Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-03-2011) 01-04-2011, n. 13434 Colloqui e corrispondenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con decreto del 7.6.2010, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Torino dichiarava inammissibile il reclamo interposto da P.L., avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza ex art. 35 O.P., in tema di colloqui visivi e telefonici, in quanto ritenuto non suscettibile di reclamo.

2. Contro detto provvedimento, interponeva ricorso per Cassazione l’interessato, personalmente, assumendo il suo diritto di godere dei colloqui richiesti.

3. Il Procuratore Generale ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso in quanto proposto contro atto non ricorribile. considerato in diritto.

E’ principio consolidato della giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui tutti i provvedimenti che incidono su diritti soggettivi (finanche quelli provenienti dalla Amministrazione penitenziaria) sono sindacabili in sede giurisdizionale, mediante reclamo al magistrato di sorveglianza, che decide con ordinanza ricorribile in Cassazione, secondo la procedura della L. n. 354 del 1975, art. 14 ter (cft. Cass. sez. prima, 24.10.2007, n. 46269). Infatti era stato statuito, in precedenti arresti, che i reclami contro i provvedimenti dell’amministrazione penitenziaria incidenti su diritti dei detenuti, tra cui quelli relativi a colloqui o conversazioni telefoniche, danno origine a procedimenti che si concludono con decisioni del magistrato di sorveglianza munite della forma e del contenuto della giurisdizione (cft. Cass. sez. 1^ 15.5.2002, n. 22573).

Il decreto di inammissibilità pronunciato dal Presidente del Tribunale di sorveglianza di Torino che è stato impugnato, suona in contrasto con detta linea interpretativa e pertanto deve essere annullato senza rinvio. Ciò posto, l’impugnazione interposta dal P., avverso il provvedimento del magistrato si sorveglianza di Cuneo, in data 30.4.2010, che aveva rigettato la sua richiesta di un maggior numero di colloqui visivi e telefonici rispetto a quelli autorizzati, va qualificato come ricorso e deve fare oggetto di esame da parte di questa Corte. Detto ricorso va peraltro ritenuto inammissibile, in quanto si limita a riproporre le medesime censure già sollevate avanti al magistrato di sorveglianza, su cui è intervenuta puntuale ed adeguata motivazione.

Il provvedimento del magistrato di sorveglianza appare infatti motivato in modo congruo e risulta rispettoso della normativa di riferimento: è stato infatti sottolineato che il prevenuto era in espiazione di pena per reati ostativi, in quanto compresi nell’elenco di cui all’art. 4 bis O.P., comma 1; che il medesimo venne rimesso in libertà a seguito di applicazione dell’indulto, dopo di che, il 3.6.2008 venne nuovamente ristretto, in espiazione di pena dell’ergastolo, pena inflitta per reati ostativi, con il che doveva trovare piena attuazione la disciplina custodiale rigorosa, non ricorrendo gli spazi per le deroghe che erano state previste dalla circolare del Ministero della giustizia, DAP, 3533/5983 del 3.11.2000, invocata dal ricorrente, miranti a non interrompere eventuali trattamenti penitenziari sulla base di normativa meno restrittiva per chi, dopo il 6.9.2000, si fosse trovato in corso di espiazione di pene per titoli divenuti ostativi. Situazione che ovviamente non ricorreva nel 2008, quando P., dalla libertà, fece ingresso in carcere per espiazione di pena, sempre per titolo ostativo, come ha correttamente opinato il magistrato di sorveglianza che ha anche ricordato come le limitazioni previste siano conformi alla necessità di differenziare il regime detentivo in base al titolo del reato per cui vi è stata condanna e che dette limitazioni non realizzano alcuna frattura con i principi a cui è ispirato l’ordinamento penitenziario.

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 500,00 a favore della cassa delle ammende , giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio il decreto del Tribunale di Sorveglianza di Torino e, qualificato il reclamo come ricorso, lo dichiara inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 500,00 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *