Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 14-01-2011) 29-03-2011, n. 12776 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il GIP presso il Tribunale di Milano, con ordinanza del 6 luglio 2010, ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di M.R. perchè indagato per il reato di cui all’art. 81 cpv. c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 6, e succ. mod. e D.L. n. 512 del 1991, art. 7. Il Tribunale per il riesame di Milano, con ordinanza del 30.07.2010 ha respinto il reclamo proposto dall’indagato e ha confermato il provvedimento impugnato.

Avverso tale decisione, ricorre per cassazione il difensore, deducendo:

a) Violazione ed erronea applicazione di legge e mancanza di motivazione circa i ritenuti gravi indizi di colpevolezza ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Il ricorrente censura la decisione impugnata per omessa ed illogica motivazione, avendo ricavato i gravi indizi da un castello accusatorio in realtà inconsistente, per altro, senza valutare gli elementi di segno contrario offerti dalla difesa;

in particolare il coinvolgimento del M.R. era frutto di supposizioni, fondate sulla frequentazione di altri soggetti dediti peraltro al consumo personale di sostanze stupefacenti; in ogni caso si sarebbe dovuto configurare nei suoi confronti il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, con la possibilità di concessione della sospensione condizionale della pena. b) Violazione ed erronea applicazione di legge e mancanza di motivazione circa la sussistenza dell’aggravante D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7.

Il ricorrente lamenta che l’aggravante è stata contestata senza dimostrare che la condotta sia stata determinata, sotto il profilo soggettivo, dalla precisa volontà di facilitare con il delitto posto in essere l’attività di un gruppo di tipo mafioso, stante, eventualmente, l’esclusivo interesse personale alla cessione di modiche quantità di sostanze stupefacenti. c) Violazione ed erronea applicazione di legge e mancanza di motivazione circa le ritenute esigenze cautelari.

Secondo il ricorrente l’ordinanza è illogica, per avere ritenuto le esigenze cautelari con motivazione apodittica, priva del vaglio della effettività e senza considerare l’assenza di pericolo di inquinamento probatorio, la mancanza di pericolo di fuga, essendo un soggetto con regolare nucleo familiare e attività lavorativa, l’assenza del pericolo di reiterazione del reato; ha concluso pertanto chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati.

Le doglianze mosse dal ricorrente non tengono conto del fatto che il provvedimento impugnato, contiene una serie di valutazioni ancorate a precisi dati fattuali ed appaiono immuni da vizi logici o giuridici.

Osserva la Corte che, in tema di misure cautelari personali, il controllo di legittimità è circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità:

1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato;

2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti "prima facie" dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento, (vedi Cass., sez. 4^, 06.07.2007 n. 37878).

Invero, quanto al primo motivo, il Tribunale, ha ampiamente, congruamente e logicamente motivato in ordine alle ragioni, in punto di fatto, per le quali ha ritenuto raggiunti i gravi indizi di colpevolezza, osservando per incidens che dagli elementi raccolti nel corso delle indagini era emersa la "riproduzione" in Lombardia della struttura criminale calabrese, denominata "ndrangheta", organizzata con varie "locali" in Milano e province limitrofe; che a tali conclusioni si era pervenuti sulla scorta di articolate indagini, effettuate dall’Arma dei Carabinieri, mediante attività di osservazione ed intercettazione; il Tribunale enumera la serie di osservazioni ed accertamenti relativi all’evoluzione della ‘ndrangheta" in Lombardia, con il succedersi dei vari responsabili, culminate, in epoca recente, con la registrazione della riunione del 20.01.2009, tenuta presso il ristorante della pista di motocross di Cardano al Campo, gestita da P.G., nonchè con la registrazione della riunione del 31.10.2009, di P.D.;

che dalle predette indagini, e segnatamente dalle intercettazioni anche ambientali, erano scaturiti imponenti sequestri di armi e materie esplodenti, dimostrativi della disponibilità di armi da parte dell’organizzazione; che tali elementi erano indicativi delle modalità mafiose dell’organizzazione, ancorchè non sfociate in condotte eclatanti; al riguardo il Tribunale sottolinea che l’associazione per delinquere è reato di mera condotta e di pericolo presunto; in particolare la Locale di Erba aveva avuto fondazione recente ed era "certificata" a far tempo dal maggio 2008, con a capo V.P.; il Tribunale motiva riguardo sia alla ricorrenza dell’aggravante D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7, sottolineando che, in base al contenuto delle intercettazioni ambientali realizzate all’interno del maneggio di Erba, del 9 dicembre 2009, (v. motivazione sub) capo 135) il colloquio tra il V.P., il M.R., C.E. e P.A., dimostra come il M. fosse pienamente inserito nel contesto dedito alla smercio di sostanze stupefacenti gestito dal gruppo V., circostanza ribadita dal contenuto delle successive telefonate del 10, 13, 15 dicembre 2009, in cui, anche in presenza di situazioni con difficoltà di gestione della situazione, essendo stata contestata la qualità della merce venduta, vengono adottate anche cautele nei comportamenti e nel linguaggio tipiche di chi appartiene ad un contesto criminale. Queste valutazioni sono corroborate dalla presenza di foto che testimoniano gli incontri tra i correi e lo scambio di merce, verosimilmente sostanza stupefacente.

Analoghe considerazioni possono essere fatte per l’altro episodio contestato sub) capo 136 relativo a sostanza stupefacente custodita dallo stesso M. presso la propria abitazione e presso il maneggio di Erba. Le motivazioni relative agli episodi sopra richiamati correttamente devono essere ritenute idonee a dimostrare il collegamento "qualificato" del prevenuto con l’organizzazione mafiosa; i gravi indizi emersi dall’esame del contenuto delle intercettazioni sono indicativi della sussistenza dell’aggravante D.L. n. 152 del 1991, ex art. 7 in quanto riguardanti attività manifestamente orientate a favorire altri associati del gruppo mafioso e, più in generale, l’intera vita del sodalizio criminale, anche nei passaggi più delicati e cruciali del traffico della cocaina (Cass., sez. 6, 16 maggio 2007, n. 23153).

Il Tribunale compie così una valutazione di puro fatto, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi, che appare congruamente motivata, con richiami a specifici rilievi fattuali, priva di illogicità evidenti.

Peraltro il requisito della gravita degli indizi di colpevolezza non può essere ritenuto insussistente sulla base di una valutazione separata dei vari dati probatori, dovendosi invece verificare se gli stessi, coordinati e apprezzati globalmente secondo logica comune, assumano la valenza richiesta dall’art. 273 c.p.p..

Ciò in considerazione della natura stessa degli indizi, quali circostanze collegate o collegabili a un determinato fatto che non rivelano, se esaminate singolarmente, un’apprezzabile inerenza al fatto da provare, essendo ciascuno suscettibile di spiegazioni alternative, ma che si dimostrano idonee a dimostrare il fatto se coordinate organicamente. (Cassazione penale, sez. 4^, 4 marzo 2008, n. 15198) Del pari infondati sono i motivi con i quali il ricorrente propone una valutazione alternativa delle prove, atteso che in tema di misure cautelari personali, la valutazione del peso probatorio degli indizi è compito riservato al giudice di merito e, in sede di legittimità, tale valutazione può essere contestata unicamente sotto il profilo della sussistenza, adeguatezza, completezza e logicità della motivazione, mentre sono inammissibili, viceversa, le censure che, pure investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze già esaminate dal giudice di merito (Cass., sez. 4^, 6 luglio 2007, n. 37878).

Per la sussistenza del vizio di "manifesta illogicità" della motivazione si deve dimostrare che l’iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico. Ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, non rileva la circostanza che gli atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, ancorchè munite, in tesi, di eguale crisma di logicità, anche perchè l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella "evidente", cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi" senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. (Cass., sez. 4^ 12 giugno 2008, n. 35318).

Tali principi inducono a ritenere infondati anche i motivi relativi alla ricorrenza delle esigenze cautelari, atteso che sul punto il Tribunale ha richiamato la presunzione legale di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere, prevista dall’art. 275 c.p.p., comma 3 e, contrariamente alle censure mosse dal ricorrente, ha altresì valutato gli elementi acquisiti, quali la rilevante partecipazione ad attività criminose del sodalizio per evidenziare l’assenza di elementi utili a contrastare la presunzione legale sopra citata, non essendo sufficienti i semplici dati dell’incensuratezza e dell’attività lavorativa.

Alla luce di tali considerazioni deve rigettarsi il ricorso e l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

Manda alla cancelleria perchè provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p. m comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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