Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-02-2011) 29-03-2011, n. 12779

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza del 28.9.2010, il Tribunale della Libertà di Trento rigettava l’istanza di riesame proposta da B.F. avverso l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti dal gip del locale Tribunale il 28.8.2010 per il concorso in due fatti di rapina aggravata ai danni di due filiali della banca Antonveneta, reati commessi, rispettivamente, il (OMISSIS) (filiale di Asiago), e il (OMISSIS) (filiale di Trento).

Secondo l’accusa, che il tribunale riteneva confermata, sul piano della gravità indiziaria, sulla base della chiamata in correità del coindagato M.G., e di altre fonti dichiarative ( S. e D.C.), nonchè sulla base dell’analisi delle modalità di svolgimento dei due fatti criminosi, il B., all’epoca direttore della filiale di Trento, aveva fornito ai complici le informazioni utili per la migliore riuscita delle imprese delittuose, consegnando loro le "piantine" dei locali, indicando il nominativo di alcuni impiegati, precisando gli orari di apertura delle casseforti e i momenti più propizi dal punto di vista della disponibilità di valuta da parte delle agenzie bancarie interessate.

Ricorre il difensore, deducendo con il primo motivo, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c) ed e), il vizio di inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità e la mancanza, e/o contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, in relazione al giudizio di attendibilità di M.G. e D.C.A..

Sotto il profilo dell’attendibilità intrinseca, il tribunale avrebbe trascurato le ragioni di perplessità legate alle motivazioni opportunistiche della scelta di collaborazione del M. e avrebbe valorizzato le dichiarazioni eteroaccusatorie rese dal D. C. il 27.9.2010, nonostante che nel primo interrogatorio di garanzia lo stesso avesse reso dichiarazioni del tutto insignificanti, limitandosi a descrivere le circostanze in cui aveva conosciuto gli altri indagati.

Sotto il profilo della reciproca integrazione della varie dichiarazioni, la difesa rileva la divergenza tra le indicazioni rispettivamente fornite dal D.C. e dal M. su un incontro a cui avrebbe partecipato anche il B. verso la fine del 2007, nel corso del quale il ricorrente avrebbe ricevuto dagli altri convenuti l’esplicita richiesta di un supporto logistico per le rapine; il D.C. avrebbe infatti collocato l’incontro presso la sede di una società, il M. a casa del B.. Il M., inoltre, aveva affermato che il B., all’epoca di quell’incontro, portava delle stampelle, mentre l’incidente che aveva costretto il ricorrente a servirsene gli era occorso il successivo 4.2.2008.

Ancora, rispetto alla presunta attività di intelligence del B., la difesa rileva che in occasione della rapina del 25.1.2008 era stato prenotato, dal responsabile di cassa della filiale di (OMISSIS), un furgone portavalori per prelevare le eccedenze, circostanza asseritamente contraddittoria con il ruolo attribuito all’indagato, che non avrebbe avvertito i complici di una giacenza di cassa destinata ad essere "smaltita" proprio il giorno della rapina.

Sarebbe inoltre rimasta smentita l’affermazione del M. secondo cui il B. avrebbe chiesto ai suoi complici di fare il suo nome all’interno della stessa filiale, a prescindere dal rilievo della illogicità della richiesta che avrebbe attirato i sospetti sul ricorrente, invece di stornarli, dal momento che il B. aveva cessato di lavorare in quell’agenzia circa quattro anni prima; e i rapinatori avrebbero in realtà mostrato di non conoscere i tempi di apertura della casseforti, peraltro non regolati automaticamente Neanche le dichiarazioni di S.P.A. potrebbero poi fornire un riscontro alle accuse del M., in quanto il primo avrebbe riferito solo quanto appreso dal secondo, mancando quindi, per la circolarità della fonte, il requisito dell’"alterità" dell’elemento di conferma.

Con un autonomo motivo, la difesa rileva il vizio di mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità dell’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), (il concorrente riferimento alla lett. c), non è in alcun modo spiegato) in ordine alla valutazione della presunta falsità delle dichiarazioni rese dal B. nell’interrogatorio di garanzia.

Non corrisponderebbe infatti al vero l’affermazione dei giudici territoriali secondo cui il B. avrebbe negato ogni rapporto con il M., avendo piuttosto affermato di non potere escludere di averlo conosciuto, e d’altra parte il collaborante non era stato in grado di indicare l’abitazione del ricorrente, avendo invece condotto i verbalizzanti, nel corso di un sopralluogo, presso l’esercizio di ristorazione gestito dalla compagna del B..

Con l’ultimo motivo, infine, la difesa deduce il difetto di motivazione e il vizio di violazione di legge del provvedimento in relazione all’art. 274 c.p.p., riguardo alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.

Il pericolo di reiterazione dei reati sarebbe infatti escluso, ormai, dalla cessazione di ogni attività lavorativa del B. all’interno del sistema bancario, e dalla integrale neutralizzazione del gruppo criminale con il quale il ricorrente era in contatto, mentre non varrebbe il riferimento dei giudici territoriali ad imprecisate esigenza di tutela "della genuina acquisizione degli elementi di prova ancora in itinere".

Il ricorso è infondato.

1. In ordine alla questione dell’attendibilità intrinseca dei collaboranti M. e D.C., le deduzioni difensive appaiono poco incisive, e incorrono, riguardo a quelle del M., in un errore prospettico inversamente speculare a quello rilevabile nella motivazione del provvedimento impugnato. Il Tribunale rileva che l’interesse del M. ad ottenere qualche beneficio dalla sua collaborazione, potrebbe essere perseguito soltanto con dichiarazioni veritiere; la difesa, all’opposto, pretende di inferire l’inattendibilità del collaborante dai benefici sperati e ottenuti in virtù delle sue propalazioni. In realtà, le dichiarazioni dei collaboranti possiedono ex lege una minore forza probatoria, "scontata" a monte, nella previsione dell’art. 192 c.p.p., comma 3 con la prescrizione della necessità di idonei riscontri (Cass. Pen. Sez. 2^, 20.1.2011, Zangaro); ma è vero anche che l’elemento di interesse alle propalazioni eteroaccusatorie connesso alla prospettiva di benefici premiali di per sè solo non è elemento idoneo ad intaccarne la credibilità, ove il giudice le abbia doverosamente sottoposte a vaglio critico (Corte di Cassazione 08161 del 26/11/2009 SEZ. 3, La Delfa e altro).

Più pertinenti appaiono al riguardo le considerazioni del giudice del cautelare, che rileva come il M. si fosse attribuito la responsabilità di numerosi fatti di reato per i quali non era mai emerso a suo carico alcun elemento di prova, e sottolinea che in relazione ai titoli degli stessi reati, non sono nemmeno previsti dalla legge particolari benefici a favore di chi collabori con la giustizia. Tutto si risolverebbe, al più, nel caso di specie, nella temporanea sottrazione dello stesso collaborante a provvedimenti restrittivi, e nella futura mitigazione del trattamento sanzionatorio a seguito dell’inevitabile condanna. Quanto al D.C., la contraddittorietà delle sue varie dichiarazioni appare segnata dallo spartiacque della sua scelta di collaborazione, evidentemente non ancora matura all’epoca del suo primo interrogatorio di garanzia.

In definitiva, non è consentita alcuna pregiudiziale valutativa sulla questione, che va risolta sulla base delle concrete indicazioni processuali e che correttamente è stata peraltro risolta dal tribunale, come si vedrà più oltre, nel confronto con le complessive risultanze istruttorie, di là da qualche impropria affermazione di principio iniziale.

2. La convergenza di significativi elementi di riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori, è significativamente colta dal tribunale con riferimento a numerose circostanze di fatto. E’ indiscutibile che le due rapine furono commesse in due agenzie bancarie in entrambe le quali il B. aveva prestato la propria attività lavorativa, essendo quindi realmente in grado di fornire dettagliate informazioni sulle prassi operative e sui momenti di maggiore giacenza di cassa; com’è pacifico che in occasione di entrambe le rapine i malviventi conseguirono un cospicuo bottino, a conferma della precisione delle indicazioni del ricorrente, senza che abbiano alcun rilievo al riguardo le osservazioni della difesa circa il previsto intervento di un furgone portavalori il giorno della rapina presso l’agenzia di (OMISSIS), essendo ovvio che il B. potesse essere a conoscenza di prassi operative "generali", non di accadimenti del tutto estemporanei, che comunque non impedirono la piena riuscita dell’impresa criminale; è confermato anche che i rapinatori si mostrarono a conoscenza dei nominativi di alcuni impiegati, e poco importa che non avessero fatto anche il nome del B., secondo le indicazioni che avrebbero ricevuto da quest’ultimo, che potrebbero essere state anche disattese per i motivi più vari, senza che la circostanza possa inficiare il positivo valore di riscontro delle indicazioni nominative effettivamente operate dai rapinatori; sulla questione della "temporizzazione" delle casseforti, la difesa non considera che il Tribunale del riesame si riferisce specificamente alla cassaforte del Bancomat, notoriamente soggetta a periodi di apertura pre- programmati; anche la conoscenza da parte del M. dell’ubicazione dell’esercizio commerciale gestito dalla compagna del B., in luogo dell’abitazione del ricorrente, appare significativa di un rapporto di conoscenza non certo superficiale, rapporto che il ricorrente avrebbe di fatto realmente negato, nei suoi effettivi termini, con la dichiarazione di non poterlo escludere; infine, la divergenza tra le indicazioni dei collaboranti sul luogo dell’incontro della fine del 2007, è genericamente dedotta dalla difesa con il sommario riferimento ad un verbale in forma riassuntiva riguardo alle indicazioni del D.C., e a non meglio identificate (processualmente) dichiarazioni del M., ma resterebbe comunque la convergenza delle varie dichiarazioni sulla collocazione temporale dell’incontro, sui soggetti presenti e sullo scopo della riunione. In definitiva, l’unico elemento di perplessità colto realmente dalla difesa è riferibile alla precisazione del M. secondo cui all’epoca di quell’incontro il B. portava le stampelle, apparendo alquanto forzata la spiegazione del tribunale che il ricorrente potesse averne fatto uso anche prima dell’incidente occorsogli nel febbraio del 2008. In ogni caso, l’imprecisione sul punto di collaborante potrebbe essere spiegata anche con una banale sovrapposizione dei ricordi, ed appare comunque del tutto marginale nel quadro indiziario complessivo, espresso nei necessari termini di gravità da tutte le altre circostanze di prova sottolineate dal tribunale, senza che appaia in alcun modo rilevante il secondario contributo dello S..

3. In punto di esigenze cautelari, il tribunale ha convenientemente sottolineato la gravità dei fatti e l’estrema spregiudicatezza del ricorrente, che non avrebbe esitato a porre in pericolo l’incolumità dei suoi colleghi di lavoro nel perseguire i propri scopi criminali.

Peraltro, i giudici territoriali sottolineano anche un più ampio coinvolgimento del B. in contesti criminali, come a proposito dei suoi rapporti con il S. in margine ad altre vicende giudiziarie, mentre è appena il caso di rilevare che l’impiego delle risorse professionali del ricorrente per scopi criminali non richiede particolare libertà di movimento, e non potrebbe essere neutralizzato in condizioni di attenuata sorveglianza.

Il ricorso va pertanto rigettato, con le conseguenti statuizioni sulle spese. Il cancelliere dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

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