T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 25-03-2011, n. 1711 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 26 aprile 2010 e depositato il successivo 19 maggio M.G., in qualità di rappresentante legale della ditta individuale M.G.A.C., ha impugnato gli atti in epigrafe indicati.

A sostegno del ricorso ha dedotto in punto di fatto:

1) di avere presentato istanza al Comune di Napoli per la concessione di occupazione permanente di suolo pubblico, in Napoli, alla via Chiaia, in corrispondenza dell’esercizio commerciale del quale è titolare, ai fini del posizionamento di un tabellone mobile, a forma piramidale, finalizzato a fornire l’indicazione dei prezzi dei servizi offerti al pubblico;

2) tale istanza era corredata dall’autorizzazione amministrativa a condurre l’attività di Parrucchiere, dalla documentazione tecnica descrittiva del tabellone e dalle ricevute dei bollettini di versamento alla COSAP;

3) con il provvedimento n. 24 del 05/05/2008 il Dirigente del Comune di Napoli, 1° Municipalità Chiaia – San Ferdinando – Posillipo – aveva concesso, previo parere favorevole n. prot. 1499/5/C1 del 4/04/2008, ai fini della viabilità, della Sesta U.O.P.L., alla ditta del ricorrente la richiesta concessione di occupazione di suolo pubblico, per la durata di cinque anni, a decorrere dal 01/01/2008 al 31/12/2012;

4) la concessione recava l’indicazione in ordine alla possibilità di revoca, modifica o sospensione soltanto in presenza di sopravvenuti motivi di interesse pubblico;

5) ciononostante, in assenza delle condizioni ivi previste ed in assenza altresì delle condizioni di legge per l’esercizio dello ius poenitendi, il Dirigente del Settore Gestione del Territorio e Regolazione delle attività economiche 1° Municipalità Chiaia – San Ferdinando – Posillipo – aveva adottato il provvedimento oggetto di gravame, n. 00796 del 09/02/2010, notificato in data 26/02/2010, con il quale veniva revocata la predetta concessione di occupazione di suolo pubblico.

In tale provvedimento si faceva riferimento anche alla nota n. 473 del 04/02/2010, del pari oggetto di gravame, non comunicata al ricorrente, con cui il Servizio di Polizia Amministrativa aveva reso noto che la superficie pubblicitaria prevista dal Piano Generale degli Impianti Pubblicitari era esaurita.

Nell’atto di revoca si rappresentava inoltre che all’epoca del rilascio della concessione l’istruttoria era stata svolta erroneamente dal Settore Gestione del Territorio e Regolazione delle attività economiche 1° Municipalità Chiaia – San Ferdinando – Posillipo, in quanto l’istallazione di nuovi impianti pubblicitari, di qualsiasi tipo, per la diffusione di messaggi pubblicitari era invece soggetta alla preventiva autorizzazione del Servizio Polizia Amministrativa, ai sensi del Piano generale degli Impianti Pubblicitari. In ogni caso secondo le prescrizioni di tale piano non era consentito il posizionamento su solo pubblico di cavalletti pubblicitari; inoltre unici soggetti legittimati ad ottenere il rilascio o il rinnovo dell’autorizzazione all’istallazione degli impianti di proprietà privata, costitutivi del Piano, sono solo coloro che hanno i relativi requisiti professionali.

Avverso tali atti ha articolato le seguenti censure, articolate in sei motivi di ricorso:

1)Violazione dell’art. 7 L. 241/90. Violazione del giusto procedimento di legge.

Il gravato provvedimento di revoca della concessione di suolo pubblico è illegittimo in quanto è stato adottato senza la previa comunicazione dell’avvio del procedimento, ex art. 7 l. 241/90, bypassando pertanto le garanzie procedimentali prescritte dalla legge ai fini dell’insaturazione del contraddittorio.

Tale comunicazione era tanto più necessaria in quanto l’esercizio del potere di autotutela, sotteso all’adozione del provvedimento de quo, è espressione di attività discrezionale e non vincolata, dovendosi tenere conto della posizione dei soggetti incisi da tale esercizio.

2) Violazione di principi che regolano il potere di autotutela amministrativa; illogicità. Contraddittorietà tra atti. Sviamento. Violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/1990. Difetto di motivazione. Difetto di interesse pubblico concreto ed attuale.

L’atto di revoca della concessione di occupazione di suolo pubblico, al di là del nomen iuris utilizzato (revoca) si presenta quale atto di annullamento di un precedente atto favorevole al ricorrente.

L’atto medesimo, inoltre, è stato adottato in assenza delle prescritte condizioni, indicate dalla legge sul procedimento amministrativo, in considerazione del notevole lasso di tempo trascorso (circa due anni, periodo questo da commisurare sulla durata totale della concessione, pari ad anni cinque), della mancata esplicitazione delle ragioni di interesse pubblico e dalla mancata valutazione degli interessi dei destinatari.

3)Violazione del giusto procedimento di legge. Inesistenza dei presupposti per la revoca. Violazione dell’art. 21 quinquies l. 241/90. Violazione dell’art. 15 del testo coordinato del regolamento per l’occupazione di suolo pubblico del Comune di Napoli. Difetto assoluto di motivazione. Violazione dell’art. 3 l. 241790.

Pur volendo qualificare l’atto de quo come atto di revoca, lo stesso deve comunque considerarsi illeggittimo essendo stata la concessione revocata in assenza dei "sopravvenuti motivi di pubblico interesse" indicati come necessari dall’atto di concessione, non potendosi tali ragioni rinvenirsi né nell’applicazione della disposizione del Piano Generale degli Impianti Pubblicitari, che avrebbero dovuto essere osservate all’epoca dell’emanazione del provvedimento concessorio oggetto di revoca, né nell’indicazione contenuta nell’atto gravato – con rinvio alla nota (mai comunicata al ricorrente) n. 473 del 04/02/2010 della Polizia Amministrativa – dell’esaurimento della superficie pubblicitaria prevista dal P.G.I. per la pubblicità esterna.

Inoltre l’Amministrazione non avrebbe potuto ricorrere all’esercizio del potere sanzionatorio senza la previa adozione degli atti finalizzati alla regolarizzazione della preesistente situazione.

4)Violazione del giusto procedimento di legge. Violazione dell’art. 3, comma 4 della L. 241/90.

Nel provvedimento di revoca manca l’indicazione del termine per il ricorso avverso lo stesso e dell’Autorità competente a deciderlo.

5)Erroneità della motivazione. Violazione di legge. Falsa applicazione del Piano Generale degli Impianti Pubblicitari del Comune di Napoli. Sviamento. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

Il Comune di Napoli ha erroneamente ritenuto di applicare al caso di specie le disposizioni contenute nel Piano Generale degli Impianti Pubblicitari, sulla base dell’assunta configurazione del tabellone de quo quale impianto pubblicitario, soggetto alla disciplina del Piano medesimo, perché "costitutivo del presente Piano".

Infatti il tabellone esposto innanzi all’esercizio commerciale del ricorrente non è classificabile come impianto pubblicitario costitutivo del Piano Generale, dovendo per contro tale tabellone intendersi come impianto non costitutivo del Piano medesimo, rientrante nella disciplina di cui all’art. 1 del Titolo V del Piano, ai sensi del quale "non rientrano nella quantità definite ammissibili dal presente Piano: le istallazioni pubblicitarie poste in opera all’interno dei locali adibiti alla vendita di beni o alla prestazione di servizi quando la pubblicità esposta si riferisca all’attività negli stessi esercitata, nonché i mezzi pubblicitari, esposti nelle vetrine e sulle porte di ingresso dei locali medesimi purché siano attinenti all’attività in essi esercitata".

Tali impianti, ai sensi del successivo art. 4, comma 1°, del Piano "possono essere istallati senza l’autorizzazione del Comune, ferma restando la corresponsione di quanto eventualmente dovute per canoni e/o imposte".

Dall’applicazione congiunta di tali norme si evince che l’impianto de quo era soggetto soltanto alla concessione su suolo pubblico per il pagamento del relativo canone, come avvenuto nella specie.

6) Corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies l. 241/90.

Nella subordinata ipotesi in cui l’atto gravato sia qualificabile come atto di revoca e sia ritenuto legittimo dal T.A.R. adito, al ricorrente dovrebbe comunque corrispondersi l’indennizzo previsto dall’art. 21 quinquies l. 241/90.

Il ricorrente ha quindi richiesto tale corresponsione.

Si è costituito il Comune di Napoli, con deposito di documenti e di memori difensiva, instando per il rigetto del ricorso, siccome infondato.

Parte ricorrente ha depositato in data 7 gennaio 2011 memoria di discussione, controdeducendo a quanto rappresentato nella memoria difensiva del Comune, alla quale ha replicato il Comune con la memoria depositata in data 20 gennaio 2011.

Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’udienza pubblica del 10 febbraio 2011.
Motivi della decisione

1.Nell’esaminare i motivi di ricorso il Collegio procederà in ordine logico, nell’ottica di maggiore satisfattività degli interessi di parte ricorrente, essendo state tra l’altro alcune censure formulate in via subordinata, in relazione alla configurabilità dell’atto di autotutela oggetto di gravame come atto di "revoca" anziché come atto di "annullamento per motivi di legittimità".

1.1 In tale ottica vanno esaminate prioritariamente le censure di carattere sostanziale rispetto a quelle di carattere formale.

Va pertanto postergata la disamina del primo motivo di ricorso, con cui parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 7 l. 241/90, anche in considerazione della possibilità di applicazione dell’art. 21 octies comma 2 l. 241/90.

2. Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente, postulando che il provvedimento n. 00796 del 09/02/2010 con il quale gli è stata revocata la concessione per l’uso del solo pubblico, per il posizionamento del tabellone di cui è causa, sia da considerare quale atto di annullamento e non di revoca, deduce la violazione dell’art. 21 nonies l. 241/90, per essere stato tale provvedimento adottato a notevole distanza di tempo e per non avere l’Amministrazione valutato e indicato né l’interesse pubblico sotteso all’esercizio del potere di autotutela, né la prevalenza di tale interesse pubblico rispetto agli interessi del ricorrente e all’affidamento in lui ingenerato, per effetto del rilascio del provvedimento ampliativo oggetto di revoca (rectius di annullamento).

2.1 Al riguardo il Collegio conviene con la prospettazione di parte ricorrente, condivisa peraltro anche dal Comune resistente, in ordine alla configurabilità dell’atto de quo, a dispetto del nomen iuris utilizzato, come "atto di annullamento per motivi di legittimità" anziché come atto di revoca, ricadente pertanto sotto la disciplina dell’art. 21 nonies l. 241/90 (a mente del quale "1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’ articolo 21octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. 2. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole").

e non sotto quella dell’at. 21 quinquies.

L’esatta qualificazione di un provvedimento va infatti effettuata tenendo conto del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’amministrazione. "L’apparenza derivante da una terminologia, eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso non è vincolante, né può prevalere sulla sostanza e neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell’atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato".

(T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 06 febbraio 2006, n. 1623).

Deve infatti ritenersi irrilevante la qualificazione giuridica del provvedimento adottato operata dall’amministrazione, atteso che la qualificazione giuridica dell’atto è rimessa alla valutazione del giudice, prescindendo dal nomen iuris attribuito dall’amministrazione stessa, sulla base di quelle che sono le caratteristiche tipiche che l’atto concretamente possiede e cioè dell’effettivo potere esercitato (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 15 novembre 2005, n. 11255).

Più specificatamente deve rilevarsi che "in tema di esercizio dell’autotutela, la riconducibilità dell’annullamento e della revoca nell’unitaria categoria degli atti di ritiro implica che la qualificazione come revoca di un provvedimento di autotutela motivato in relazione non già all’inopportunità, ma all’illegittimità (per violazione della norma regolante l’esercizio del potere), configura una imprecisione emendabile e non invalidante (T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 19 ottobre 2007, n. 2237).

2.2 Ciò posto è indubbio che l’atto di cui è causa è qualificabile come atto di annullamento d’ufficio della concessione di uso di suolo pubblico, essendo stato adottato sulla base dell’accertamento della illegittimità ab origine del provvedimento di concessione, riscontrata: a) nella incompetenza del servizio che aveva rilasciato la concessione medesima, in quanto l’istallazione di nuovi impianti pubblicitari, di qualsiasi tipo, per la diffusione di messaggi pubblicitari è soggetta alla preventiva autorizzazione del Servizio Polizia Amministrativa, ai sensi del Piano generale degli Impianti Pubblicitari; b) nella circostanza che secondo le prescrizioni di tale piano non sarebbe consentito il posizionamento su solo pubblico di cavalletti pubblicitari; c) nel rilievo che unici soggetti legittimati ad ottenere il rilascio o il rinnovo dell’autorizzazione all’istallazione degli impianti di proprietà privata costitutivi del Piano sono solo coloro che hanno i relativi requisiti professionali, ovvero coloro che sono in possesso del requisito soggettivo di ditta pubblicitaria (cfr al riguardo anche nota del Servizio di Polizia Amministrativa n. 473/2010 richiamata nel gravato provvedimento e depositata dal Comune di Napoli in data 8 giungo 2010; d) nella considerazione che la superficie pubblicitaria prevista dal Piano Generale degli Impianti era esaurita, come risultante dalla nota del Servizio di Polizia Amministrativa n. 473/2010 cit.

Con nota prot. 21011/25270 del 17/01/2011 del Servizio di Polizia Amministrativa, depositata dal Comune di Napoli in data 20 gennaio 2011, si è altresì esplicitato e precisato che la superficie pubblicitaria destinata dal Piano Generale degli impianti pubblicitari agli impianti di proprietà privata su suolo pubblico è esaurita del luglio 2002, per cui da tale data il Servizio medesimo ha denegato tutte le concessioni.

2.3 Alla luce di tali rilievi, anche a non voler considerare tale ultima nota, a prescindere dalla sua connotazione come motivazione postuma dell’atto amministrativo oggetto di gravame, per essere stata la stessa depositata oltre il termine prescritto dall’art.. 73 comma 1 c.p.a. (ovvero quaranta giorni prima dell’udienza), va osservato che l’atto gravato, da qualificarsi, come detto, come atto di annullamento d’ufficio per motivi di legittimità, è sufficientemente motivato, in relazione al profilo della illegittimità del provvedimento di concessione oggetto di ritiro – anche per relationem, con rinvio alla nota prot. 473/2010 tempestivamente depositata dal Comune di Napoli – con il richiamo al triplice ordini di vizi, sub a), b) c) innanzi indicati, che ab origine inficiavano il provvedimento oggetto di annullamento.

2.4 Per contro, l’indicazione dell’esaurimento della superficie utile di suolo pubblico da concedere ai fini suindicati, comunque contenuta nel gravato provvedimento, anche a non volerla considerare come motivo d’illegittimità dell’atto di concessione, per non essere indicata la data del relativo esaurimento, costituisce esauriente esplicitazione della ragione di pubblico interesse, sottese all’esercizio del potere di autotutela.

E’infatti noto che "nell’ordinamento italiano, l’annullamento del provvedimento illegittimo non può essere disposto per la sola esigenza di ristabilire la legalità dell’azione amministrativa, posto che tale interesse, pur rilevante, deve essere comparato con altri interessi posti a tutela della stabilità delle relazioni giuridiche, anche se basate su provvedimenti illegittimi. L’annullamento d’ufficio è, dunque, un provvedimento discrezionale, che può essere disposto quando sussistano ragioni di pubblico interesse all’eliminazione del provvedimento (ex multiis T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 25 ottobre 2010, n. 32960).

Come detto nell’ipotesi di specie l’interesse pubblico appare esplicitato con riferimento al richiamo all’esaurimento della superficie di suolo pubblico da destinare per l’istallazione degli impianti pubblicitari.

Di fronte a tale interesse pubblico, preventivamente valutato dal Comune di Napoli con l’adozione del Piano Generale degli Impianti Pubblicitari – costituente pertanto sotto tale profilo anche parametro per la valutazione della legittimità ab origine dell’atto di concessione – l’interesse del ricorrente al mantenimento di un impianto, per il quale lo stesso non poteva comunque avere la relativa concessione per l’utilizzo di suolo pubblico, per essere privo dei prescritti requisisti professionali, deve considerarsi come recessivo.

Ciò anche avuto riguardo alla circostanza che trattasi di un tabellone non infisso al suolo e pertanto facilmente amovibile senza alcun costo.

E’ inoltre evidente che il gravato provvedimento non verrebbe comunque a rimuovere gli effetti favorevoli già prodottisi – in forza del principio factum infectum fieri non potest – nella sfera del ricorrente, ovvero il servizio di pubblicità ottenuto con il posizionamento, pur in mancanza delle condizioni prescritte dal Piano Generale degli Impianti Pubblicitari, del suddetto cartello sul suolo pubblico.

Tale provvedimento è destinato pertanto ad operare solo per il futuro, impedendo al ricorrente di usufruire ulteriormente di tale posizionamento, con il connesso beneficio in termini di pubblicità ad esso connesso.

Alla stregua di tali rilievi, la prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse del destinatario deve ritenersi implicita nella motivazione del gravato provvedimento, con il richiamo all’esaurimento della superficie concedibile, avuto riguardo anche alla natura dell’atto, destinato ad operare solo per il futuro.

2.5 Peraltro, a prescindere da tali considerazioni, vi è da osservare che secondo una condivisibile giurisprudenza, per gli atti che esplicano effetti giuridici protratti nel tempo, il principio di legalità impone all’Amministrazione l’adeguamento in ogni momento al quadro normativo di riferimento.

In tali ipotesi, l’interesse pubblico all’esercizio dell’autotutela è in re ipsa e si identifica nella cessazione di ulteriori effetti contra legem (Cons. St:, sez. VI, 18 agosto 2009 n. 4958, id. sez. V, 06 settembre 2007, n. 4665, T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 15 novembre 2010, n. 2692).

2.6 Tali rilievi valgono anche in riferimento alla censura relativa al lasso di tempo trascorso dalla data del rilascio della concessione oggetto di annullamento.

Al riguardo vi è da osservare in primo luogo come il termine di poco più di un anno e mezzo dal rilascio della suddetta concessione non può considerarsi come termine irragionevole per l’esercizio del potere di autotutela, anche avendo riguardo alla durata della concessione, pari a cinque anni, trattandosi comunque di un lasso di tempo al di sotto della metà della durata della concessione.

In ogni caso l’art. 21 nonies l. 241/90, nel prescrivere che l’esercizio del potere di annullamento avvenga in termini ragionevoli non introduce un termine di decadenza per l’esercizio medesimo, non essendo il termine esattamente specificato, ma vale ad orientare l’esercizio del potere discrezionale di autotutela, avuto riguardo all’interesse pubblico salvaguardato con l’esercizio medesimo e "agli interessi dei destinatari e dei controinteressati", come è dato evincere da un’interpreazione sistematica di tale disposto normativo laddove afferma che "Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’ articolo 21octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge".

Ed invero già l’utilizzo della stessa congiunzione "e" (…"e tenendo conto") deve portare a ritenere che tanto meno assume rilievo il decorso del tempo dalla data del rilascio del provvedimento (favorevole) oggetto di annullamento, quanto più l’interesse pubblico deve ritenersi prevalente rispetto agli interessi del destinatario del provvedimento, che si vede inciso dal ritiro del provvedimento favorevole.

Il gravato provvedimento risulta pertanto legittimo anche sotto tale profilo, essendo evidente, alla luce delle considerazioni innanzi svolte, la prevalenza dell’interesse pubblico – in considerazione dell’esaurimento degli spazi pubblici da destinare agli impianti pubblicitari – rispetto all’interesse del ricorrente al mantenimento per il futuro di un impianto, rispetto al quale lo stesso non possiede neppure il requisito della legittimazione professionale, ovvero quello di ditta pubblicitaria.

Inoltre, come detto, per gli atti che esplicano effetti giuridici protratti nel tempo, il principio di legalità impone all’Amministrazione l’adeguamento in ogni momento al quadro normativo di riferimento. In tali ipotesi, l’interesse pubblico all’esercizio dell’autotutela è in "re ipsa" e si identifica nella cessazione di ulteriori effetti contra legem.

2.7 Infine deve disattendersi anche il rilievo, peraltro specificato nel terzo motivo di gravame – relativo alla configurabilità dell’atto de quo come atto di revoca e non di annullamento – attinente alla illegittimità del provvedimento per non avere l’Amministrazione preso in considerazione la possibilità di regolarizzazione del rapporto.

Infatti a mente del comma 2 dell’art. 21 quinquies l. 241/90 " e" fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole".

La convalida presuppone infatti non solo che sussistano le ragioni di pubblico interesse al mantenimento dell’atto illegittimo – nella specie per contro mancati – ma che vengano altresì eliminate le cause di illegittimità. E’ evidente come nella specie non potrebbe ricorrersi alla convalida, essendo incontestato che il ricorrente non abbia il prescritto requisito professionale.

Alla stregua di tali considerazioni il secondo motivo di gravame va rigettato.

3. Va ora analizzata in ordine logico, nell’ottica di maggiore satisfattività degli interessi della ricorrente e in considerazione del carattere subordinato delle censure sub 3) e sub 6), il quinto motivo di ricorso, con il quale si deduce l’illegittimità dell’atto di autotutela, per essere stato lo stesso adottato sull’erroneo presupposto che l’impianto in oggetto rientrasse fra quelli costitutivi del Piano Generale degli Impianti, laddove lo stesso dovrebbe per contro configurarsi come un impianto non costitutivo, rientrante nella disciplina di cui all’art. 1 del Titolo V del Piano medesimo.

L’assunto è assolutamente infondato.

Infatti a norma del citato disposto del Piano Generale degli Impianti "non rientrano nella quantità definite ammissibili dal presente Piano: le istallazioni pubblicitarie poste in opera all’interno dei locali adibiti alla vendita di beni o alla prestazione di servizi quando la pubblicità esposta si riferisca all’attività negli stessi esercitata, nonché i mezzi pubblicitari, esposti nelle vetrine e sulle porte di ingresso dei locali medesimi purché siano attinenti all’attività in essi esercitata".

E’ pertanto evidente come in forza di tale articolo siano esclusi dalla disciplina del Piano e dalle quantità definite ammissibili ai sensi del Piano medesimo, le sole istallazioni pubblicitarie poste all’interno dei locali o nelle vetrine o sulle porte di ingresso dei locali medesimi, non quindi quelle, come nella specie, poste all’esterno, su suolo pubblico, ovvero sul marciapiedi di Via Chiaia, seppure in prossimità dell’esercizio commerciale di parte ricorrente.

Dall’esegesi di tale disposizione si evince infatti che il Comune di Napoli, nel disciplinare la materia pubblicitaria, ha operato una distinzione tra la pubblicità su suolo pubblico e quella su suolo privato, esonerando solo quest’ultima dalle quantità ammissibili previste dal Piano Generale degli Impianti.

4. In considerazione della qualificazione dell’atto de quo quale atto di "annullamento d’ufficio" e non come atto di "revoca" per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, vanno rigettate le censure articolate nel terzo e nel sesto motivo di ricorso, peraltro formulate in via meramente subordinata.

Va pertanto rigettata anche la richiesta d’indennizzo formulata ai sensi dell’art. 21 quinquies, sull’assunto della configurabilità dell’atto de quo come atto di revoca.

5. Del tutto destituito di fondamento è poi il quarto motivo di ricorso, basato sul rilievo della mancata indicazione nell’atto gravato del termine e dell’autorità cui indirizzare il ricorso avverso lo stesso.

Detta omissione non determina l’illegittimità del provvedimento amministrativo, bensì una mera irregolarità (ex multis: T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 27 giugno 2005, n. 340; T.A.R. Lazio, Sez. II, 2 settembre 2005, n. 6534).

Infatti la disposizione dell’art. 3, comma 4, della legge n. 241/1990 non influisce sull’individuazione e sulla cura dell’interesse pubblico concreto cui è finalizzato il provvedimento, né sulla riconducibilità dello stesso all’autorità amministrativa, ma tende semplicemente ad agevolare il ricorso alla tutela giurisdizionale (sicché l’omissione de qua, nel concorso di significative ulteriori circostanze, può dar luogo semmai alla concessione del beneficio della rimessione in termini).

6. Va ora analizzata il primo motivo di ricorso con cui parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 lege n. 241/90.

6.1 Al riguardo il Collegio rileva – anche a voler considerare l’atto de quo, qualificabile quale atto di annullamento d’ufficio e non di revoca, come espressivo di attività discrezionale e non di attività vincolata, in quanto atto di autotutela – che detta censura non può portare all’annullamento dell’atto, in forza dell’applicazione del disposto dell’art. 21 octies comma 2, seconda parte, l. 241/90, da applicarsi anche agli atti discrezionali, avendo l’Amministrazione tempestivamente dimostrato, con la produzione della nota n. 473/2010 del Servizio di Polizia Amministrativa, che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, in considerazione del rilievo dell’esaurimento dello spazio da destinare agli impianti pubblicitari

6.2 Vi è inoltre da evidenziare – richiamando la giurisprudenza innanzi citata secondo la quale gli atti che esplicano effetti giuridici protratti nel tempo, il principio di legalità impone all’Amministrazione l’adeguamento in ogni momento al quadro normativo di riferimento – che l’atto de quo, in quanto destinato ad operare per il futuro, va considerato come atto pressoché dovuto, con conseguente irrilevanza della suddetta censura, ai fini dell’annullamento dell’atto medesimo, in forza dell’applicazione del disposto dell’art. 21 octies comma 2 prima parte, da applicarsi agli atti vincolati, essendo emerso, in conseguenza del rigetto delle censure di carattere sostanziale, che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

7. In conseguenza dell’infondatezza di tutti i motivi di gravame il ricorso va rigettato.

8. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite nei confronti della resistente amministrazione liquidate in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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