nel corso delle perquisizioni operate a carico dell’indagato;

-che R.G. ha riconosciuto solo il coimputato M. V. e non anche il ricorrente S.C.;

– che l’allontanamento dell’indagato dalla sua abitazione dopo il fatto sarebbe elemento neutro;

CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono totalmente infondati.

Le doglianze mosse dal ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

In proposito va ricordato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Cassaz. Pen., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Il Tribunale ha congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto raggiunti i gravi indizi di colpevolezza, ricavati:

– dalla circostanza che l’indagato veniva trovato in compagnia del coimputato M. con indosso una felpa di colore chiaro, come quella descritta dalle parti offese;

che in casa del M., ove veniva trovato anche il S., veniva scoperta una maschera carnevalesca simile a quella descritta dalle parti offese;

– che sull’autovettura incendiata, corrispondente a quella descritta dalle parti offese, venivano trovate le impronte papillari riconducibili all’indagato S.C.;

Il Tribunale compie così una valutazione di puro fatto, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi, che appare congruamente motivata, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti, assolutamente sufficiente in questa fase cautelare, ove la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate da detto giudice. (Cass. pen. Sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Del pari infondata è la deduzione riguardo alle impronte papillari, che non sarebbero utilizzabili per mancata indicazione del procedimento di rilevazione, atteso che si tratta di un motivo del tutto generico e che non tiene conto dei verbali allegati in atti dalla PG relativamente al prelievo e comparazione delle impronte;

dagli atti emerge che, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, il prelievo delle impronte papillari è ben documentato attraverso il "verbale di accertamenti urgenti" redatto in data 13.05.2010 dal maresciallo S.F. e brigadiere M.G. che danno conto di avere operato mediante l’uso di "polvere dattiloscopica a scaglie grigia".

Nè può ritenersi insufficiente la motivazione impugnata atteso che, nel caso di denuncia di vizi di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza per l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, in considerazione della giurisdizione di legittimità esercitata, la Corte di Cassazione deve procedere con il metodo di valutazione previsto per la mancanza di motivazione, ovvero per la motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) (Cassazione penale, sez. 1, 14/01/2010, n. 9097).

Tali principi inducono a ritenere inammissibili anche i motivi relativi alla ricorrenza delle esigenze cautelari, atteso che sul punto il Tribunale ha evidenziato il concreto rischio di recidiva, tratto dalla elevata inclinazione delinquere, per come dimostrata dalla rapina consumata ai danni di D.A.C. e P.C. contro i quali sono stati sparati colpi di arma da fuoco e danneggiati i vetri dell’auto con dei bastoni, inclinazione delinquere riscontrata dai precedenti penali riportati;

Il Tribunale ha compiuto così una valutazione di puro fatto, in ordine al pericolo di recidiva, che appare congruamente motivato, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti.

Consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille, alla Cassa delle Ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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