Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-02-2011) 29-03-2011, n. 12784 Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Catania, con ordinanza del 26.04.2010, applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di: S.F.;

perchè indagato per il reato, ex art. 416 bis c.p., di partecipazione esterna ad associazione per delinquere di stampo mafioso, operante nella provincia di (OMISSIS) nella gestione delle pompe funebri, condotta con metodi mafiosi da D.N., personaggio che l’accusa definisce di notevole caratura criminale, al quale lo S.F. aderiva, nella qualità di addetto all’obitorio presso l’Ospedale (OMISSIS), condividendo i metodi mafiosi di controllo del territorio; nonchè indagato anche per il reato-satellite di: porto illegale di fucile a canne mozze;

L’indagato proponeva impugnazione ma il Tribunale per il riesame di Catania, con ordinanza del 17.05.2010, respingeva il reclamo confermando il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione, ricorre per Cassazione il difensore di S.F., deducendo:

MOTIVI:

ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

1)- Con il primo motivo, il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione di legge, lamentando che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto la prova dell’adesione dell’indagato – quale concorrente esterno – ad un’associazione criminale di stampo mafioso senza considerare che dagli atti emergeva la prova contraria, costituita dalla circostanza che lo S. si trovava in acceso contrasto con il coimputato Sp. ed aveva chiesto alla Direzione sanitaria dell’Ospedale di essere destinato ad altro servizio, evidenziando in tal modo una volontà contraria alla contestata partecipazione esterna al sodalizio;

2)- Con il secondo motivo si censura l’ordinanza per violazione dell’art. 274 c.p.p., non avendo adeguatamente motivato riguardo alla sussistenza ed attualità del esigenze cautelari ed, anzi, trascurando illogicamente:

– che dall’epoca dei fatti era trascorso molto tempo e: – che al momento dell’arresto lo S. non lavorava più presso l’obitorio; circostanze che escludevano il pericolo di recidiva;

CHIEDE pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono totalmente infondati.

Le doglianze mosse dal ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato, contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

In proposito va ricordato che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato ; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. (Cassaz. Pen., sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Il Tribunale ha ampiamente, congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto raggiunti i gravi indizi di colpevolezza, osservando:

– che l’esistenza e l’attività del gruppo capeggiato da D. A. emergeva:

a)- da una serie di intercettazioni telefoniche ed ambientali, analiticamente indicate;

b)- dalle informazioni provenienti dal collaboratore di giustizia N.A.;

c)- dalle quali risultanze processuali emergevano i profili tipici dell’associazione criminosa di stampo mafioso quali;

– l’attività di dissuasione nei confronti delle altre ditte concorrenti, realizzata mediante minacce;

– l’acquisizione del controllo delle altre agenzie cui veniva imposto il pagamento di una percentuale pari al 50% delle entrate;

– l’utilizzazione di metodi violenti e mafiosi allo scopo di inibire qualunque attività concorrenziale;

– che la partecipazione dello S.F. al gruppo del D. (a sua volta collegato con il "clan Santaoaola") emergeva:

a)- dalla circostanza che Sp.Sa., già titolare dell’agenzia di pompe funebri denominata "Funeral Center", con contratto preliminare del 02.12.05 aveva promesso la cessione della medesima agenzia in favore di D.A., figlio del N., divenendo a questo punto uno più attivi collaboratori dello stesso D.; b) – dalle telefonate del 23.08.06 e del 14.11.06 nelle quali emergevano i collegamenti tra lo Sp. e l’odierno ricorrente S.F., che veniva destinato al succedere a tale R., già in servizio presso l’obitorio e già affiliate all’organizzazione criminosa;

Al riguardo il Tribunale, pur dando atto del contrasto sorto tra lo S. e lo Sp., osserva che si tratta di circostanza non idonea a superare le suddette prove sulla partecipazione esterna dell’indagato, confermate dalle obiettive circostanze:

– dell’inserimento dello S. nel "libro paga" dell’associazione, per come emergeva da altra telefonata tra il R. e lo Sp. e – dal ritrovamento nell’armadio della camera mortuaria di un fucile a canne mozze che, dalle conversazioni successivamente intercettate (10.12.08, 11.12.08, ed altre) era riconducibile allo S. ed allo Sp.;

Il Tribunale compie così una valutazione di puro fatto, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi, che appare congruamente motivata, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti.

Il ricorrente individua, al contrario, la serie di illogicità riportate nella parte descrittiva del ricorso ma, al riguardo, si deve rammentare che in questa fase cautelare la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa vantazione delle circostanze già esaminate da detto giudice. (Cass. pen. Sez. 4, 06.07.2007 n. 37878).

Le deduzioni svolte dal ricorrente in senso contrario non colgono nel segno, atteso che la motivazione sino ad ora esaminata risulta aderente alla Giurisprudenza consolidata e trae il carattere distintivo dell’associazione per delinquere di stampo mafioso dalla tipicità della condotta di partecipazione, che è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno "status" di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato "prende parte" al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi. Cassazione penale. sez. un. 12 luglio 2005, n. 33748.

Tali principi inducono a ritenere inammissibili anche i motivi relativi alla ricorrenza delle esigenze cautelari, atteso che sul punto il Tribunale ha evidenziato il concreto rischio di recidiva, tratto:

– dalle condotte di fattiva e reiterata collaborazione nell’associazione mafiosa;

– dalla manifesta adesione al sodalizio, attuata anche mediante la detenzione dell’arma;

– dalla continuità dell’adesione, dimostrata anche dall’epoca del ritrovamento del fucile;

il Tribunale ne ricava la prova del reale ed attuale pericolo di recidiva, sicchè l’unica misura adeguata viene ritenuta la custodia cautelare in carcere;

Il Tribunale ha compiuto così una valutazione di puro fatto, in ordine al pericolo di recidiva, che appare congruamente motivata, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti.

Consegue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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