Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-02-2011) 29-03-2011, n. 13083 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma in data 2.11.2010 veniva rigettata la richiesta del pubblico ministero di applicazione nei confronti di D.C. D.T. della misura cautelare della custodia in carcere per la ritenuta insussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato in ordine al reato di cui all’art. 624 bis c.p., non risultando agli atti le modalità con le quali era stato effettuato il raffronto fra le impronte papillari dell’imputato e quelle rinvenute sul luogo del delitto.

In pari data il pubblico ministero ritrasmetteva gli atti al Giudice per le indagini preliminari facendo rilevare che gli elementi dei quali era stata ritenuta la mancanza erano viceversa già presenti agli atti; conseguentemente il Giudice per le indagini preliminari, con ordinanza in data 4.11.2010, applicava nei confronti del D. la misura richiesta.

Quest’ultima ordinanza veniva annullata con il provvedimento impugnato.

Il ricorrente deduce erronea interpretazione di norme processuali nella ritenuta illegittimità dell’ordinanza annullata.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Con l’ordinanza impugnata, posto che l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari in data 4.11.2010 doveva ritenersi implicitamente revocativa della precedente ordinanza in data 2.11.2010, si osservava che il primo provvedimento era illegittimo in quanto adottato in violazione del principio del ne bis in idem, con la conseguente preclusione alla reiterazione della richiesta di applicazione di una misura cautelare in assenza di nuovi elementi, del principio generale di non revocabilità delle ordinanze per le quali è previsto uno specifico mezzo di gravame, desumibile dal riferimento analogico all’art. 177 c.p.c., comma 2, n. 3 e dalla espressa previsione di revocabilità delle sole ordinanze applicative della misura di cui all’art. 299 c.p.p., e dei diritti della difesa di cui all’art. 178 c.p.p., comma 2, lett. C., trovandosi l’indagato, per effetto della procedura adottata, in una situazione più sfavorevole rispetto a quella che sarebbe stata prodotta dalla rituale procedura dell’impugnazione dell’ordinanza reiettiva, la quale avrebbe garantito all’indagato il contraddicono e la non immediata esecutività della misura.

Il ricorrente, premesso che la valutazione alla base dell’ordinanza del 2.11.2010 era il risultato di un errore materiale nella lettura degli atti, per effetto del quale non era stata individuata la consulenza tecnica sulla comparazione delle impronte, rileva che la necessità di rimediare a detto errore rende inconferente il richiamo alla non reiterabilità della richiesta di applicazione della misura, peraltro ammessa dalla giurisprudenza anche in pendenza di gravame sull’ordinanza reiettiva; che il principio di tassatività delle nullità impedisce il richiamo a norme di un codice diverso in tema di revocabilità delle ordinanze, revocabilità che nella specie rende irrilevante il riferimento al principio del ne bis in idem; e che inconferente è altresì l’argomento vertente sulla ritenuta violazione dei diritti della difesa, garantiti dalla trasmissione al giudice degli stessi atti sui quali si fondava al prima richiesta di applicazione della misura.

Assorbente è sul punto il richiamo all’indirizzo interpretativo, più volte affermato da questa Corte, per il quale la mancata impugnazione dell’ordinanza reiettiva della richiesta di applicazione di una misura restrittiva da luogo alla formazione di un giudicato cautelare, che preclude la reiterazione della richiesta laddove la stessa non sia fondata su nuovi elementi (Sez. 6, n.5374 del 25.10.2002, imp. Ricceri, Rv.223654; Sez. 5, n.43068 del 13.10.2009, imp. Bosi, Rv.245092). Tanto rinvia ad un più generale principio di tassatività delle procedure esperibili in materia cautelare, che limita i rimedi praticabili, a fronte di valutazioni ritenute erronee del giudice adito per l’applicazione della misura, ai mezzi di impugnazione previsti dalla legge. Ne segue il corollario dell’impossibilità, per il giudice che abbia emesso un provvedimento in materia, di disporne la revoca in mancanza di nuove allegazioni (Sez. 5, n.5825 del 2.12.1999, imp. Barretta, Rv.215567); e ciò anche laddove la revoca sia richiesta con riferimento ad errori valutativi ravvisati nel provvedimento, per rimuovere i quali può farsi ricorso unicamente ai menzionati strumenti di gravame.

Nel caso di specie, la nuova richiesta formulata dal pubblico ministero il 2.11.2010 dichiaratamente non portava a sostegno elementi diversi da quanto precedentemente rappresentato al Giudice per le indagini preliminari, ma si limitava a richiamare l’attenzione sull’omesso esame della relazione tecnica già presente agli atti inviati con la richiesta precedente. In questi termini, la questione non poteva essere sottoposta allo stesso giudice, sollecitando direttamente a quest’ultimo una diversa decisione, ma doveva essere oggetto di impugnazione del provvedimento reiettivo al fine di farne valere l’erroneità; e per le stesse ragioni non era consentito al Giudice per le indagini preliminari emettere un provvedimento modificativo di una pregressa decisione non impugnata sulla base degli stessi atti precedentemente trasmessi. Correttamente tale provvedimento veniva pertanto annullato con l’ordinanza impugnata; il ricorso va di conseguenza rigettato.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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