Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-02-2011) 30-03-2011, n. 13296 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Roma in funzione di Giudice del Riesame, con ordinanza del 27 novembre 2010, ha confermato l’ordinanza del 21 ottobre 2010 del GIP del Tribunale di Roma con la quale, per quanto d’interesse del presente procedimento, era stata applicata la misura degli arresti domiciliari nei confronti di C.A. e dell’obbligo di presentazione alla P.G. nei confronti di Ca.

S., indagati per il delitto di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati di falso documentale e dichiarativo tesi a far conseguire a cittadini extracomunitari, dietro compenso, titolo valido per l’ottenimento del permesso di soggiorno.

2. Avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione:

a) C.A., personalmente, lamentando una motivazione illogica, incompleta e insufficiente nonchè una violazione di legge quanto all’effettivo suo coinvolgimento nella fattispecie criminosa dell’associazione a delinquere e quanto alla sussistenza in concreto delle esigenze cautelari e dell’effettività della misura applicata;

b) Ca.Se., a mezzo del proprio difensore, che lamenta, in rito, l’inosservanza del termine per il deposito dell’ordinanza impugnata e, nel merito, il difetto e l’illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi e delle esigenze cautelari.
Motivi della decisione

1. I ricorsi sono, all’evidenza, da rigettare.

2. Quanto alle doglianze sollevate da C.A. si osserva che: a) preliminarmente le doglianze del ricorrente tendono a rendere accreditabile una diversa ricostruzione delle emergenze di causa sulla base di ipotesi le quali, a prescindere dal relativo grado di plausibilità, non possono essere devolute all’apprezzamento del Giudice di legittimità; la Cassazione, infatti, non valuta nuovamente i risultati delle prove nè persegue la ricostruzione più aderente ad essi per la qualificazione della fattispecie sottoposta al suo esame e neppure può entrare ancora una volta nella ricostruzione dei gravi indizi di colpevolezza per l’emanazione dei provvedimenti cautelari ma è deputata unicamente a verificare che il ragionamento seguito dal Giudice di merito sia razionale e non soffra di vistose incertezze su elementi decisivi;

b) il coinvolgimento del ricorrente nei fatti ascritti non è dovuto affatto "sic et simpliciter" alla circostanza di essere il marito della coimputata M. nè ad un solo episodio: la mera lettura dell’impugnata ordinanza evidenzia, infatti, l’esistenza di indizi di colpevolezza ricavabili da diversi episodi, desunti da inequivoche intercettazioni telefoniche, che fanno capo si alla moglie ma non in quanto mera consorte bensì quale organizzatrice dell’attività illecita;

c) del pari, la sussistenza delle esigenze cautelari è stata improntata non solo ai principi in genere applicabili alle misure personali (v. da ultimo Cass. Sez. 5, 17 aprile 2009 n. 21441) ma è stata, del pari, correttamente calibrata alla gravità dei fatti ascritti e alla personalità dell’odierno ricorrente, altrimenti sarebbe stata lecitamente applicabile una più grave misura restrittiva personale.

3. Quanto alle doglianze sollevate da Ca.Se. si osserva che:

a) pretestuosa è, innanzitutto, l’eccezione di tardività del deposito dell’impugnata ordinanza in violazione del disposto dell’art. 309 c.p.p., comma 9 in quanto secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte (v. a partire da Sez. Un. 25 marzo 1998 n. 11 e in questa sezione 12 ottobre 2006 n. 38105) il termine di dieci giorni per la validità della stessa deriva non dal suo deposito ma dalla data di lettura del dispositivo: nel caso di specie trasmissione degli atti al Tribunale del riesame il 10 novembre 2010 e lettura del dispositivo il successivo 17 novembre;

b) del pari, come per il ricorso che precede, il Tribunale del riesame ha correttamente valutato le esigenze cautelari su cui basare la misura personale da applicare in concreto al ricorrente che, proprio per la sua partecipazione in modo non apicale al sodalizio criminoso, si è visto confermare correttamente una misura personale dotata del minimo grado di afflitti vita pur in presenza della stabile partecipazione all’associazione a delinquere.

4. I ricorsi vanno, in definitiva, rigettati e i ricorrenti condannati ciascuno al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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