Cons. Stato Sez. IV, Sent., 25-03-2011, n. 1854 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La controversia in esame nasce dall’impugnazione che la ricorrente, ed odierna appellante, ha proposto in primo grado per ottenere l’annullamento della deliberazione consiliare n.38 del 1996 del Comune di San Vincenzo Valle Roveto, concernente approvazione del Programma di edilizia Residenziale Pubblica per il triennio 19921995, nonché della conseguente delibera di Giunta n.82 del 1998 contenente assenso all’adozione di provvedimenti atti a consentire lo sgombero delle aree interessate dal programma costruttivo anzidetto, in forza della quale sono state poi adottate le ordinanze sindacali nn.13,20, e 24 del 1999, anch’esse impugnate, attuative dello sgombero e di requisizione degli immobili, comprese le case di abitazione, individuate nelle predette delibere.

Il primo giudice ha dichiarato inammissibile il ricorso dinanzi ad esso proposto nella parte in cui è stato rivolto alla deliberazione consiliare n.38 del 1996, ed irricevibile, nella parte concernente la predetta deliberazione di Giunta.

Ha ravvisato, inoltre, un profilo d’inammissibilità del gravame, senza darne però atto nel dispositivo della decisione, con riferimento all’impugnazione delle predette ordinanze sindacali di sgombero e di requisizione

Con l’appello in esame si chiede la riforma della sentenza impugnata.

L’ente appellato non si è costituito in giudizio.

All’udienza dell’8 febbraio 2011 il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione.

Il collegio ritiene che l’appello sia fondato.

Con il motivo dedotto in primo grado avverso la deliberazione n.38/1996, che il primo giudice ha dichiarato inammissibile, parte ricorrente aveva lamentato la violazione, in questa sede riproposta, dell’art. 7 legge n.241/1990, in relazione alla mancata comunicazione dell’avvio di un procedimento comportante lo sgombero dalla sua abitazione disposto in via strumentale per la realizzazione del programma costruttivo approvato dal consiglio comunale che ricomprendeva anche l’area su cui era collocato tale immobile.

L’argomento utilizzato dal primo giudice per affermare l’inammissibilità del motivo appare al collegio del tutto errato già da quanto appena esposto.

La deliberazione consiliare n.38/1996, invero, non è affatto qualificabile, come invece ritenuto dal primo giudice, "programmatoria" e quindi tale da non consentite neppure la individuazione preventiva dei suoi destinatari, bensì esibisce l’esercizio di un potere di intervento in materia di edilizia residenziale pubblica contemplato dall’art.51 della legge n.865 del 1971, la cui natura di piano particolareggiato immediatamente attuativo è indiscussa, potendo l’Amministrazione procedere in base ad essa all’esproprio delle aree e, come nel caso di cui ci si occupa, allo sgombero delle abitazioni ritenute inadeguate, o precariamente adibite a tale uso, con conseguente obbligo dell’avviso contemplato dall’art.7 della legge n.241/1990 ai privati interessati dal provvedimento, com’è nella specie sicuramente la ricorrente.(Consiglio Stato Ad. plen., 20 dicembre 2002, n. 8).

Poiché detto avviso è stato pacificamente omesso dal comune intimato, il motivo va dunque accolto.

E’ altresì fondata la censura riguardante l’irricevibilità dell’impugnazione rivolta alla deliberazione di Giunta n.82 del 1998, concernente l’assenso al sindaco ad adottare provvedimenti idonei a consentire lo sgombero e la requisizione degli immobili interessati dal programma costruttivo in parola.

Tale irricevibilità ad avviso del primo giudice sussisterebbe avendo l’Amministrazione notificato la deliberazione di Giunta anzidetta in data 19 gennaio 1999, mentre il ricorso, in violazione del termine decadenziale di rito, è stato notificato l’11 maggio 1999.

Senonchè sotto la data del 19 gennaio 1999 la notifica dell’impugnata deliberazione di giunta è avvenuta dopo che, come risulta dagli atti, non era stata rintracciata la ricorrente nel suo domicilio anagrafico.

E’ avvenuta, in particolare, nell’abitazione del padre di quest’ultima, dove però, com’è provato, essa non ha né il suo domicilio legale né la sua residenza abituale.

Dunque la notifica è avvenuta in violazione degli adempimenti richiesti dall’art.140 c.p.c.

Ne consegue che in modo del tutto errato, la data del 19 gennaio 1999 è stata indicata dal primo giudice come dies a quo ai fini della decorrenza del termine decadenziale di rito per la proposizione del ricorso.

Anche il secondo motivo di ricorso merita in conclusione d’essere accolto.

Dall’annullamento delle esaminate deliberazioni, consegue ovviamente la caducazione delle ordinanze sindacali nn.13, 20, 24, del 1999.

L’appello va dunque accolto.

Le spese del giudizio si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto in riforma della sentenza impugnata accoglie il ricorso di primo grado ed annulla i provvedimenti ivi impugnati..

Condanna il Comune appellato al pagamento delle spese di lite, relative ad ambedue i gradi di giudizio, che liquida complessivamente in euro 3000,00.

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Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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