Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-01-2011) 31-03-2011, n. 13337 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.G. propose incidente di esecuzione chiedendo la sospensione del procedimento esecutivo diretto alla demolizione di un immobile in esecuzione della sentenza 20.4.2006 del tribunale di Rimini, divenuta irrevocabile il 23.10.2008.

Il giudice dell’esecuzione di Rimini, con ordinanza 26 novembre 2009, rigettò l’istanza.

Il V. propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione dell’art. 666 c.p.p., comma 4, perchè l’atto impugnato non fa menzione della necessaria partecipazione all’udienza del difensore e del pubblico ministero.

2) difetto di motivazione. Osserva in particolare:

a) che pendeva ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il provvedimento di rigetto della istanza di condono edilizio;

b) che le sentenze di primo e di secondo grado erano affette da errore di fatto;

c) che l’accoglimento del ricorso straordinario avrebbe comportato il rilascio della sanatoria;

d) che l’esecuzione dell’ordine di demolizione avrebbe quindi dovuto essere sospesa.
Motivi della decisione

Il primo motivo è manifestamente infondato, se non addirittura temerario.

Risulta infatti dagli atti – che questa Corte è legittimata ad esaminare essendo stato dedotto un vizio di procedura – che l’udienza del 26 novembre 2009 dinanzi al giudice dell’esecuzione, regolarmente fissata, si è altrettanto regolarmente tenuta con la partecipazione e la presenza del difensore avv. Massimo Campana.

Il secondo motivo è anch’esso manifestamente infondato.

Premesso che non può in sede esecutiva dedursi un errore di fatto che sarebbe contenuto nella sentenze di cognizione, deve ricordarsi che, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione, non essendo invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile ed in particolare la semplice pendenza della procedura amministrativa o giurisdizionale, in difetto di ulteriori concomitanti elementi che consentano di fondare positivamente la valutazione prognostica (ex plurimis, Sez. 3^, 17 ottobre 2007, n. 42978, Parisi, m. 238145; Sez. 3^, 5.3.2009, n. 16686, Marano, m. 243463; Sez. 3^, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071; Sez. 3^, 30 gennaio 2003, Ciavarella, m.

224.347; Sez. 3^, 16 aprile 2004, Cena, m. 228.691; Sez. 3^, 30 settembre 2004, Cacciatore, m. 230.308).

Nella specie si è avuto un provvedimento amministrativo di diniego del richiesto condono, mentre la presentazione di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica (procedura che, come esattamente rileva il giudice a quo, non è soggetta a definizione entro termini perentori) non è di per sè sufficiente per poter disporre la sospensione dell’esecuzione, non essendo prevedibile nè se si verificherà in concreto una causa estintiva del reato nè comunque se questa si verificherà in tempi brevi.

Inoltre, il ricorrente non ha, nemmeno nel ricorso per cassazione, prospettato quali sarebbero gli elementi concreti sulla base dei quali potrebbe ritenersi concretamente probabile l’emanazione entro breve tempo di un provvedimento amministrativo o giurisdizionale contrario all’ordine di demolizione. Sotto questo profilo, anzi, il ricorso è anche generico.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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