Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-01-2011) 29-03-2011, n. 13052

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

G. per 2^ e 3^ – Impellizzeri A. per il 1^ e 3^.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.G., S.G. e S.A. sono stati condannati alle pene di giustizia con rito abbreviato dal gip del Tribunale di Palermo per riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante L. n. 203 del 1991, ex art. 7. La Corte di appello pronunciava l’assoluzione da alcuni capi di imputazione, dichiarava ndp per prescrizione per altri e qualificava come reato di cui all’art. 648 ter c.p. l’addebito sub 7a). Confermava la responsabilità per i capi 7a e 7c in ordine ai fatti commessi dopo l’entrata in vigore della L. n. 328 del 1993 e per il capo 7b in ordine a quelli commessi dopo il 7.8.92, rideterminando la pena.

Ricorrono gli imputati, tramite i difensori, reiterando in primo luogo l’eccezione in rito secondo la quale il giudizio di impugnazione sarebbe affetto da nullità, poichè dopo l’ammissione del rito speciale il gup ha accolto la richiesta di sequestro preventivo del P.M. ed ha acquisito al fascicolo per il dibattimento una serie di atti inesistenti nel fascicolo del p.m. stesso (dichiarazioni dei collaboranti P. e Si., interrogazioni all’anagrafe tributaria, informativa D.I.A. del 27.3.07, perizia contabile collegiale espletata in sede di prevenzione).

1) Per M. si deduce violazione di legge e vizio di motivazione: del tutto inattendibile è il P., personalità megalomane e mendace. Mancano riscontri circa l’impiego di somme di denaro nell’Immobiliare La Pineta. L’imputato era detenuto da un anno circa quando entrò in vigore l’art. 648 ter c.p., mentre era passato poco meno di un mese dall’entrata in vigore della norma incriminatrice del fraudolento trasferimento di valori, quando fu arrestato a (OMISSIS).

Generiche sono le contestazioni di cui ai capi 7a e 7b; l’estraneità del prevenuto al reato presupposto avrebbe dovuto essere dimostrata, stante la clausola di sussidiarietà che assiste le fattispecie di cui agli artt. 648, 648 bis e ter c.p..

E’ stato violato l’art. 521 c.p.p., poichè col capo 7b si contesta il delitto di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12 quinquies, mentre nella sentenza non si fa cenno alcuno alle modalità della condotta.

2) Per S.A. si formulano censure circa le propalazioni di P., non suffragate da Si. e V., che sono comunque precedenti l’entrata in vigore dell’art. 648 ter c.p..

L’imputato è estraneo alla lottizzazione di Bagheria.

Indebitamente è stata valorizzata la procura institoria rilasciata dal fratello G., che non ha mai avuto partecipazioni della Pineta s.r.l..

Generica è la contestazione sub 7c: priva di argomentazioni sono l’estraneità al reato presupposto e l’aggravante di mafia.

La statuizione sanzionatoria è viziata, essendo sproporzionata all’entità dei fatti.

Si lamenta la confisca di alcuni cespiti, acquisiti in epoca risalente e comunque non costituenti prodotto, nè profitto del reato.

3) Altro ricorso viene proposto nell’interesse di S.G. e A.. Si sottolinea il mendacio di P. circa l’ubicazione degli uffici dei prevenuti e l’interessamento di costoro alla pratica della lottizzazione quando non era ancora acquisito in proprietà il terreno da edificare.

Ininfluenti, poi, sarebbero le dichiarazioni del V..

Si rimarca il dilemma posto dai periti (contabilizzazione di acquisti non effettuati ovvero pagati con fondi non provenienti dalla gestione) e si lamenta il mancato riscontro a precise doglianze esposte con i motivi di gravame.

Illogica è la sovrapposizione dei due fratelli, poichè A. non detiene partecipazione alcuna nella Pineta s.r.l., onde non avrebbe potuto (Ndr: testo originale non comprensibile) nel proprio interesse.

In ordine alla confisca si assume l’inconferenza delle argomentazioni spese dalla Corte di merito circa la doglianza esposta con l’appello e riferita ad alcuni cespiti oggetto della misura di sicurezza, benchè acquistati in epoca precedente le contestazioni. L’elemento sproporzione fra i redditi ed il valore dei beni esige un accertamento che è stato svolto dai periti solo per gli anni di gran lunga successivi.

Si lamenta, infine, violazione di legge, in riferimento all’elusione della clausola di esclusione contenuta nell’art. 648 ter c.p., essendo pacifico che la condanna per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. si pone come antecedente logico dell’intraneità del G. al sodalizio e, dunque, della provenienza delittuosa delle sue possidenze.

4) S.P., sorella dei prevenuti, già terza interessata nel procedimento ablativo di un terreno sito in contrada Valguernera di Baghiria, insta affinchè questa Corte dichiari che detto fondo non è sottoposto a sequestro, nè a confisca e che nulla osta alla restituzione dello stesso, dando disposizioni in tal senso gli organi competenti.

L’eccezione in rito formulata dai ricorrenti è fondata.

La corte palermitana la disattende (sotto l’esatto profilo della inutilizzabilità degli atti acquisiti e non della nullità del giudizio di impugnazione), assumendo:

a) che le cd. nuove dichiarazioni di P. e Si. nulla "di probatoriamente nuovo hanno introdotto nel giudizio, atteso che, a ben considerare, nei precedenti interrogatori e negli esami resi da entrambi in precedenza e ritualmente versati in atti, gli stessi avevano già espressamente riferito i medesimi fatti, negli stessi termini poi "riprodotti nelle dichiarazioni 8.4.04 e 22.3.02, allegate dal p.m. alla richiesta di sequestro preventivo avanzata al gup il 26.04.07";

b) che l’acquisizione della perizia contabile espletata in sede di prevenzione è stata effettuata dal gup del tribunale di Palermo ai sensi dell’art. 441 c.p.p.;

c) che l’ulteriore documentazione (informativa DIA, interrogazioni all’anagrafe tributaria, bilanci e scritture contabili di varie società, fra cui l’Immobiliare la Pineta) "era in parte già esistente agli atti, in quanto trasmessa dalla Procura della Repubblica di Caltanissetta a seguito della declaratoria di incompetenza territoriale emessa dal gip di quel Tribunale".

Orbene, il riscontro dato all’eccezione sollevata dai difensori non può dirsi esaustiva ed appagante in ordine ai punti b) e c).

Non v’è dubbio che l’art. 441 c.p.p., comma 4 attribuisce al giudice che non ritenga di poter decidere allo stato degli atti, di assumere anche d’ufficio gli elementi necessari ai fini della decisione, prescindendo dalla iniziativa dell’imputato, nel caso ravvisi un’assoluta esigenza probatoria (sez. 1^, 14.7.04, n. 32099).

Non può, però, negarsi all’imputato il diritto alla controprova nell’ipotesi in cui il giudice assuma d’ufficio nuovi elementi necessari ai fini della decisione (La Corte ha precisato che tale diritto non comprende quello all’escussione orale di una prova già documentata, attese le ragioni di economia processuale proprie del rito speciale e la rinuncia alla formazione della prova da parte dell’imputato (sez. 5^, 8.2.05, n. 11954 rv 231714).

Nel caso in esame non pare sia stato rispettato il diritto di difesa, nell’ambito del contraddittorio dovuto, in seguito alla acquisizione della perizia contabile ai sensi dell’art. 441 c.p.p., comma 4.

Nè è stato compiuto il rigoroso vaglio della cd. prova di resistenza, in riferimento all’incidenza che hanno esercitato sulla decisione assunta e qui impugnata gli atti di cui si contesta l’utilizzabilità in ragione del mancato rispetto del diritto di difesa.

E’ noto che la sentenza impugnata, pur se formalmente viziata da inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità in tanto va annullata, in quanto si accerti che la prova illegittimamente acquisita ha avuto una determinante efficacia dimostrativa nel ragionamento giudiziale, un peso reale sul convincimento e sul "dictum" del giudice di merito.

(S.U. 21.6.2000, n. 16, Tammaro).

La Corte di merito non ha dato compiuta e puntuale risposta allorquando in maniera onnicomprensiva ha affermato che "tale documentazioni era in parte già esistente agli atti" (v. pag. 22 sent. imp.), senza le necessarie specificazioni che fugassero ogni dubbio di sorta, con la recidiva valutazione della non decisività degli atti illegittimamente acquisiti e pertanto non utilizzabili ai fini della decisione.

La suddetta prova di resistenza non può essere effettuata da questa Corte (che pur vi sarebbe legittimata, per costante giurisprudenza di legittimità) non disponendo degli atti processuali all’uopo necessari.

La sentenza impugnata va annullata, pertanto, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo, per nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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