Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-01-2011) 31-03-2011, n. 13336 Costruzioni abusive Demolizione di costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.M. propose incidente di esecuzione chiedendo la sospensione del procedimento esecutivo – diretto alla demolizione di un immobile in esecuzione della sentenza 3.5.2005 del tribunale di Salerno, sezione distaccata di Cava dei Tirreni, divenuta irrevocabile – in attesa della decisione della autorità amministrativa sulla domanda di condono edilizio ex L. n. 326 del 2003, presentata in data 15.11.2004.

Il giudice dell’esecuzione del tribunale di Salerno, sezione distaccata di Cava dei Tirreni, con l’ordinanza in epigrafe, rigettò l’istanza, osservando che l’opera non era condonabile, posto che si trattava di manufatto in cemento armato realizzato ex novo e suddiviso in due locali grandi ed uno piccolo, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.

La V. propone ricorso per cassazione deducendo, in sostanza:

a) che il manufatto è condonabile, posto che gli abusi sono di natura minima e strettamente pertinenziale;

b) che non si sarebbe formato il silenzio rifiuto della pubblica amministrazione, posto che il comune ha dato riscontro all’istanza attivando un tavolo interistituzionale per gestire la complessa situazione originata dalle domande di condono.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

E difatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere revocato esclusivamente se risulta assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali resi dalla autorità competente, e che abbiano conferito all’immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria (Sez. 3^, 16 aprile 2002, Cassarino, m. 221.974), mentre può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione, non essendo invece sufficiente una mera possibilità del tutto ipotetica che si potrebbe verificare in un futuro lontano o comunque entro un tempo non prevedibile ed in particolare la semplice pendenza della procedura amministrativa o giurisdizionale, in difetto di ulteriori concomitanti elementi che consentano di fondare positivamente la valutazione prognostica (ex plurimis, Sez. 3^, 17 ottobre 2007, n. 42978, Parisi, m. 238145; Sez. 3^, 5.3.2009, n. 16686, Marano, m. 243463; Sez. 3^, 30 marzo 2000, Ciconte, m. 216.071; Sez. 3^, 30 gennaio 2003, Ciavarella, m.

224.347; Sez. 3^, 16 aprile 2004, Cena, m. 228.691; Sez. 3^, 30 settembre 2004, Cacciatore, m. 230.308).

Nella specie, dallo stesso capo di imputazione risulta in modo evidente che il manufatto abusivo, realizzato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, non rientra tra le tipologie di opere condonabili D.L. n. 269 del 2003, ex art. 32.

Non solo quindi non vi è alcun elemento che possa far ritenere l’adozione di un condono entro breve lasso di tempo, ma anzi deve ritenersi che un legittimo provvedimento di condono non possa essere emanato, mancando i necessari presupposti di legge.

D’alta parte, il Procuratore generale ha esattamente rilevato nella sua requisitoria che l’istanza di condono è stata presentata oltre sei anni fa e che la ricorrente non ha provato di essersi attivata per sollecitare l’iter della pratica e non ha fornito informazioni sui tempi prevedibili per la sua definizione.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

In applicazione dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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