Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-02-2011) 01-04-2011, n. 13389 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.R.A., indagato in ordine ai delitti di sequestro di persona, tentata estorsione aggravata e porto e detenzione illegale di arma comune da sparo ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Napoli in data 20.9.2010 che ha confermato l’ordinanza del Gip di Benevento in data 21.8.2010 che ha applicato la misura degli arresti domiciliari.

Deduce difetto di motivazione per avere il tribunale omesso di considerare i pregressi rapporti di prestito tra l’indagato ed il mutuante P. che ha manifestato la volontà di concedere Euro 3.000, negando che il prevenuto abbia ammesso gli addebiti. Deduce che il giudizio di riesame è viziato da travisamento dei fatti esponendo l’illogicità dell’ordinanza nel ritenere che il P. ebbe a chiedere aiuto all’interno dell’ufficio postale mentre le dichiarazioni del teste M. sono state erroneamente valutate.

Deduce ancora violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari che dice essere indicate in maniera generica, essendo il D.R. persona incensurata "che ha condotto una vita nel pieno rispetto della legalità", dato che esclude il pericolo di reiterare delitti analoghi.

Il primo motivo di gravame è manifestamente infondato risolvendosi in una discrezionale valutazione di insufficienza indiziaria a fronte di un non illogico giudizio di gravità degli indizi accertasti dal giudice di merito. Nel giudizio di cassazione deve essere accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito nel rispetto delle norme processuali e sostanziali. Ai sensi del disposto di cui all’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede di legittimità comporta dimostrare che il provvedimento è manifestamente carente di motivazione o di logica e non già opporre alla logica valutazione degli atti operata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, degli atti processuali (Cass. S.U. 19.6.96, De Francesco).

Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone). In conclusione il controllo di legittimità sui punti devoluti rimane circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di legittimità: 1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. 6^ 25.5.95 n. 2146, depositata 16.6.95, rv. 201840).

Nè le doglianze possono essere ricollegate a travisamento del fatto che è un vizio che può essere oggetto di valutazione in sede di legittimità in quanto inquadrarle nelle ipotesi di cui all’art. 606 cod. proc. pen., lett. e); l’accertamento di detto vizio richiede pertanto la dimostrazione da parte del ricorrente della avvenuta rappresentazione al giudice di merito degli elementi dai quali quest’ultimo avrebbe dovuto rilevare il detto travisamento, sicchè la Corte di Cassazione possa a sua volta desumere dal testo del provvedimento impugnato se e come gli elementi siano stati valutati (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207945).

Il giudizio di legittimità ha per oggetto l’accertamento della mancanza e della illogicità manifesta della motivazione risultanti dal testo del provvedimento impugnato e non può esplicarsi in indagini extratestuali dirette a verificare se i risultati della interpretazione delle prove costituenti i fondamenti della decisione siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti del processo (Cass. 1^ 10.2.00 n. 94, c.c. 10.1.00, rv. 215336; Cass. 2^ 20.9.94 n. 3695, c.c. 13.9.94, rv.

198818). Nella concreta fattispecie il ricorrente lamenta una diversa valutazione del materiale indiziario e quindi rappresenta una differente valutazione dei fatti e non anche una frattura logica nella valutazione del materiale probatorio.

Nel caso concreto il tribunale ha considerato tutti i dati fattuali della fattispecie logicamente osservando che ove il denaro fosse stato concesso in prestito ad un tasso usurario, la parte lesa non avrebbe certamente gridato ed invocato i Carabinieri all’interno dell’ufficio postale. I giudici di merito hanno anche considerato le tesi difensive risultate inverosimili e contrarie ad ogni logica ed hanno considerato che quanto riferito dal teste M. è sovrapponibile ai fatti denunciati, al contrario di quanto assertivamente detto in ricorso.

Anche il ricorso relativo alle esigenze cautelari è manifestamente infondato alla luce del principio di legittimità che statuisce che ai fini della configurabilità dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione del reato previsto dall’art. 274 cod. proc. pen., lett. c), gli elementi di cautela possono essere tratti anche dalle specifiche modalità e circostanze del fatto, considerate nella loro obiettività, in quanto la valutazione negativa della personalità dell’indagato può desumersi tenendo presenti i criteri stabiliti dall’art. 133 cod. pen.. L’attribuzione alle medesime modalità e circostanze di una duplice valenza sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto sia sotto quello dell’apprezzamento della capacità a delinquere discende dalla considerazione che la condotta tenuta in occasione del reato (nella specie le odiose modalità della vicenda evidenziante una indole violenta e trasgressiva) costituisce un elemento specifico significativo per valutare la personalità dell’agente e l’attualità delle esigenze (Cass. 3^ 23.4.04, ud. 18.3.04, rv. 228882; Cass. 6^ 6.6.02 n. 22121, c.c. 20.2.02, rv. 222242).

L’impugnazione è pertanto inammissibile a norma dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 3; alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibilità il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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