Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-03-2011) 01-04-2011, n. 13440 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

rocuratore Generale che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ordinanza del 24.9.2010, il tribunale di Catanzaro, quale giudice della esecuzione, rigettava le istanze di G. F., volte, l’una, al riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con sentenza della corte di assise di appello di Torino del 13.7.1979 e con sentenza della corte di assise di appello di Catanzaro del 4.4.1989, l’altra, alla rideterminazione della pena complessiva da espiare, nel rispetto dell’art. 78 c.p., denunciando in proposito l’illegittimità del provvedimento di cumulo della Procura generale di Catanzaro in data 28.5.1992 che determinava la pena da espiare, in relazione alle suddette condanne ed a altre, nell’ergastolo, previa applicazione del criterio di cui all’art. 73 c.p., comma 2.

Sta di fatto che il G. aveva iniziato nel Luglio del 1976 la carcerazione per i delitti – sequestro di persona a scopo di estorsione continuato ed altro, commessi il (OMISSIS) – giudicati dalla corte di assise di appello di Torino che aveva inflitto la pena di anni 30 di reclusione più la multa, si era poi sottratto, per evasione alla carcerazione nel periodo compreso tra il 17.12.1977 ed il 20.7.1978, data del nuovo arresto e dalla quale era iniziato il periodo di carcerazione che comprendeva anche la pena della reclusione di anno 28 e mesi sei inflittagli dalla Corte di assise di appello di Catanzaro per i delitti, commessi il (OMISSIS), di sequestro di persona a scopo di estorsione ed altro.

Il giudice della esecuzione, pertanto, considerando l’interruzione della carcerazione aveva proceduto alla formazione di due cumuli parziali di pena, l’uno, decorrente dal Luglio 1976 comprendendo, per oltre 24 anni di reclusione, le condanne relative ai reati commessi fino alla data del reato per il quale era già iniziata la prima esecuzione e fino alla data della interruzione per evasione, l’altro, anch’ esso per oltre 24 anni di reclusione, decorrente dalla data della nuova carcerazione e comprendente la pena inflittagli con la sentenza della corte di assise di appello di Catanzaro. Con la conseguente applicazione dell’art. 73 c.p., comma 2, che deroga, in quanto norma speciale, all’art. 78, impedendo quindi di mantenere il limite della pena cumulata in anni trenta e prescrivendo, invece, l’applicazione della pena dell’ergastolo, quando concorrono più delitti, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena delle reclusione non inferiore a 24 anni.

– 2 – Ricorre il condannato e contesta la legittimità della esclusione del nesso di continuazione tra i reati sopra indicati per il fatto che la regola adottata dal giudice della esecuzione, secondo cui il predetto nesso non possa essere riconosciuto dal giudice della esecuzione laddove esso sia stato escluso già dal giudice della cognizione, non opererebbe allorquando "il secondo reato da mettere in continuazione sia stato commesso dopo la condanna del primo".

Contesta ancora il ricorrente il criterio di calcolo operato dalla Procura Generale, prima, dal giudice della esecuzione, dopo, nel senso che, anche in caso di cumuli frazionati, i limiti degli aumenti delle pene principali, stabiliti dall’art. 78 c.p., dovrebbero sempre operare in ogni cumulo progressivo.

Con motivi aggiunti, depositati nella cancelleria di questa Corte il 27.1.2011 il ricorrente chiede che gli venga computato la carcerazione presofferta con la determinazione della pena da scontare in anni 23, mesi 11 e giorni 23.

– 3 – Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

Premesso che le richieste di cui ai motivi aggiunti, propongono a questa Corte un tema nuovo, non sottoposto alla esame del giudice dell’esecuzione, come tale inammissibile, si deve rilevare che i richiami giurisprudenziali operati dal ricorrente a sostegno della censura sul punto relativo al diniego del riconoscimento del nesso di continuazione, non sono conferenti. Invero le decisioni richiamate (Sez. 1, 28.5/6.7.1992, Cini, Rv 191024; Sez. 1, 21.2/26.3.1997, Cantagallo, Rv. 207.232) non derogano certo al principio per il quale il nesso di continuazione non può essere riconosciuto dal giudice della esecuzione laddove esso sia stato escluso già dal giudice della cognizione, ma anzi lo ribadiscono, segnalando solo che ogni altra causa di mancata applicazione della disciplina della continuazione diversa dal disconoscimento del medesimo disegno criminoso non impedisce il riconoscimento di quest’ ultimo da parte del giudice dell’esecuzione, a cui spetta in definitiva la valutazione del complesso dei fatti giudicati con separate sentenze.

Anche la seconda censura è inammissibile perchè il corretto principio proposto non vale certo ad escludere l’operatività nell’ambito dei cumuli frazionati della regola – l’art. 73 c.p., comma 2 – che deroga a quella generale ex art. 80 c.p. e che prescrive, in caso di concorrenza di più delitti per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a 24 anni, l’applicazione della pena dell’ergastolo. Invero correttamente il ricorrente pretende che in tema di esecuzione delle pene concorrenti inflitte con condanne diverse, qualora, durante l’espiazione di una determinata pena o dopo che l’esecuzione di quest’ultima sia stata interrotta, il condannato commetta un nuovo reato, occorre procedere a cumuli parziali, e quindi al cumulo delle pene inflitte per i reati commessi sino alla data del reato cui si riferisce la pena parzialmente espiata, con applicazione del criterio moderatore dell’art. 78 cod. pen. e detrazione dal risultato del presofferto; poi a nuovo cumulo, comprensivo della pena residua e delle pene inflitte per i reati successivamente commessi, sino alla data della successiva attenzione (Sez. 1, 2/11.12.2008, Calogero Rv 242574). Ed è chiaro che, per il principio regolatore di cui agli artt. 78 e 80 c.p., il successivo e nuovo cumulo dovrà essere effettuato tenendo conto della residua pena ancora da espiare per precedenti condanne considerate nel cumulo pregresso e della ulteriore pena derivante dagli ulteriori titoli esecutivi indicati nel nuovo cumulo e che su tale cumulo dovrà operare il criterio moderatore. Ma rimane ben ferma la regola, operante nell’ambito di ciascun cumulo frazionato, compreso quello terminale, dell’applicazione della deroga, al criterio moderatore, prevista dall’art. 73 c.p., comma 2. Proprio tenendo conto della predetta, il giudice dell’esecuzione ha considerato la concorrenza di due pene superiore a 24 anni e correlate ai due delitti, non in continuazione, di sequestro di persona a scopo di estorsione, determinando conseguentemente la pena dell’ergastolo. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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