Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 25-03-2011, n. 271 Piano regolatore particolareggiato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Le originarie ricorrenti sono proprietarie di un terreno nel Comune di Messina, individuato in catasto alla partita 30167 e rappresentato nel foglio di mappa n. 102 part.lle nn. 35, 1403 e 1906, esteso circa mq. 6160. Parte dell’area in questione, già inclusa nel piano di risanamento ambito A (adottato con deliberazione n. 104/c del 21/4/1994), è stata nuovamente inclusa nel piano particolareggiato ambito A "Annunziata", quale prescrizione esecutiva ex art. 2 della L.R. n. 4/2002 della variante al P.R.G. adottata con deliberazione n. 29/c del 6/4/1998 (approvata con DDG n. 686/2002), mentre la rimanente parte è stata destinata a zona B4/b.

2. Con il ricorso introduttivo al T.A.R. di Catania, notificato il 18 dicembre 2006, le predette impugnavano il richiamato P.R.G., asserendo il carattere espropriativo della destinazione impressa a parte dei terreni di proprietà, con particolare riguardo alle aree ricomprese all’interno del piano particolareggiato di risanamento, ed all’uopo deducendo avverso le destinazioni impresse svariate censure di violazione di legge, eccesso di potere, difetto di motivazione.

Le Amministrazioni intimate si costituivano in giudizio per resistere al ricorso.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 18 luglio 2008, le dette ricorrenti impugnavano, altresì, la deliberazione del Consiglio Comunale di Messina 6/C del 4 marzo 2008, adottata dal Commissario regionale per la gestione del Comune di Messina con i poteri del Consiglio Comunale, avente ad oggetto la reiterazione dei vincoli del Piano Regolatore Generale della Città di Messina approvato con decreto n. 686/2002.

Con ulteriore ricorso per motivi aggiunti, impugnavano la deliberazione consiliare n. 46/C del 29 ottobre 2008, avente ad oggetto la conferma della deliberazione n. 39/C del 17 ottobre 2007 (revocata dalla deliberazione n. 6/C del 4 marzo 2008) ed adottata nonostante fosse medio tempore intervenuta la bocciatura della deliberazione n. 6/C da parte dell’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente, e si trattasse di mera riproposizione di atto (la delibera n. 39/C revocata e confermata con identico contenuto, quanto alla disposta reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio, dalla delibera n. 6/C del 4 marzo 2008) già bocciato dall’Assessorato Regionale Territorio ed Ambiente.

Chiedevano, quindi, le originarie ricorrenti l’annullamento dei provvedimenti di reiterazione dei vincoli e il risarcimento del danno conseguente all’illegittima compressione del diritto di proprietà.

In particolare, parte ricorrente nell’impugnare, con il ricorso introduttivo, il P.R.G. del Comune di Messina laddove i terreni di proprietà venivano inseriti nel piano di risanamento ambito A "Annunziata", limitatamente alla zona destinata a parco pubblico di quartiere, deduceva – oltre l’illegittimità della destinazione a carattere espropriativo non congrua con lo stato dei luoghi e le conseguenti censure in punto di omessa motivazione e omessa previsione dell’indennizzo – anche la complessiva illegittimità del comportamento del Comune che, attraverso il meccanismo delle prescrizioni esecutive delineate dall’art. 2 della L.R. n. 71/1978, avrebbe sostanzialmente riadottato il medesimo piano di risanamento parzialmente bocciato dall’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente con D.A. del 17 marzo 2008. Con i ricorsi per motivi aggiunti, assumendo il carattere espropriativo dei vincoli impressi dalle predette destinazioni, le ricorrenti impugnavano, altresì, gli atti di adozione della variante parziale, deducendo la mancanza di motivazione per la reiterazione dei vincoli, la mancanza di previsione dell’indennizzo e la violazione di regole procedimentali concernenti il procedimento di adozione della variante.

Il Comune di Messina controdeduceva ai ricorsi in prime cure, eccependo la carenza d’interesse in ordine ai ricorsi per motivi aggiunti, dato che i provvedimenti impugnati costituivano la prima fase di una procedura complessa che si sarebbe perfezionata con l’atto di approvazione regionale, nel merito, invece, sostenendo la legittimità dei provvedimenti di reiterazione "in blocco" di tutti i vincoli decaduti e richiamando i principi contenuti nella pronunzia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7/2007.

3. Con la sentenza impugnata, il T.A.R. adito, effettuata una puntuale ricostruzione dei fatti e della normativa applicabile in tema di piani particolareggiati di risanamento, ed esclusa la fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, riconosceva che, nel caso specifico, la predetta destinazione integrava i caratteri di un vincolo espropriativo, in ragione del suo inserimento all’interno di un piano di risanamento, finanziato con risorse pubbliche e la cui realizzazione era, quindi, affidata all’iniziativa comunale. Esso, comunque, risultava adeguatamente motivato dalle finalità di risanamento delle aree degradate della città perseguite dal legislatore regionale non solo attraverso la realizzazione di alloggi, ma anche attraverso la realizzazione di attrezzature collettive, fondamentali per la riqualificazione urbanistica dell’area. La censura di difetto motivazione veniva, dunque, ritenuta infondata.

Analoga sorte spettava alla denunciata illegittimità dell’atto impugnato per mancata previsione dell’indennizzo, atteso che il principio della spettanza di un indennizzo al proprietario nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio – introdotto nell’ordinamento con la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1999 – non rileva per la verifica della legittimità della previsione urbanistica. La giurisprudenza amministrativa, infatti, è concorde nel ritenere che l’omessa previsione dell’indennizzo non inficia la legittimità del provvedimento di reiterazione di un vincolo espropriativo o di inedificabilità scaduto, e ciò sulla base del rilievo che dai principi sul raccordo tra la pianificazione urbanistica e le previsioni del bilancio emerge che in tal caso l’Amministrazione non può impegnare somme di cui non è certa la spettanza in ordine all’an e al quantum, anche perché tale quantificazione richiede complessi accertamenti su elementi di fatto che solo il proprietario può rappresentare al termine del procedimento di pianificazione (fermo restando il diritto ad ottenere, in presenza dei relativi presupposti e dinanzi al giudice fornito in merito di giurisdizione, un’indennità commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto).

Il ricorso introduttivo, in definitiva, veniva respinto.

Relativamente, invece, ai ricorsi per motivi aggiunti, con cui parte ricorrente, ritenendo il carattere espropriativo della predetta destinazione, aveva impugnato i provvedimenti con i quali era stata adottata la variante parziale relativa alla reiterazione dei vincoli del Piano Regolatore Generale della Città di Messina approvato con D.D.R. n. 686/2002, ritenuta preliminarmente l’ammissibilità dell’impugnativa relativamente ad un provvedimento di sola adozione della variante, atto immediatamente lesivo e direttamente impugnabile, ancorché la sua impugnazione costituisca una facoltà e non un onere, il T.A.R., affermata, come accennato, la natura tecnicamente espropriativa del vincolo di cui veniva lamentata l’illegittima reiterazione, li giudicava fondati, nel merito, sotto l’assorbente profilo del vizio di difetto di motivazione della reiterazione dei vincoli.

Richiamando, dunque, la propria giurisprudenza sul punto, il primo Collegio concludeva che, nel caso in esame, relativamente ai terreni come sopra destinati, era illegittima la reiterazione dei vincoli preordinati all’espropriazione in quanto non adeguatamente motivata.

Se dunque il ricorso introduttivo veniva respinto, interveniva l’accoglimento, in parte qua, dei ricorsi per motivi aggiunti, data l’immotivata reiterazione di vincoli a contenuto espropriativo, con l’annullamento degli atti con esso impugnati limitatamente alla parte di interesse, fatti salvi gli ulteriori motivati provvedimenti dell’Amministrazione comunale.

Veniva, invece, rigettata, allo stato, la domanda di risarcimento del danno, non rinvenendosi un profilo di "danno ingiusto".

4. Il Comune appellante, ritenendo l’anzidetta pronunzia del T.A.R. non condivisibile, ha interposto il gravame in trattazione, che affida a due essenziali profili di diritto:

1) la carenza di interesse attuale all’impugnativa in capo alle originarie ricorrenti, atteso che gli atti in origine impugnati costituivano solo la prima fase della procedura complessa destinata a perfezionarsi con l’approvazione da parte della competente Autorità regionale (eccezione preliminare già rigettata dal T.A.R. di Catania);

2) per quanto attiene al merito, la circostanza che il T.A.R. si è erroneamente discostato dagli assunti autorevolmente e recentemente affermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 7/2007), in ordine particolarmente alla necessità di considerare, ai fini dell’individuazione del contenuto dell’onere motivazionale, che trattavasi della prima reiterazione, ed in blocco, dei vincoli espropriativi all’esito della scadenza quinquennale del primo termine di validità, il che comporta che non occorreva diffondersi sull’interesse pubblico a provvedere, già insito nella primaria apposizione del vincolo.

Il Comune ha dunque concluso per l’accoglimento dell’appello principale e, per l’effetto, per il conseguente rigetto totale dei ricorsi di primo grado.

5. Due delle originarie ricorrenti si sono costituite in giudizio e, con apposito atto di controricorso, hanno puntualmente controdedotto sulle censure proposte in appello, non mancando, preliminarmente, di eccepire l’inammissibilità dell’appello stesso per carenza di interesse, ed in ogni caso riproponendo espressamente tutti i motivi e le censure ritenuti assorbiti o comunque non esaminati in primo grado.

6. Il competente Assessorato regionale si è costituito ed ha chiesto l’estromissione dal giudizio per estraneità rispetto al rapporto controverso.

7. Orbene, premesso che in ordine all’ultima richiesta formulata dalla Regione non può pronunziarsi assenso alla luce della circostanza che gli assorbenti profili procedurali e di rito alla base della presente decisione coinvolgono necessariamente l’Amministrazione regionale stessa, va rilevata, in sede preliminare, la giuridica consistenza dell’eccezione di inammissibilità dell’appello per carenza di interesse, formulata dalle appellate.

Non può, infatti, pretermettersi che il competente Assessorato regionale, con provvedimento n. 74449 del 1 ottobre 2008 (emesso sulla base del voto del CRU n. 79 del 17 settembre 2008, che tra l’altro ha evidenziato che i vincoli preordinati all’esproprio sono stati reiterati dopo la loro decadenza e "senza alcuna reale motivazione in ordine ad uno specifico interesse pubblico concreto ed attuale"), si è definitivamente espresso in senso negativo, per assenza dei presupposti di legge occorrenti alla sua adozione, in ordine alla reiterazione dei vincoli, adottata dal Comune con la citata deliberazione di variante parziale n. 6/C del 4 marzo 2008, già riproduttiva del contenuto della precedente deliberazione 39/C del 17 ottobre 2007, ed ancora riproposta il 29 ottobre 2008, successivamente al parere negativo regionale, ma con deliberazione sul punto meramente confermativa (n. 46/C), e quindi non idonea a produrre effetti propri sul piano sostanziale.

La mancata impugnativa della bocciatura della reiterazione dei vincoli da parte dell’Amministrazione regionale competente all’approvazione della variante, bocciatura ormai consolidatasi e che di certo non può dirsi superata da una mera riproposizione confermativa, fa si che, obiettivamente, il Comune di Messina non sia titolare di interesse ad appellare la contestata sentenza di parziale annullamento, per difetto motivazionale, delle delibere di reiterazione dei vincoli medesimi.

A fronte, infatti, dell’avvenuto consolidamento della bocciatura regionale in fase di approvazione della reiterazione dei vincoli, non si intravvede alcun interesse concreto dell’Amministrazione comunale a coltivare l’appello per sovvertire la pronunzia di parziale accoglimento formulata dai Giudici di prime cure.

In definitiva, l’appello deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

8. Le spese del grado seguono la declaratoria di inammissibilità dell’appello.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile l’appello.

Condanna l’Amministrazione appellante al pagamento delle spese del grado in favore della parte privata appellata, che liquida in Euro 2.000,00 (duemila/00). Compensa per il resto. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 2 febbraio 2011, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Gerardo Mastrandrea, estensore, Gabriele Carlotti, Giuseppe Mineo, Alessandro Corbino, componenti.

Depositata in Segreteria il 25 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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