Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-02-2011) 29-03-2011, n. 12743

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

etrone Grado Maria Gabriella che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il difensore di B.G. ricorre avverso la sentenza sopra indicata che ha confermato l’accertamento di responsabilità del prevenuto in ordine al delitto di concorso in truffa per avere acquistato gioielli del valore di Euro 1.176 pagando con un assegno postale privo di copertura ( artt. 110 e 640 cod. pen.). E’ stata irrogata la pena di mesi 9 di reclusione ed Euro 500 di multa.

Deduce violazione di legge per insussistenza dell’elemento costitutivo degli artifici e raggiri rilevando non esservi prova che le assicurazioni del coimputato L.S. rivolte alla parte lesa di frequentare e conoscere la di lei suocera siano false. Nega che comunque le stesse abbuiano costituito elemento induttivo di errore nel determinare la venditrice ad accettare quel sabato in pagamento il titolo di credito. Deduce non essere configurabile il nesso causale tra l’errore indotto e l’atto di disposizione patrimoniale, essendo il mendacio unicamente diretto ad ottenere "simpatia e buona disposizione d’animo da parte dell’interlocutore". Con altro motivo deduce violazione di legge per insussistenza del concorso nel reato in quanto il B. rimase silente nè aveva l’obbligo di informare la venditrice in ordine alla veridicità delle dichiarazioni del L.S.. Con altri motivi deduce violazione di legge per essere il fatto qualificabile come insolvenza fraudolenta ex art. 641 cod. pen., per non essere stata ritenuta la diminuente prevista dall’art. 114 cod. pen., per non essere state concesse le attenuanti generiche e per "l’eccessivo rigore del trattamento sanzionatorio".

E’ stata depositata memoria difensiva in data 8 febbraio 2011.

Il ricorso è inammissibile. Il primo motivo di ricorso si sostanzia in censure all’apparato motivazionale della decisione che non illogicamente ritenuto che solo le false affermazioni del L.S. e le contestuali ulteriori dichiarazioni ed assicurazioni del prevenuto in ordine alla personalità di costui determinarono la querelante ad accettare un titolo senza poterne accertare la copertura. Ai sensi del disposto di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede di legittimità comporta dimostrare che il provvedimento è manifestamente carente di motivazione o di logica e non già opporre alla logica valutazione degli atti operata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, degli atti processuali (Cass. S.U. 19.6.96, De Francesco).

Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone). Non è quindi consentito un diverso apprezzamento di un fatto valutato non con manifesta illogicità da parte del giudice di merito che ha debitamente accertato attraverso la deposizione della parte lesa che i due non erano affatto conoscenti della suocera della commerciante, la quale si determinò a consegnare i gioielli solo per la messa in scena attuata in suo danno.

Quanto alle ulteriori doglianze si ricorda che la giurisprudenza di legittimità evidenzia che l’idoneità dell’artificio e del raggiro deve essere valutata in concreto, ossia con riferimento diretto alla particolare situazione in cui è avvenuto il fatto ed alle modalità esecutive dello stesso e che l’emissione di un assegno a vuoto in pagamento di merce costituisce raggiro idoneo ai fini della truffa allorchè la consegna in pagamento dell’assegno sia fatta con una falsa rappresentazione della realtà (Cass. 2^ 26.2.75 n. 6662 depositata 17.6.74, rv. 130321; Cass. 2^ 17.11.72 n. 4592, depositata 9.6.73, rv. 124309).

Va ribadito ancora che l’idoneità degli artifici e raggiri risulta dalla verifica della sussistenza del nesso causale tra azione ed evento, mentre non ha rilievo la asserita mancanza di diligenza, di controllo e di verifica da parte della persona offesa. Detta circostanza infatti non esclude l’idoneità del mezzo in quanto si risolve in una mera deficienza di attenzione che il più delle volte è determinata dalla fiducia che, con artifici e raggiri, sa suscitare il truffatore nella parte lesa (Cass. 26.4.93 n. 40011, ud.

17.3.93, rv. 193929). E’ costante principio di legittimità che qualora sia stato accertato il nesso di causalità tra l’artificio ed il raggiro e l’altrui induzione in errore non è necessario verificare l’idoneità in astratto dei mezzi usati quando in concreto questi si sono rivelati idonei a trarre in errore (Cass. 5^ 7.10.99 n. 11441, ud. 27.3.99, rv. 214868; Cass. 1^ 7.12.90 n. 16264, ud.

11.7.90, rv. 185974; Cass. 2^ 26.8.74 n. 5673, ud. 18.2.74, rv.

127838).

Manifestamente infondato è poi il motivo di ricorso relativo alla mancata concessione della diminuente della minima partecipazione che è stata non illogicamente esclusa in considerazione del determinante apporto causale del ricorrente alla operazione di convincimento in danno della querelante, in quanto la minima partecipazione di cui all’art. 114 cod. pen. sussiste solo quando la condotta del correo abbia inciso sul risultato finale dell’impresa criminosa in maniera del tutto marginale, cioè tale da poter essere avulsa, senza apprezzabili conseguenze pratiche, dalla serie causale produttiva dell’evento (Cass. 6^ 4.5.06 n. 33435, depositata 5.10.06, rv.

234365; Cass. 4^ 12.1.06 n. 11380, depositata 31.3.06, rv. 233664).

E’ inoltre del tutto corretta la decisione del giudice di merito relativa alla quantificazione della sanzione (irrogata tra l’altro nel minimo edittale come pena base) ed al diniego di attenuanti in forza del principio che statuisce che il giudizio sulle circostanze e sulla quantificazione della sanzione deve ritenersi esaurientemente compiuto con il porre in risalto anche una sola delle circostanze suscettibili di valutazione. Nel caso specifico la motivazione è stata esposta con riferimento ai numerosi precedenti specifici, non essendo il giudice comunque tenuto a considerare in maniera analitica i singoli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. esponendo per ciascuno di questi le rispettive ragioni che lo hanno indotto a formulare il proprio conclusivo giudizio (Cass. 2^ 2.9.00 n. 9387, ud. 15.6.00, rv. 216924).

L’impugnazione è pertanto inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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