Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 09-02-2011) 29-03-2011, n. 13060 Nullità e inesistenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

re Generale.
Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale di Salerno in data 3.3.2006 con la quale P.L. veniva condannato alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 200 di multa per il reato di tentato furto aggravato commesso il (OMISSIS) asportando dai banchi vendita dell’esercizio commerciale Siniscalchi di (OMISSIS) capi di abbigliamento ed accessori del valore di Euro 52,95, dei quali non riusciva ad impossessarsi a seguito dell’intervento del personale di vigilanza.

Il ricorrente deduce:

1. violazione dell’art. 625 c.p., n. 2 e artt. 522 e 597 cod. proc. pen. ed omessa motivazione sulla contestazione e comunque sulla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui alla norma penale citata e sulla conseguente procedibilità d’ufficio del reato;

2. omessa motivazione sul diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p.p., n. 4;

3. omessa motivazione sul rigetto della richiesta di conversione della pena.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2, è infondato.

Con la sentenza impugnata, rammentato che con la decisione di primo grado si era precisata l’imputazione dell’aggravante individuando la relativa norma di legge violata nell’art. 625 c.p., n. 2 in luogo dell’art. 625 c.p., n. 4, si osservava che l’aggravante era contestata nell’uso del mezzo fraudolento costituito dall’occultamento della refurtiva sulla persona dell’imputato, aggiungendosi che, pur non avendo ciò alcuna incidenza sulla determinazione della pena, tale occultamento era accompagnato dall’asportazione dei cartellini segnaprezzo.

Il ricorrente lamenta che con quest’ultimo riferimento il giudice d’appello abbia di fatto ravvisato un’aggravante della violenza sulle cose esclusa dal giudice di primo grado, in violazione sia del divieto di reformatio in pejus che del principio di contestazione, considerato a quest’ultimo proposito che l’originaria imputazione individuava detta aggravante nella diversa condotta dell’asportazione delle placche antitaccheggio; che, quanto all’aggravante del mezzo fraudolento, la stessa richiede una condotta ulteriore rispetto al mero riporre gli oggetti nel proprio giubbotto, operazione strettamente necessaria per l’asportazione degli oggetti stessi; che su tale aspetto la sentenza impugnata è priva di motivazione; e che l’esclusione dell’aggravante determina l’improcedibilità del reato, per il quale la querela risulta presentata da una semplice dipendente e priva di espressa istanza di punizione.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza impugnata menzionava chiaramente l’asportazione dei cartellini segnaprezzo quale mera modalità dell’occultamento individuato quale condotta realizzante la fattispecie circostanziale dell’uso del mezzo fraudolento, e non come fatto integrativo della diversa aggravante della violenza sulle cose; inconferente è pertanto il richiamo all’indebito riconoscimento di un’aggravante non contestata e non ritenuta in primo grado.

Le considerazioni che precedono pongono altresì in evidenza come l’aggravante del mezzo fraudolento sia stata considerata sussistente dalla Corte d’Appello per essere stato l’occultamento degli oggetti reso più efficace dall’asportazione dei cartellini segnaprezzo, avendosi in tal modo riguardo ad una condotta più articolata della mera collocazione della refurtiva nelle tasche sotto il giubbino indossato dall’imputato, valutata come tale dalla sentenza di primo grado ai fini che qui interessano. A prescindere da questa considerazione, che sottrae la motivazione della sentenza impugnata ai rilievi del ricorrente, va comunque osservato che l’occultamento sulla propria persona degli oggetti sottratti dai banchi di vendita di un esercizio commerciale integra l’aggravante in esame laddove, come nel caso in esame, costituisca comportamento preordinato ad eludere i controlli degli addetti alla casse (Sez. 5, n. 10997 del 13.12.2006, imp. Rada, Rv. 236516).

2. E’ viceversa fondato il secondo motivo di ricorso, relativo al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p.p., n. 4.

Con si osservava che il complessivo valore della merce sottratta non consentiva di ravvisare l’attenuante.

Il ricorrente denuncia il carattere meramente apparente della motivazione della sentenza impugnata sul punto, limitata al riferimento al complessivo valore della merce sottratta, che non rende comprensibile come il modesto valore indicato nell’imputazione possa essere ritenuto non lieve.

In effetti il contenuto importo dei beni oggetto di furto, indicato nell’imputazione, non consente di ritenere soddisfacente il mero richiamo allo stesso quale dato di per sè ostativo alla ravvisabilità dell’invocata attenuante; nè ulteriori elementi emergono in tal senso dalla decisione di primo grado, nella quale il tema non veniva affrontato.

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli per nuovo esame sul punto, rimanendo assorbito il residuo motivo di ricorso.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 con rinvio alla Corte di Appello di Napoli per nuovo esame.

Rigetta nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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