Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 24-01-2011) 29-03-2011, n. 13057 Danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Vallo della Lucania confermava la sentenza del 22.11.2007, con la quale il Giudice di pace di quella stessa città aveva assolto C.L. e Co.Ge. dai reati di ingiuria loro rispettivamente ascritti; mentre aveva dichiarato la C. colpevole del reato di minacce a lei specificamente contestato e, per l’effetto, l’aveva condannava alla pena di giustizia nonchè al risarcimento dei danni in favore della Co., costituitasi parte civile, liquidati in Euro 350,00.

Avverso la sentenza anzidetta la C., personalmente, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione parte ricorrente deduce contraddittorietà, illogicità ed erroneità della motivazione, lamentando la valutazione delle risultanze processuali, segnatamente delle dichiarazioni della persona offesa e delle raccolte testimonianze. Lamenta, inoltre, l’insussistenza della contestata aggravante, posto che non si sarebbe potuto ritenere che la Co. fosse nell’esercizio delle sue funzioni; l’insussistenza della riconosciuta esimente della reciprocità, in quante non vi era stata alcuna ingiuria da parte della ricorrente, in subordine, la non configurabilità dello ius corrigendi.

Si duole, inoltre, che la Co. fosse stata sentita come semplice testimone e non già come imputata nei confronti dell’istante, sicchè avrebbe dovuto essere escussa come testimone assistita, ai sensi dell’art. 210 c.p.p., comma 6. Non era stato, poi, considerato l’alibi falso fornito dalla Co..

2. – Nella griglia delle censure di parte ricorrente rilievo certamente pregiudiziale assume l’eccezione di inutilizzabilità della testimonianza resa dalla persona offesa, in quanto non raccolta nelle forme di legge, sul riflesso che, essendo imputata di reato connesso o probatoriamente collegato in danno della stessa C., avrebbe dovuto essere esaminata con il rispetto delle formalità prescritte dalla legge per l’escussione della testimonianza ed. assistita di cui all’art. 210 c.p.p., comma 6. Ogni dubbio che si era prospettato nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità in merito alla necessità del rispetto delle forme anzidette nei casi come quello di specie deve ritenersi superato alla luce della sentenza delle Sezioni Unite 17.12.2009, n. 12067, rv. 246375, che ha affermato il principio di diritto secondo cui il soggetto che riveste la qualità di imputato in procedimento connesso ai sensi dell’art. 12 c.p.p., comma 1, lett. c) o collegato probatoriamente, anche se persona offesa dal reato, deve essere assunto nel procedimento relativo al reato connesso o collegato con le forme previste perla testimonianza cosiddetta "assistita".

L’inosservanza delle forme anzidette è causa di inutilizzabilità della testimonianza escussa e comporta annullamento della sentenza impugnata, la cui struttura argomentativa trova proprio nelle dichiarazioni della Co. il momento di centralità. 3. – Per quanto procede, non resta che provvedere come da dispositivo.
P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Vallo della Lucania.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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