Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 25-03-2011, n. 257 Silenzio-assenso della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Giunge in decisione l’appello interposto dall’Impresa Papino Elettrodomestici s.r.l., d’ora in poi solo "Papino", avverso la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sede di Palermo, ha respinto l’impugnativa promossa dall’odierna appellante, contro:

– la determinazione dello Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) del Comune di Marsala, n. 44796 del 16 settembre 2009, con la quale è stato comunicato il mancato accoglimento dell’istanza di autorizzazione all’apertura di una grande struttura di vendita;

– la determinazione del SUAP, n. 56273 del 17 novembre 2009, con cui la Papino è stata diffidata dall’iniziare l’attività di commercio all’interno di una grande struttura di vendita.

Si è costituito, per resistere all’impugnazione, il Comune di Marsala.

All’udienza pubblica del 15 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. – Occorre premettere in punto di fatto che la Papino richiese al Comune di Marsala, con istanza del 12 agosto 2008, il rilascio di un’autorizzazione commerciale all’apertura di una grande struttura di vendita, per il settore non alimentare.

Fu convocata, dal SUAP, la conferenza di servizi ai sensi dell’art. 9, comma 3, della L. n. 28 del 1999, ma essa non adottò alcuna determinazione entro il termine di novanta giorni dalla convocazione.

Con successiva nota del 16 settembre 2009 (impugnata in primo grado) il Comune di Marsala comunicò alla Papino il mancato accoglimento dell’istanza di autorizzazione.

Nonostante ciò, la società appellante comunicò, a sua volta, al Comune, che, decorsi trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione di inizio attività, avrebbe iniziato l’attività commerciale, in applicazione dell’art. 19 della L. n. 241 del 1990. La Papino sostenne infatti di aver ottenuto la relativa autorizzazione commerciale, in quanto assentita per silentium (stante l’inutile decorso del termine legale), e che, ai fini della formazione della fattispecie silenziosa, nessun rilievo rivestisse la circostanza che il Comune di Marsala fosse privo della programmazione urbanistico-commerciale di cui all’art. 5, comma 5, della citata L. n. 28 del 1999.

3. – Il T.A.R. ha respinto l’impugnativa della Papino sulla scorta delle seguenti argomentazioni:

– la L. 22 dicembre 1999, n. 28 ("Riforma della disciplina del commercio"), emanata nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva prevista dall’art. 14, lettera d), dello Statuto regionale, ha dettato, tra l’altro, una serie di disposizioni finalizzate, per un verso, a garantire la programmazione della rete distributiva e, per altro verso, a coordinare le diverse tipologie di strutture di vendita con la programmazione urbanistica (v. l’art. 5 della legge summenzionata);

– in particolare, in base all’art. 9 della menzionata L. n. 28/99, "l’apertura, il trasferimento di sede e l’ampliamento della superficie di una grande struttura di vendita sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal comune competente per territorio nel rispetto della programmazione urbanistico-commerciale di cui all’articolo 5 ed in conformità alle determinazioni adottate dalla conferenza di servizi di cui al comma 3";

– la disciplina legislativa regionale ha quindi posto a carico delle amministrazioni comunali l’obbligo di predisporre e di adottare un’apposita programmazione urbanistico-commerciale, così postulando un’imprescindibile esigenza di armonizzazione tra l’assetto urbanistico e le esigenze del settore del commercio, secondo una procedura di adozione e di approvazione degli strumenti di pianificazione, che prevede anche la possibilità di un intervento sostitutivo, in caso di inerzia da parte del comune, dell’Assessorato regionale della cooperazione, del commercio, dell’artigianato e della pesca (ora, Assessorato regionale delle attività produttive e, nel prosieguo "Assessorato");

– non è applicabile alla fattispecie l’art. 20 della L. n. 241/1990, in quanto il decorso del tempo costituisce solo uno degli elementi costitutivi della fattispecie silenziosa, dovendo comunque sussistere, ai fini del perfezionamento dell’effetto autorizzativo automatico, oltre all’inerzia dell’amministrazione, anche tutti i presupposti previsti dalla legge per l’adozione dell’ipotetico provvedimento espresso;

– nella specie, però, non si è formato alcun valido silenzio assenso a causa della mancata predisposizione, da parte del Comune, dello specifico strumento di programmazione settoriale previsto dall’art. 5 della L. n. 28/1999, che costituisce, per l’appunto, uno degli indefettibili presupposti per il rilascio dell’autorizzazione all’apertura di grandi strutture di vendita (a tal proposito è stata richiamata anche la giurisprudenza di questo Consiglio: C.G.A., 2 marzo 2007, n. 102);

– la necessità della programmazione urbanistico-commerciale è confermata dalla circostanza che l’omesso svolgimento di detta attività di pianificazione, ancorata a tempi certi e prestabiliti (180 giorni, ex art. 5, comma 5, della L. n. 28/1999), risulta sanzionato in via endoprocedimentale dall’attivazione dei citati poteri regionali sostitutivi a norma dell’art. 5, comma 6;

– il caso della Papino non rientra poi nel novero delle ipotesi, prese in esame dalla circolare dell’Assessorato n. 4 del 23 ottobre 2008, con la quale sono state fatte salve unicamente le istanze in relazione alle quali i consigli comunali avessero già deliberato, alla data di pubblicazione della circolare (31 ottobre 2008), le relative varianti urbanistiche;

– del pari non rileva l’avvenuta comunicazione di inizio attività inoltrata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 19 della L. n. 241 del 1990, giacché, in materia di autorizzazione all’apertura di grandi strutture di vendita, non può trovare applicazione l’istituto della denuncia di inizio attività, la cui operatività è esclusa in presenza di "specifici strumenti di programmazione settoriale", ossia, nel caso di specie, la pianificazione urbanistico-commerciale di competenza comunale.

4. – Il Collegio ritiene che la sentenza impugnata non presenti i vizi denunciati con l’appello e che, anzi, le riferite statuizioni del T.A.R. per la Sicilia siano corrette e pienamente condivisibili. La Papino ha difatti riproposto in secondo grado, sia pure sotto forma di critica alla sentenza impugnata, le medesime difese spiegate avanti al T.A.R. e ha sostenuto che:

a) l’intervenuto, inutile decorso del termine di 180 giorni, previsto dall’art. 5, comma 5, della L. n. 28/2009 per l’adozione, da parte dei comuni, degli strumenti di programmazione commerciale e per il conseguente adeguamento della pianificazione urbanistica, non può vanificare sine die la pretesa delle imprese interessate a ottenere un’autorizzazione all’apertura di una grande struttura di vendita;

b) la predetta disposizione non impedisce il formarsi del titolo abilitativo per silenzio assenso, essendo quest’ultimo un modulo generale di conclusione del procedimento;

c) comunque alla fattispecie era applicabile l’art. 19 della L. n. 241/1990;

d) ai sensi della richiamata circolare n. 4/2008 l’Assessorato ha ritenuto assentibili le istanze per le quali, alla data del 31 ottobre 2008, fossero state deliberate, dai Consigli comunali, le relative varianti urbanistiche e, dunque, a fortiori il Comune di Marsala avrebbe dovuto assentire l’istanza dell’appellante, poiché fondata su una concessione edilizia rilasciata per la destinazione d’uso dell’immobile in discorso ad attività commerciale.

5. – Tutte le riferite doglianze sono manifestamente infondate. Ed invero:

a) È incontrovertibile che la Regione Siciliana, nell’esercizio di una potestà legislativa esclusiva, abbia subordinato, a norma del sunnominato art. 9 della L. n. 28/99, l’apertura di una grande struttura di vendita al rilascio di un’autorizzazione comunale conforme alle determinazioni adottate da una conferenza di servizi appositamente convocata; siffatta autorizzazione presuppone tuttavia l’intervenuta approvazione della programmazione urbanistico-commerciale di cui all’art. 5 della stessa legge, il cui comma 5 dispone: "(i) comuni sono tenuti ad adeguare gli strumenti urbanistici generali ed attuativi, approvati a mezzo di apposite varianti da adottare e trasmettere entro il termine di 180 giorni dalla pubblicazione delle direttive di cui al comma 1, all’Assessore regionale per il territorio e l’ambiente, il quale decide, anche prescindendo dal parere del Consiglio regionale dell’urbanistica, nel termine di 45 giorni dalla ricezione degli atti, decorso il quale, in caso di silenzio, le varianti si intendono approvate". Orbene, la circostanza che molti comuni isolani, e tra questi quello di Marsala, non abbiano adottato, entro il termine di 180 giorni dalla pubblicazione delle direttive dell’Assessorato (ossia al D.P. 11 luglio 2000, recante direttive ed indirizzi di programmazione commerciale e criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, pubblicato sulla G.U.R.S. del 28 luglio 2000, n. 35), le relative varianti urbanistiche di adeguamento non ha certamente determinato il superamento del predetto requisito della necessaria conformità dell’autorizzazione alla programmazione urbanistico-commerciale né ha comportato l’impasse procedurale denunciata dalla Papino. Gli ordinamenti, regionale e nazionale, offrono infatti idonei strumenti agli interessati per superare l’eventuale arresto procedimentale e, rispettivamente, l’eccitazione dei poteri sostitutivi dell’Assessorato sopra richiamati oppure l’esercizio dell’azione contro il silenzio inadempimento, nell’ipotesi di vane sollecitazioni delle amministrazioni comunali.

b) L’istituto del silenzio assenso è stato erroneamente invocato nella fattispecie: esso infatti è uno strumento di semplificazione e, dunque, attraverso di esso non può conseguirsi un risultato che, in ipotesi, non potrebbe essere ottenuto attraverso l’adozione di un provvedimento espresso.

c) Nemmeno residuavano spazi per l’applicazione dell’art. 19 della L. n. 241/1990, posto che la d.i.a., notoriamente, non trovava spazi applicativi allorquando, ai fini del rilascio dell’atto sostituito, fosse stata prevista l’adozione di specifici strumenti di programmazione settoriale.

d) Le circolari non vincolano gli organi delle stesse amministrazioni che le abbiano diramate (i quali possono, se del caso, motivatamente disattenderle) e tanto meno un’amministrazione territoriale può, con mera circolare, imporre alcunché ad altri enti territoriali (nella specie i Comuni) provvisti di autonomia e di pari dignità costituzionale; a maggior ragione per l’autorità giurisdizionale, soggetta soltanto alla "legge", le circolari sono del tutto ininfluenti ai fini del decidere in base a diritto (a meno che il giudicante, nell’esercizio della sua indipendente potestas iudicandi, non ritenga di condividerne il contenuto e, quindi, l’interpretazione da esse veicolata). Ma, anche a prescindere da tali considerazioni di carattere generale, va osservato che la Papino ha male interpretato il tenore della citata circolare n. 4/2008, laddove è stabilito che: "(s)ono fatte salve esclusivamente le istanze per le quali i competenti consigli comunali abbiano già deliberato, alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana della presente circolare, le relative varianti urbanistiche". Evidentemente la circolare in parte qua richiama le varianti urbanistiche (semplificate) previste dallo stesso art. 5, comma 5, sunnominato. Non possono essere assentite dunque le istanze di autorizzazione, come quella della società appellante, che poggino unicamente su un titolo edilizio (id est una concessione) e non anche su una conforme disposizione urbanistica (e sulla distinzione tra i due piani, edilizio e urbanistico, non è necessario dilungarsi).

6. – Al lume delle precedenti considerazioni, il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluente e irrilevante ai fini della presente sentenza.

7. – L’appello, pertanto, merita integrale rigetto e il regolamento delle spese processuali del grado, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Condanna la società appellante alla rifusione, in favore del Comune di Marsala, delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.000,00 (quattromila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 15 dicembre 2010, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Filoreto D’Agostino, Gabriele Carlotti, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 25 marzo 2011.

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