Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 08-03-2011) 01-04-2011, n. 13439

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 10/17.6.2018 il tribunale di sorveglianza di Messina rigettava l’appello proposto, ex art. 680 c.p.p., da C.G. avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza della stessa città, datato 13.3.2008, che ha disposto l’esecuzione di due misure di sicurezza, previamente unificate ai sensi dell’art. 209 c.p., della libertà vigilata, ribadendo il giudizio di pericolosità emesso dal primo giudice in forza dei gravissimi, anche se risalenti, precedenti penali, delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno inflitte, ed infine dei procedimenti penali ancora in corso per reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, rapina ed altro.

Ricorre l’interessato avverso il provvedimento, contestando la sua attuale pericolosità sociale, che sarebbe stata tratta dai giudici di merito in forza della considerazione di precedenti penali ormai lontani nel tempo e dalla svalutazione di circostanze attuali, quale l’attuale impegno lavorativo non contestato. Denuncia quindi violazione di legge, nonchè motivazione illogica e contraddittoria.

Il motivo di ricorso è inammissibile perchè si risolve nella ulteriore proposizione di argomenti difensivi adeguatamente presi in esame e confutati nella sentenza impugnata e svolge considerazioni di fatto, non suscettibili di valutazione in un giudizio di legittimità. Invero da un lato il ricorrente omette di replicare alla rilevazione giudiziale in merito all’epoca relativamente recente – da 2001 fino al 2005 – dei fatti di reato di cui ai procedimenti penali a suo carico, dall’altro contesta sul piano del fatto di essersi sottratto ai dovuti contatti con gli assistenti sociali, al fine di effettuare l’indagine sociale nei suoi confronti.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, comporta, per C.G., che lo ha proposto, la condanna al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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