T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, Sent., 28-03-2011, n. 726 Procedimento concorsuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del Rettore dell’Università degli Studi di Catania del 22 settembre 2008 n. 9883 è stato emanato bando per l’ammissione ai corsi di dottorato di ricerca XXIV ciclo con sede amministrativa in Catania. In data 20.11.2008 si tenevano le prove scritte, che il ricorrente non superava. Il ricorrente, il 22 novembre successivo, chiedeva di avere accesso agli atti. Frattanto, il 27 novembre si teneva la prova orale.

Col ricorso in esame, il Dott. S. impugna l’esclusione, nonché i verbali della Commissione, denunciando sia l’assenza di criteri predefiniti per la valutazione delle prove scritte, sia il difetto di motivazione del giudizio formulato nei confronti delle prove scritte, giudizio meramente numerico e senza che sugli elaborati vi sia alcuna espressa valutazione.

Con atto notificato il 24.3.2009 si integrava il contraddittorio nei confronti del dott. Miraglia Armando.

Con ordinanza cautelare n. 679 del 22.4.2009, ritenuto sussistente il fumus di fondatezza relativamente al motivo con cui si denuncia la mancata predeterminazione da parte della Commissione dei criteri di correzione delle prove, disponeva che le prove del ricorrente venissero nuovamente valutate da diversa Commissione. L’Università ottemperava all’ordinanza e con decreto rettorale n. 11094/09, si determinava la non ammissione alle prove orali, avendo conseguito il ricorrente un punteggio (30/60) inferiore al minimo (40/60).

Resistono in giudizio i controinteressati e l’Università, che alla luce degli atti sopravvenuti, chiedono si dichiari la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, tenuto conto della mancata impugnazione del nuovo giudizio di inidoneità.

All’udienza del 23 febbraio 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Preliminarmente, va preso atto della persistenza dell’interesse alla decisione, ancorché non risulti impugnato il sopravvenuto giudizio sfavorevole reso – sulle prove scritte del ricorrente – dalla nuova Commissione appositamente costituita per rinnovare la correzione in esecuzione della concessa misura cautelare.

Il ricorrente conserva, infatti, interesse (di natura strumentale) alla decisione relativamente a quei motivi di gravame (il primo ed il terzo) che incidono sulle modalità di svolgimento dell’intera procedura e che, ove accolti, ne determinerebbero l’annullamento "in toto".

Col primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 4 del DPR 23 marzo 2003, n. 117 e dell’art. 12 del DPR 487/1994 come sostituito dall’art. 10 del DPR 693/1996, perché la Commissione giudicatrice non avrebbe predeterminato i criteri di valutazione.

Il motivo non è fondato, dato che le norme invocate non appaiono essere pertinenti alla fattispecie, in quanto trattasi di norme che attengono alle procedure di reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori ( DPR 117/2000), nonché all’assunzione ai pubblici impieghi ( DPR 693/1996).

I dottori di ricerca non possono ricomprendersi in nessuna di dette categorie di pubblici dipendenti; il dottorato di ricerca, infatti, come dispongono l’art. 8 della l. 21/02/1980 n. 28 e l’art. 68 del DPR 11/07/1980 n. 382, è un "titolo accademico" valutabile unicamente nell’ambito della ricerca scientifica.

Il titolo di dottore di ricerca si consegue, a seguito di svolgimento di attività di ricerca successive al conseguimento del diploma di laurea, al termine di corsi, di durata non inferiore a tre anni, ai quali si è ammessi con prova scritta e colloquio per un numero definito di posti stabilito con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio universitario nazionale, secondo criteri di programmazione e di ripartizione nazionale. Esso rappresenta, quindi, il più alto grado di istruzione universitaria e gli iscritti appartengono alla categoria degli studenti universitari e non dei pubblici dipendenti (argomenti si traggono da T.A.R. Sicilia Palermo, sez. II, 18 dicembre 2001, n. 2108).

Inoltre, in presenza della speciale disciplina per l’accesso ai corsi di dottorato di ricerca di cui all’art. 4 della l. 210/1998, che rinvia ai regolamenti delle Università per le modalità di accesso ed il conseguimento del titolo, non possono trovare applicazione i principi desumibili dalla disciplina generale per l’accesso ai pubblici impieghi.

Anche il D.M. 30.4.1999 n. 224, art. 5, lett. 3d), demanda al bando di concorso le modalità di svolgimento delle prove ed al regolamento dell’Università.

Né il regolamento dell’Università di Catania, né la lex specialis prevedono, però, l’obbligo per la Commissione giudicatrice di predeterminare i criteri di valutazione degli elaborati.

Il motivo, dunque, è destituito di fondamento.

Col terzo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 12 dell’allegato al Regolamento di Ateneo concernente le modalità di espletamento delle procedure concorsuali relative ai dottorati di ricerca, perché la Commissione avrebbe disatteso l’obbligo di effettuare le valutazioni comparative dei candidati.

Il regolamento dell’Università approvato con decreto Rettorale del 27 ottobre 1999 prevede solo che la Commissione, compilata la graduatoria generale di merito sulla base dei punteggi ottenuti dai candidati nelle singole prove, scritta e orale, proceda eventualmente (ossia non necessariamente) ad una valutazione comparativa (art. 11, punto 5).

Nella fattispecie, pertanto, legittimamente ed insindacabilmente la Commissione ha ritenuto di non utilizzare tale opzione ed, in ogni caso, va osservato che la valutazione comparativa è prevista in sede di giudizio finale, e cioè per una fase procedimentale affatto diversa dalla fase di correzione della prova scritta (da cui deriva l’impugnata esclusione del ricorrente).

Quanto al secondo motivo di ricorso, col quale si censura il difetto di motivazione delle valutazioni delle prove scritte compiute dalla Commissione, che si è limitata ad esprimere voti numerici, ritiene il Collegio che il ricorrente non ha più interesse alla censura, essendosi proceduto a nuova valutazione della sua prova da parte di apposita Commissione, a seguito dell’ordinanza cautelare di questo TAR n. 679 del 22.4.2009, con esito sfavorevole, non impugnato.

In ogni caso, è principio consolidato, e costituisce ormai vero e proprio "diritto vivente" l’indirizzo giurisprudenziale formatosi, quello secondo il quale, nelle procedure concorsuali (dove la valutazione del merito del candidato esprime un giudizio strettamente valutativo del grado di preparazione e di idoneità culturale) il voto numerico è di per sé idoneo a identificare il livello di sufficienza o di insufficienza della prova sostenuta, senza la necessità di ulteriori indicazioni e chiarimenti a mezzo di proposizioni esplicative (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 31 gennaio 2011, n. 879; Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2009 n. 2880 e 11 luglio 2008 n. 3480; C.G.A.R.S., 7 ottobre 2008 n. 837; Corte Costituzionale 30 gennaio 2009 n. 20).

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese di giudizio si compensano tra le parti, in considerazione delle censure formulate e dell’esito favorevole della fase cautelare.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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