Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 25-03-2011, n. 256 Edilizia ed urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Le cooperative edilizie indicate nell’epigrafe impugnano la sentenza, di estremi sopra specificati, con la quale il T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, ha respinto il ricorso, promosso in primo grado dalle odierne appellanti, onde ottenere l’annullamento:

– della deliberazione del consiglio comunale di Viagrande n. 11 del 23 gennaio 2009;

– del parere reso dalla Commissione edilizia comunale (C.E.C.) di Viagrande nella seduta del 28 giugno 2007, richiamato nella proposta di delibera del 29 dicembre 2008.

2. – Si è costituito, per resistere all’impugnazione, l’Assessorato.

3. – All’udienza pubblica del 15 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. – Occorre premettere in fatto che:

– con la delibera impugnata in prime cure il consiglio comunale di Viagrande respinse la proposta di approvazione, ai sensi dell’art. 25 della L. n. 22/1996, del programma costruttivo, in variante al locale P.R.G., presentato dalle società appellanti in data 29 dicembre 1996, da realizzarsi in un’area ricadente in parte in zona "G1", destinata ad edilizia "turistico-ricettiva" e in parte in zona "F3b", destinata a "verde pubblico di progetto", volto all’edificazione di cinquantasei alloggi;

– la delibera impugnata fu adottata sulla scorta del parere negativo reso dalla C.E.C. nella seduta del 28 giugno 2007, con la seguente motivazione: "in quanto l’art. 25 della L.R. n. 22/1996 prevede la possibilità di insediare programmi costruttivi esclusivamente in zone destinate a verde agricolo. Inoltre, in merito ad una variante sostanziale al vigente P.R.G. gli elaborati presentati non sono sufficienti per una proposta di variante allo stesso strumento urbanistico ai sensi della L.R. n. 71/78 e successive modifiche e integrazioni".

5. – Nella sentenza gravata il Tribunale ha:

– giudicato infondati i primi due motivi di ricorso, con i quali si era lamentata la violazione degli artt. 3 e 10-bis della L. n. 241/1990, nonché, sotto diversi profili, delle norme sulla partecipazione dei privati al procedimento: in particolare, il primo Giudice ha affermato che i vizi procedimentali denunciati non erano invalidanti, posto che la deliberazione impugnata non avrebbe potuto avere un differente contenuto neppure nell’ipotesi in cui le predette cooperative avessero partecipato al procedimento e ciò perché il programma costruttivo in questione ricadeva in una zona del P.R.G. per interventi turistico-ricettivi, la cui destinazione si sarebbe potuta modificare soltanto a mezzo di una variante urbanistica ordinaria, con conseguente preclusione della procedura abbreviata di cui all’art. 25 della L. n. 22/1996;

– osservato che la motivazione del provvedimento risultava validamente contenuta per relationem nel parere reso dalla C.E.C.;

– rilevato, che un’eventuale variante ordinaria al PRG avrebbe richiesto una diversa documentazione della proposta e, comunque, il rispetto di tutti i parametri commisurati alla previsione di crescita demografica dell’intera area comunale da destinare all’edilizia residenziale.

6. – L’appello è affidato ai seguenti mezzi di gravame:

I) erroneamente il Tribunale ha respinto i primi due motivi dell’originario ricorso, in quanto la deliberazione consiliare avversata non aveva contenuto vincolato; non era inoltre possibile, nel caso di specie, motivare l’atto richiamando il parere della C.E.C. (giacché quest’ultimo era stato reso prima dell’insediamento del commissario regionale); nella suddetta motivazione, per di più, non sono stati presi in considerazione i pareri favorevoli della Soprintendenza ai Beni culturali e ambientali di Catania, dell’Ufficiale sanitario e del Genio Civile;

II) conseguentemente il T.A.R. non avrebbe potuto applicare la regola dettata dall’art. 21-octies della L. n. 241/1990;

III) erroneamente si è affermato che l’art. 25 della L. n. 22/1996 consentirebbe di insediare programmi costruttivi esclusivamente in zone agricole: l’uso del verbo "possono" è difatti sintomatico dell’inesistenza di un divieto di utilizzazione a tal fine di aree con destinazione diversa da quella "edilizia economico-popolare"; sicché si sarebbe potuto autorizzare il programma costruttivo in questione, ancorché relativo a un’area con destinazione turistico-ricettiva, stante l’assenza di qualunque aggravio del carico urbanistico;

IV) il Tribunale non ha preso in esame la censura con la quale si era rilevato come la deliberazione impugnata fosse intervenuta oltre il termine di quarantacinque giorni di cui all’art. 2, comma 5, della L. n. 86/1981, con conseguente formazione del silenzio-assenso;

V) il T.A.R. non ha scrutinato la denuncia di eccesso di potere, formulata nel primitivo ricorso, sotto i seguenti profili: sviamento di potere e carenza dei presupposti di fatto; illogicità manifesta; difetto di istruttoria; violazione del principio di legalità e di imparzialità; contraddittorietà della condotta dell’amministrazione.

7. – L’impugnazione è manifestamente infondata.

Premesso che i su riferiti motivi di appello possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro reciproca connessione, va osservato – e si tratta di rilievo dirimente – che il più volte citato art. 25 della L. 6 aprile 1996, n. 22, con il quale è stato sostituito l’art. 2 della L. 6 maggio 1981, n. 86, stabilisce precise e rigorose condizioni per la localizzazione di programmi costruttivi in zone diverse da quelle residenziali di espansione. In particolare, il comma 3 del citato art. 25 prevede: "3. Qualora risultino esaurite od insufficienti le zone residenziali di espansione previste dagli strumenti urbanistici vigenti, limitatamente all’utilizzazione delle risorse finanziarie in qualunque forma destinate entro il 31 dicembre 1996 alla realizzazione di interventi di edilizia sovvenzionata, convenzionata e convenzionata-agevolata, i programmi costruttivi di cui al precedente comma 1 possono interessare zone destinate a verde agricolo contigue ad insediamenti abitativi e suscettibili di immediata urbanizzazione".

All’evidenza la riferita disposizione reca una norma derogatoria e, dunque, al pari di tutte le previsioni di carattere eccezionale, postula un’interpretazione restrittiva. Come ha di recente chiarito questo Consiglio (C.G.A. n. 981/2010), "Il senso complessivo della previsione, …, è che la localizzazione di programmi costruttivi in zona agricola costituisce oggetto di una potestà discrezionale, di carattere eccezionale e sottoposta a stringenti vincoli legali, spettante ai singoli Comuni.

L’eccezionalità della previsione è evidente: le zone destinate a verde agricolo non sono, per la loro natura, idonee ad accogliere insediamenti di e.r.p.: nondimeno il Legislatore regionale ha ammesso una deroga alla pianificazione nel caso, e solo nel caso, in cui i Comuni ritengano che sull’incapienza dei relativi strumenti urbanistici generali prevalga comunque un’esigenza, particolarmente avvertita, di soddisfare i fini sociali che giustificano il ricorso all’edilizia residenziale pubblica".

In questa prospettiva l’uso del verbo "possono" nel corpo del sunnominato comma 3 sottende la natura ampiamente discrezionale dell’eventuale scelta comunale di localizzare dei programmi costruttivi in zone differenti da quelle residenziali di espansione, ma sicuramente ciò non autorizza a ritenere che siffatta opzione implichi il superamento dell’indefettibile presupposto legale dell’ubicazione di detti programmi in zone destinate a verde agricolo.

Nei medesimi sensi si è del resto espresso il T.A.R. nella sentenza impugnata ("Solo eccezionalmente, dunque, e per evitare la dispersione di finanziamenti già destinati entro il 31.12.1996, si consente di localizzare programmi costruttivi in zona "E".

La stretta interpretazione della norma in esame, che va rigorosamente circoscritta al dato letterale, ad avviso del Collegio, discende dal "sistema" delle norme concernenti il potere di programmazione urbanistica, che nel prevedere la pianificazione del territorio diversificando la destinazione delle zone, conferisce al Comune il potere di delineare un progetto coerente di sviluppo del territorio, secondo determinate scelte discrezionali, che non possono essere modificate se non nel rispetto di una complessiva valutazione, che verrebbe altrimenti alterata, se si consentisse surrettiziamente, di volta in volta, attraverso singole scelte (come l’approvazione di un programma costruttivo) di intervenire isolatamente su porzioni del territorio Comunale, senza alcun limite normativo predefinito").

In corretta applicazione dei sopra enunciati principi di diritto al caso di specie, si approda agevolmente alla medesima conclusione rassegnata dal T.A.R., infondatamente contestata in secondo grado dalle appellanti: giammai il Comune di Viagrande avrebbe potuto approvare il programma costruttivo proposto dalle cooperative ricorrenti, ostandovi il difetto del requisito urbanistico, atteso che il progetto in questione contemplava un insediamento insistente in parte in zona "G1", destinata ad edilizia "turistico-ricettiva", e in parte in zona "F3b", relativa al "verde pubblico di progetto".

Rispetto a tale carenza sostanziale dell’istanza formulata dalle appellanti sono recessive tutte le altre argomentazioni sviluppate in prime cure e, ora, nei motivi di impugnazione.

Non rileva infatti il difetto di motivazione (che, peraltro, nemmeno sussiste dato che, seppur succintamente, il Comune ha chiaramente esternato le ragioni del provvedimento negativo) né la sussistenza di altri pareri favorevoli (giacché resi in relazione ad aspetti diversi dal profilo, essenziale, di natura urbanistica) né i presunti vizi di eccesso di potere né, infine, l’invocazione del silenzio-assenso, dal momento che il meccanismo normativo di perfezionamento per silentium della fattispecie autorizzativa di cui al cui comma 5 del predetto art. 25 presuppone, evidentemente, la regolarità sostanziale dell’istanza e, quindi, la presenza di tutti i requisiti di legge, non potendosi conseguire in via silenziosa quel che risulterebbe precluso anche attraverso l’adozione di un provvedimento espresso. Da ciò discende che, al più, la deliberazione impugnata in primo grado potrebbe essere qualificata come atto di autotutela (impropria), ma ciò nondimeno essa risulterebbe comunque esente dai vizi denunciati.

In ultimo, non ha pregio invocare il "dovere di soccorso" da parte del Comune: secondo le appellanti infatti l’amministrazione civica avrebbe dovuto segnalare anticipatamente l’impossibilità di approvare il programma costruttivo a norma del citato art. 25 onde consentire alle cooperative di integrare, opportunamente, la documentazione di supporto.

A tal riguardo la C.E.C. ha rilevato che gli elaborati presentati dalle imprese interessate non costituivano un soddisfacente corredo di una richiesta mirante all’attivazione di una procedura per un’ordinaria variante urbanistica. In sostanza, si è così inteso precisare che la carenza progettuale era tale da esulare dai circoscritti confini dell’ambito della potestà amministrativa di sollecitare l’autocorrezione del richiedente: detto altrimenti, nella fattispecie non si trattava di produrre un documento mancante o di richiedere qualche chiarimento alle istanti, ma si imponeva, per contro, la proposizione di un nuovo e diverso intervento rispetto al quale l’unica via praticabile risulta(va) essere la ripresentazione del progetto (peraltro, sempre possibile) al fine di promuovere l’approvazione di un’ordinaria variante urbanistica.

8. – Al lume delle superiori considerazioni il Collegio ritiene di poter assorbire ogni altro motivo o eccezione, in quanto ininfluenti e irrilevanti ai fini della presente decisione.

9. – Il regolamento delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello.

Condanna le appellanti in solido alla rifusione, nei confronti dell’Assessorato regionale territorio e ambiente, delle spese processuali del secondo grado del giudizio, liquidate in complessivi Euro 4.000,00 (quattromila/00).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 15 dicembre 2010, con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Filoreto D’Agostino, Gabriele Carlotti, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 25 marzo 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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