Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 07-01-2011) 01-04-2011, n. 13371

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 15.5.2010 il GIP presso il Tribunale di Forlì disponeva la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di cui al capo a), B),C) e D), concorso in rapina commessa in un Istituto bancario di (OMISSIS) con minaccia di uso di armi da fuoco con un profitto di Euro 65.969,89, ricettazione di un’auto utilizzata nella commissione della predetta rapina, porto illegale di armi, nonchè per lesioni commesse a danno della guardia giurata O. nel corso della detta rapina che veniva spossessata della pistola semi-automatica Glock cal 9×21.

Il ricorrente proponeva istanza di riesame, ma il Tribunale con ordinanza del 2.8.2010 la rigettava. A pag. 4 del provvedimento impugnato vengono riassunti gli elementi indiziari a carico del ricorrente; la similitudine tra tre rapine commesse tra il (OMISSIS) in meno di due mesi con modalità in tutto simili e presumibilmente dalle stesse persone e il ritrovamento nell’abitazione del ricorrente di armi in un caso certamente identificabile in quella sottratta alla guardia giurata nel corso della rapina del presente procedimento e con ogni verosimiglianza di altra arma utilizzata in (OMISSIS).

Inoltre il C. era già stato attinto da ordinanza cautelare in quanto indagato per la rapina cronologicamente intermedia in (OMISSIS), ordinanza non impugnata in sede di riesame, ed individuato dai CC di Venezia come corresponsabile in quella di (OMISSIS), inoltre l’indagato mostra in effige segnaletica aspetti di significativa somiglianza con il rapinatore che in (OMISSIS) disarmò la guardia giurata. Ed infine il ritrovamento presso l’abitazione del ricorrente di svariati indumenti e borse del tipo di quelle visibili nelle rapine prima ricordate, il ritrovamento di dollari australiani che risultavano sottratti in una delle altre rapine commessa 14 giorni prima di quella in (OMISSIS);

l’avvistamento da parte di un teste nell’immediatezza della rapina di una vettura a forte velocità del tutto simile a quella rubata il giorno della rapina di (OMISSIS) e sequestrata all’indagato; l’esito dell’analisi dei flussi delle comunicazioni relative alle utenze dei cellulari sequestrati al ricorrente ed a quelle ad esse collegate.

Ricorre l’indagato che allega la carenza e manifesta infondatezza della motivazione del provvedimento impugnato. Gli indizi esposti nell’ordinanza non avevano il carattere di gravità ed erano al più considerabili come sospetti; non vi erano descrizioni da parte della guardia giurata e dagli altri testi del rapinatore per l’accusa identificabile in colui che era rimasto fuori della banca e quindi con il C.; i CC offrono una descrizione del tutto generica; la circostanza che il C. sia sospettato di altra rapina non prova la sua partecipazione a quella oggetto dell’attuale procedimento; la teste S. ha visto solo un’auto nera dopo la rapina, ben poco per identificarla con quella sequestrata all’indagato; il fatto che le utenze cellulari sequestrate al ricorrente non riportasse traffico la mattina della rapina ha scarso significato; e significativi dubbi sussistono sulla possibilità di riconoscere con assoluta certezza la pistola sequestrata in casa del ricorrente come quelle sottratta alla guardia giurata. Nessuna certezza vi è in proposito neppure in base alla ricerche effettuate dai RIS di Parma sul numero della matricola della pistola.
Motivi della decisione

Va preliminarmente ricordato che in caso di ricorso avverso un provvedimento di riesame in tema di misure cautelari personali, allorchè sia denunciato vizio di motivazione, le doglianze attinenti alla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza o delle esigenze cautelari, possono assumere rilievo solo se rientrano nella previsione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), se cioè integrano il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Esula, quindi, dalle funzioni della Cassazione la vantazione della sussistenza o meno dei gravi indizi e delle esigenze cautelari, essendo questo compito primario ed esclusivo dei giudici di merito ed, in particolare, prima, del giudice al quale è richiesta l’applicazione della misura e, poi, eventualmente, del giudice del riesame (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 5, sentenza n. 806, 08/03/1993, Rv.194139).

In applicazione di tale consolidato principio, a questa Corte spetta, quindi, solo il compito di verificare, in relazione ai peculiari limiti che ineriscono al giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario, controllando la congruenza della motivazione in base ai criteri della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (cfr. ancora, Cass., sez. unite, 22 marzo 2000, Audino).

Nella specie, si osserva che la motivazione del provvedimento impugnato, lungi dal concretare i vizi denunciati (mancanza o mera apparenza), è completa, avendo esaurientemente, preso in considerazione gli elementi di fatto e di diritto sottoposti al vaglio del Tribunale e non merita censure. Gli indizi appaiono gravi, univoci e concordanti e portano univocamente ad indicare il ricorrente come autore anche della rapina di cui è indagine: la similitudine tra tre rapine commesse tra il (OMISSIS) in meno di due mesi con modalità in tutto simili e presumibilmente dalle stesse persone e il ritrovamento nell’abitazione del ricorrente di armi in un caso certamente identificabile in quella sottratta alla guardia giurata nel corso della rapina del presente procedimento e con ogni verosimiglianza di altra arma utilizzata in (OMISSIS). Inoltre il C. era già stato attinto da ordinanza cautelare in quanto indagato per la rapina cronologicamente intermedia in (OMISSIS), ordinanza non impugnata in sede di riesame, ed individuato dai CC di Venezia come corresponsabile in quella di (OMISSIS), inoltre l’indagato mostra in effige segnaletica aspetti di significativa somiglianza con il rapinatore che in (OMISSIS) disarmò la guardia giurata. Ed infine il ritrovamento presso l’abitazione del ricorrente di svariati indumenti e borse del tipo di quelle visibili nelle rapine prima ricordate, il ritrovamento di dollari australiani che risultavano sottratti in una delle altre rapine commessa 14 giorni prima di quella in (OMISSIS);

l’avvistamento da parte di un teste nell’immediatezza della rapina di una vettura a forte velocità del tutto simile a quella rubate il giorno della rapina di (OMISSIS) e sequestrata all’indagato; l’esito dell’analisi dei flussi delle comunicazioni relative alle utenze dei cellulari sequestrati al ricorrente ed a quelle ad esse collegate. Pertanto la motivazione appare esauriente ed immune da vizi di ordine logico e riconducono univocamente all’indagato come autore delle tre rapine; le censure sono di mero fatto.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; inoltre, poichè dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perchè provveda a quanto stabilito dal citato art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 bis.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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