Cass. civ. Sez. II, Sent., 22-06-2011, n. 13693 Sfratto e licenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Istituto Autonomo Case Popolari di Campobasso, con atto notificato il 23 aprile 1988, ritenuto di sua proprietà il suolo adiacente lo stabile sito in (OMISSIS) ed alla via (OMISSIS) e locato per contratto del 1 luglio 1973 a G. M., intimava a quest’ultimo sfratto per finita locazione, citandolo dinanzi al Pretore di Campobasso per la convalida ai sensi dell’art. 657 c.p.c..

Il M., costituitosi, si opponeva alla domanda, deducendo di avere stipulato per errore il contratto di locazione, in quanto comproprietario del suolo, da ritenersi pertinenza del fabbricato, tanto più che su di esso era installata anche la cisterna per il combustibile per l’impianto di riscaldamento condominiale.

Nel procedimento interveniva P.M., altro condomino del fabbricato, il quale aderiva integralmente alle richieste di M.G..

Il Pretore respingeva l’istanza di convalida e rimetteva le parti davanti al Tribunale di Campobasso.

L’IACP provvedeva alla riassunzione, insistendo nella richiesta di sfratto, mentre M.G. e P.M., in via riconvenzionale, chiedevano che venisse accertata la natura condominiale del terreno.

Identica domanda proponeva D.T.M., altro condomino intervenuto.

Con sentenza in data 23 giugno 1996 il Tribunale di Campobasso rigettava sia la domanda principale dell’IACP, che la domanda riconvenzionale.

M.G., P.M. e D.T.M. proponevano appello, che veniva rigettato dalla Corte di appello di Campobasso, con sentenza in data 18 marzo 1999.

M.G., da un lato, P.M. e D.M. T., dall’altro, proponevano distinti ricorsi per cassazione.

Con sentenza in data 9 ottobre 2002 n. 14431, questa S.C. accoglieva per quanto di ragione il terzo motivo di tali ricorsi, rilevando che la Corte di appello di Campobasso, con motivazione del tutto apodittica, aveva escluso la natura pertinenziale dell’area contesa facendo generico riferimento ai contratti di acquisto degli alloggi prodotti dagli appellanti, ed erroneamente non era stata ammessa la prova per interrogatorio e per tesi: articolata dai ricorrenti, che tendeva anche a fornire la prova della natura pertinenziale del suolo in questione senza tenere contro del fatto che la destinazione di una cosa a servizio o ad ornamento di un’altra cosa non richiede alcuna forma solenne, neppure nel caso in cui riguardi immobili.

Riassunta la causa davanti alla Corte di appello di Napoli, designata come giudice di rinvio, quest’ultima, con sentenza in data 26 giugno 2007 confermava il rigetto dell’appello, in base alla seguente motivazione:

… con la sentenza di rinvio è stato affidato a questa Corte il solo compito di riesaminare il punto relativo all’ammissibilità e rilevanza in concreto di mezzi istruttori richiesti dagli appellanti (interrogatorio formale e prove testimoniali) richiesti in primo grado e tendenti a provare anche il rapporto pertinenziale di fatto dell’area in esame, atteso che la destinazione di una cosa a servizio o a pertinenza di cui un’altra non richiede alcuna forma solenne neppure nel caso in cui riguardi immobili. Orbene ritiene questa Corte la inammissibilità di tali mezzi di prova proposti in questa fase di rinvio ed articolati sub n. 1 a 9, risultando gli stessi essere stati chiesti in primo grado in sede di precisazione delle conclusioni con l’articolazione di soli capitoli da n 1 a 6 (senza alcuna indicazione delle generalità dei testi nè richiesta di un termine per poterli indicare, che ben poteva essere chiesto, trattandosi di controversia antecedente all’entrata in vigore della novella del 90 ed alla quel si applica il rito previgente) ed integrata nella fase di gravame con gli articoli da 7 a 9, in relazione all’art. 345 c.p.c., che vieta la deduzione di mezzi istruttori nuovi nella fase di gravame.

A ciò aggiungasi poi la irrilevanza degli stessi non risultando dall’esame dei singoli capi articolati nessuna circostanza chiara mirante a provare la sussistenza della natura pertinenziale di fatto del suolo in questione e cioè la destinazione della cosa a servizio del fabbricato in cui alloggiavano i ricorrenti, natura già correttamente esclusa del primo giudice e in base al contenuto dei contratti di acquisto degli immobili de quo da parte dei vari assegnatari, dai quali risulta in maniera univoca che l’IACP vendette agli assegnatari solo i rispettivi alloggi, non risultando in detti atti alcun accenno all’area adiacente alla costruzione. Nè rileva la circostanza della realizzazione sull’area medesima delle realizzazione del serbatoio per la centrale termica, ben potendo essere stata realizzata abusivamente.

Contro tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, D.T.M., P.M. e F. M. (quest’ultimo quale erede, unitamente a P.R., di M.M.).

Resiste con controricorso l’IACP di Campobasso.
Motivi della decisione

Con il primo motivo i ricorrenti deducono che i giudici di rinvio sarebbero incorsi nello stesso errore della Corte di appello di Campobasso,in quanto avrebbero escluso la natura pertinenziale del suolo conteso, in base alla considerazione che di esso non si faceva menzione nei loro atti di acquisto degli appartamenti.

Il motivo è infondato.

I giudici di rinvio, infatti, hanno utilizzato solo ad abundantiam tale argomento.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono che, in considerazione dell’epoca di inizio della controversia, erroneamente i giudici di rinvio hanno ritenuto inammissibili le nuove prove testimoniali formulate in sede di appello, in considerazione del (nuovo) disposto dell’art. 345 c.p.c., nella specie, invece, non applicabile.

Anche tale doglianza è infondata.

La motivazione sul punto della sentenza impugnata non è perspicua, in quanto prima ammette la non applicabilità del nuovo testo dell’art. 345 c.p.c., per poi concludere in modo opposto.

Quello che conta, però, non è l’esistenza dell’errore denunciato, ma il fatto che i giudici di rinvio hanno premesso al passo censurato la irrilevanza degli stessi (i capitoli di prova) non risultando dall’esame dei singoli capi articolati nessuna circostanza chiara mirante a provare la sussistenza della natura pertinenziale di fatto del suolo in questione e cioè la destinazione della cosa a servizio del fabbricato in cui alloggiavano i ricorrenti.

Con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono della affermazione della sentenza impugnata abbia ritenuto irrilevanti i capitoli di prova testimoniale (il cui testo viene trascritto) di cui era stata chiesta l’ammissione.

Anche tale motivo è infondato.

Correttamente, infatti, i giudici di rinvio hanno ritenuto irrilevanti i capitoli in questione.

Gli attuali ricorrenti, infatti, non chiariscono come sarebbero, rilevanti i capitoli aventi ad oggetto circostanza già provate, o da provare, per iscritto (capitoli 1, 2, 3, 4, 7, 8, 9) oppure come sarebbe rilevante ai fini della affermata natura pertinenziale ab origine il capitolo n. 6, che riguarda il possesso del suolo da parte di D.T.M. e P.M., che postula una usucapione sopravvenuta di un bene evidentemente non pertinenziale ab origine.

Infine, il cap. n. 5 ha ad oggetto una circostanza pacifica (installazione sul suolo conteso del serbatoio dell’impianto di riscaldamento centralizzato), la cui rilevanza i giudici di rinvio hanno escluso, senza che la esattezza della motivazione venga specificamente censurata in questa sede.

In definitiva, il ricorso va rigettato, con condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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