Cass. pen., sez. I 25-06-2009 (09-06-2009), n. 26492 – Pres. GIORDANO Umberto – P.M. MONETTI Vito – B.G. IMPUGNAZIONI

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RILEVATO IN FATTO E DIRITTO
1. – Con ordinanza, deliberata il 20 febbraio 2009 e depositata il 19 marzo 2009, il Tribunale di Reggio di Calabria, in funzione di giudice distrettuale del riesame delle ordinanze che dispongono misure coercitive, ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario di Palmi il 26 gennaio 2009 a carico di B. G., indagato per il concorso (con ignoti compartecipi) nell’omicidio premeditato commesso in danno di M.P., in (OMISSIS), e dei connessi reati di detenzione e di porto illegali di armi da guerra e comuni da sparo.
La vittima, appena uscita da casa, nel mentre alla guida della propria autovettura di dirigeva verso il centro di (OMISSIS), veniva fatta segno da numerosi colpi di fucile mitragliatore (calibro mm.
7,62). Sulla scena del delitto venivano sequestrati (oltre ai bossoli espulsi e ai proiettili esplosi dal mitra) un bossolo e una ogiva calibro mm. 9,00. M. era, peraltro, armato con una rivoltella calibro 38, occultata sotto il sedile del veicolo, che non aveva fatto in tempo a usare.
I giudici di merito hanno individuato l’antefatto del delitto e, al tempo stesso, la scaturigine del movente nel ferimento di Ma.
P., genero del pregiudicato (detenuto) B.U., esponente eponimo della cosca, perpetrato il 4 luglio 2008 da M.N., figlio di P.. Gli indizi in proposito raccolti contro il giovane N. (costituiti dalla intercettazione di una conversazione telefonica intercosa il (OMISSIS) tra la sorella del feritore, C., e la zia, S., rivelatrice del coinvolgimento del loro congiunto nel primo fatto di sangue; dalla successiva, immediata irreperibilità di N. e dall’occultamento della rivoltella, legalmente detenuta) avevano indotto il Pubblico Ministero a disporre, il 4 agosto 2008, il fermo di M., convalidato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario di Pisa il 7 agosto 2008 e seguito dalle ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal giudice per le indagini preliminari del ridetto Tribunale e, quindi, da quello di Palmi.
Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto assume rilievo nel presente scrutinio di legittimità, il Tribunale ha motivato: i gravi indizi di reità che attingono B.G. sono costituiti (a) dalla traccia di sei micro particelle, residuate dall’esplosione di colpi di arma da fuoco, isolate su un indumento, sequestrato all’indagato nello stesso giorno del delitto in esito a perquisizione domiciliare; (b) dai contrasti e dal mendacio apprezzati nelle spontanee dichiarazioni rese da B. circa i propri spostamenti la sera antecedente il delitto – i Carabinieri di Rosarno avevano fermato, nel corso di un controllo, B. G. e B.D. a bordo di una autovettura in transito lungo la via (OMISSIS) alle ore 1.25 del (OMISSIS), mentre l’indagato ha anticipato il controllo dei Militari alle 23.30 del giorno precedente; inoltre, i Carabinieri, intorno alla ore 4.00 del (OMISSIS), proprio in prossimità del luogo dell’agguanto mortale, avevano avvistato "in sosta nel mezzo della carreggiata", l’autovettura Volkswagen Golf, con targa (OMISSIS), intestata a Be.Gi., e una Mercedes Smart di colore bianco, non identificata, corrispondente a quella in uso a B.G.; ed entrambi i veicoli, al sopraggiungere dei Militari si erano rapidamente allontanati – (c) dal movente della ritorsione e della vedetta che lega i due fatti sangue, pacificamente emergente dalla ridetta conversazione intercettata tra i congiunti di M.N., autore del ferimento del cugino (acquisito) dell’indagato; non rileva il responso del consulente tecnico della difesa in ordine alla incompatibilità tra le micro particelle indizianti e i residui isolati sui bossoli calibro mm. 7,62, in quanto gli esecutori fecero uso anche di arma di calibro diverso (mm.
9); gli indumenti sono stati repertati con l’osservanza delle cautele del caso dei protocolli prescritti per preservare da ogni possibile successivo inquinamento (uso di guanti sterili monouso da parte degli agenti operanti; conservazione degli indumenti in appositi sacchetti di plastica); nè rileva l’assenza di tracce significative sul corpo dell’indagato; costui, infatti, dichiarò, all’atto del prelievo, che, prima dell’arrivo dei Carabinieri, si era lavato il viso e le mani; mendace è la successiva negativa, nel corso dell’interrogatorio, collegata all’interesse difensivo di contrastare l’esito positivo dell’accertamento sugli indumenti con quello eseguito sull’epidermide; e, infine, palesemente mendaci, in quanto non plausibili, sono le dichiarazioni dell’indagato di non essersi informato in occasione delle visite al cugino ferito della identità del feritore e di ignorare che M.N. fosse l’autore del ferimento.
2. – Ricorre per cassazione l’indagato, col ministero dei difensori di fiducia, avvocati Antonio Managò e Gregorio Cacciola, mediante distinti atto recanti, rispettivamente, le date del 10 aprile 2009 e del 30 marzo 2009. L’avvocato Managò sviluppa due motivi. L’avocato Cacciola rassegna un unico motivo.
2.1 – Con il primo motivo l’avvocato Managò dichiara promiscuamente di denunciare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), c) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza, in relazione agli artt. 63, 63, 199, 350, 351 e 362 c.p.p. e vizio di motivazione.
Il difensore eccepisce la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal ricorrente il 7 luglio 2008, giusta processi verbali redatti alle ore 14.40 e alle ore 15.33, e, nel corso dell’interrogatorio del 22 dicembre 2008, su contestazione delle precedenti dichiarazioni; da B.D. (cugino dell’indagato) il 7 luglio 2008, giusta processi verbali redatti alle ore 14.25 e alla ore 15.45; da A. M. in pari data, sotto il profilo della mancata osservanza della garanzia difensive, versando i dichiaranti nella condizione di indagati, siccome pacificamente risulta dal resoconto delle indagini fatto dai giudici di merito; tali dichiarazioni non sono riconducibili a quelle contemplate dall’art. 350 c.p.p., comma 7, in quanto furono rese su "richiesta e sollecitazione dei verbalizzanti", in sede di prelievo delle micro particella la mattina del (OMISSIS), e, quindi, nei locali della caserma di Gioia Tauro "su espressa domanda formulata dagli inquirenti; concorre l’ulteriore profilo di inammissibilità per l’omesso avvertimento nei confronti del ricorrente e del suo cugino A. della facoltà di astenersi in quanto prossimi congiunti.
2.2 – Con il secondo motivo il ricorrente denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 110 e 575 c.p., art. 577 c.p., comma 1, n. 3, in relazione alla "violazione legge armi e all’art. 273 c.p.p. nonchè, promiscuamente, vizio della motivazione.
Il difensore oppone: il giudice a quo ha enfatizzato la causale, assegnandole valenza primaria nella costruzione del sillogismo indiziario, anzichè apprezzarla in esito alla cernita e alla valutazione degli altri indizi; nella specie la causale è priva di pregio; il rapporto di affinità con la persona ferita ( Ma.
P.) dal figlio ( N.) della vittima ( M.P.) è in linea collaterale e in grado sesto; la causale non è personale, coinvolgendo tutti i congiunti della famiglie Malvaso e Bellocco; nessun riferimento è contenuto al ricorrente nella conversazione intercettata; quanto agli accertamenti di generica, non risulta che i Carabinieri usarono "sacchetti di sicurezza termosaldati, nè chiusero gli involucri con sigilli recanti la firma dell’indagato; le micro tracce accertate sui pantaloni – senza peraltro indicazione della zona dell’indumento interessata – non sono rapportabili all’uso del Kalashinikov; mentre B.G., se anche avesse concorso nella esecuzione del delitto utilizzando altra arma (la rivoltella calibro mm. 9), sarebbe stato, comunque, inevitabilmente contaminato dai residui dispersi dalla raffica del fucile mitragliatore; negativo è, ancora, l’esito dell’accertamento eseguito su cute, narici ed orecchie del ricorrente; e nessun altra traccia è stata isolata sugli altri indumenti sequestrati; il comportamento processuale dell’imputato che aveva ammesso di aver indossato l’indumento contaminato accredita la ipotesi dell’"inquinamento innocente" trascurata dal Collegio; i Carabinieri trovarono B.G. a casa che dormiva; l’omessa considerazione di tutti siffatti elementi comporta che la motivazione deve ritenersi mancante o apparente; al di là della inutilizzabilità, l’indicazione dell’orario del precedente controllo dei Carabinieri nella notte tra il (OMISSIS) costituisce mera imprecisione e non mendacio indiziante; nè vale il riferimento all’avvistamento della Smart bianca, laddove i Militari avevano controllato B.G., mentre circolava alla guida di altro veicolo (Fiat Punto); arbitrario è il collegamento tra il fatto di sangue e il movimento dei due veicoli (Smart e Golf); inoltre, trattandosi di "autovetture intestate ai propri familiari" sarebbe stato poco plausibile il loro uso per la preparazione del delitto.
2.3 – L’avvocato Cacciola denunzia congiuntamente violazione di legge, in relazione agli artt. 273 e 274 c.p.p. e manifesta illogicità della motivazione.
Il difensore contesta il requisito della gravità indiziaria, obiettando: non è dimostrata il coinvolgimento dell’indagato nella cosca omonima; nè nell’antefatto; l’indizio delle micro particelle non dimostra che B.G. sia l’autore dell’omicidio; causale e contraddizioni sono elementi affatto neutri; quanto alla prima il grado di affinità è "lontanissimo"; alla vendetta potevano essere interessati semmai i soli familiari di Ma.; nessun altro dei B. appare compromesso nel fatto di sangue; B. G. non aveva alcun interesse nella vicenda del precedente ferimento; nulla poi dimostrano le supposte contraddizioni; si tratta di mere inesattezza, espressione, piuttosto, di ingenuità; e, comunque, le dichiarazioni in questione concernono condotte che non presentano "alcun collegamento o significato di rilievo" con l’omicidio; non c’è poi contraddizione alcuna in ordine alla circostanza che l’imputato, nelle ore precedenti la applicazione del tampone adesivo, non si fosse lavato, tanto risultando dal processo verbale di prelievo; suffragano la tesi dell’"inquinamento involontario", sostenuta dall’indagato, l’esiguità del reperto significativo; la assenza di tracce sugli altri indumenti e sulla cute; il difetto di indicazioni circa l’impiego di "buste vergini" per la conservazione degli indumenti; la possibilità di un uso pregresso di armi da fuco o di un contatto con esse ovvero ancora con superfici contaminate; nessuna delle micro particelle è, in ogni caso, collegabile all’uso del fucile mitragliatore utilizzato per l’omicidio; infine, l’adozione di precauzioni (per evitare la contaminazione) ipotizzata dal Collegio avrebbe logicamente comportato l’esito negativo di tutti gli accertamenti microscopici;
nessuna traccia accredita l’uso della Smart dell’indagato in relazione alla esecuzione del fatto di sangue; il giorno del delitto i Carabinieri trovarono B.G. ancora a letto; la madre e il nonno dell’indagato hanno asseverato il suo alibi.
3.- Il ricorso è infondato.
3.1 – Prive di pregio sono le eccezioni in rito del ricorrente.
3.1.1 – Gli è che, laddove il giudice a quo prospetta che si trattò di "spontanee dichiarazioni" rese dall’indagato, il difensore, incorrendo nella inosservanza del principio di autosufficienza del ricorso (v. infra), ha trascurato di offrire la compiuta rappresentazione e dimostrazione (mediante allegazione di copia degli atti pertinenti ovvero mediante loro integrale riproduzione nel corpo nel ricorso) del proprio assunto, secondo il quale le dichiarazioni de quibus non furono spontanee, ma costituirono la risposta alle domande formulate dagli investigatori della polizia giudiziaria e dal Pubblico Ministero.
Nè al potere del giudice di legittimità di rilevare di ufficio, ai sensi dell’art. 609 c.p.p., comma 2, le cause di inutilizzabilità, "corrisponde il dovere di ricercare gli elementi di fatto posti a fondamento" della relativa denunzia (Cass., Sez. 6^, 17 giugno 2003, n. 29740, Mulino, massima n. 225460).
Quanto, poi, alle dichiarazioni rese da B.G. nel corso dell’interrogatorio, in seguito alla contestazione delle precedenti spontanee dichiarazioni, soccorre, inoltre, l’ulteriore considerazione che – supposta per mera ipotesi dialettica la inutilizzabilità delle prime dichiarazioni – il vizio non inficerebbe, in ogni caso, l’interrogatorio.
E’, infatti, appena il caso di ricordare che in tema di inutilizzabilità – a differenza rispetto alla materia della nullità – non opera il principio della propagazione (Cass., Sez. 1^, 10 febbraio 2009, n. 8632, Pacicca, massima n. 242847; cui adde: Sez. 2^, 14 novembre 1997, n. 6316, Meriani, massima n. 209149; Sez. 1^, 30 gennaio 2007, n. 21923, Cirillo, massima n. 236694; e Sez. 2^, 4 marzo 2008, n. 12105, Fiaccabrino, massima n. 239746).
3.1.2 – Non è, poi, pertinente il richiamo all’art. 199 c.p.p., laddove non si verte in materia di esame o di assunzione di informazioni.
3.1.3 – Conclusivamente le spontanee dichiarazioni rese dall’indagato -o da persone comunque sottoposte a indagini – alla Polizia giudiziaria, sebbene non siano utilizzabili nella sede dibattimentale, à termini dell’art. 350 c.p.p., comma 7, ben possono essere valutate nella fase delle indagini e poste a fondamento dei provvedimenti coercitivi (Cass., Sez. 2^, 5 maggio 2000, n. 2539, Papa, massima n. 216298; Sez. 1^, 25 febbraio 1997, n. 1650, Giuliani, massima n. 207427; Sez. 3^, 15 maggio 1996, n. 2230, Bombara, massima n. 205367; Sez. 6^, 14 aprile 1992, n. 1249, Santene, massima n. 190870).
3.2 – Non è apprezzabile alcuna violazione di legge:
– nè sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a quo applicato una determinata disposizione in relazione all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
– nè sotto il profilo della erronea applicazione, avendo il Tribunale esattamente interpretato le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, nè, oltretutto, opponendo il ricorrente alcuna alternativa interpretazione a quella correttamente seguita nel provvedimento impugnato.
Invero il giudice a quo ha confermato la ordinanza cautelare sulla base della rappresentazione dell’accertamento di gravi indizi di reità in ordine al delitto di omicidio e ai concorrenti reati concernenti le armi.
3.3 – In proposito non colgono nel segno le censure formulate dal ricorrente circa la asserita illogicità della valutazione operata dal Tribunale in merito alle micro particelle ternarie, incontestabilmente originate dalla esplosione di colpi di arma da fuoco e isolate sui pantaloni di B.G..
In tema di tracce del reato conta solo la presenza dei dati segnaletici che sorreggono la abduzione indiziaria.
La mancanza di tracce ulteriori costituisce, di per sè, elemento affatto neutro e non assume alcuna valenza probatoria, se non a condizione che sia prima rigorosamente dimostrato che la partecipazione dell’indagato nella esecuzione del reato doveva necessariamente implicare la presenza delle tracce mancanti.
Ma siffatta dimostrazione i difensori non hanno offerto, in quanto hanno soltanto opposto mere illazioni circa le possibilità, le modalità e il grado di contaminazione per chi aveva concorso nella azione di fuoco.
Pertanto la argomentazione difensiva, la quale ricalca lo schema del secondo sillogismo ipotetico, denominato dagli Scolastici "modus tollendo tollens", si rivela fallace in quanto la implicazione della prima proposizione è non necessaria, bensì meramente congetturale.
Per il resto, in ordine all’apprezzamento del compendio indiziario, il giudice del riesame ha dato conto adeguatamente – come illustrato nel paragrafo che precede sub 1. – delle ragioni della propria decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione (v. per tutte:
Cass., Sez. 1^, 5 maggio 1967, n. 624, Maruzzella, massima n. 105775 e, da ultimo, Cass., Sez. 4^, 2 dicembre 2003, n. 4842, Elia, massima n. 229369) e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.
I rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dal ricorrente, benchè inscenati sotto la prospettazione di vitia della motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di merito: a fronte della ricostruzione e della valutazione del giudice a quo i difensori non offrono, così come impone la osservanza del principio di autosufficienza del ricorso (v. infra), la compiuta rappresentazione e dimostrazione, di alcuna evidenza (pretermessa ovvero infedelmente rappresentata dal giudicante) di per sè dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati (Cass., Sez. 1^, 14 luglio 2006, n. 25117, Stojanovic, massima n. 234167 e Cass., Sez. 1^, 15 giugno 2007, n. 24667, Musumeci, massima n. 237207).
Al riguardo – è appena il caso di aggiungere – non merita di essere preso in considerazione il riferimento alla prova di alibi.
Il difensore neppure prospetta di avere – con la richiesta di riesame, ovvero con memorie o mediante dichiarazioni inserite nel processo verbale della udienza in camera di consiglio – rappresentato al giudice a quo che la madre e il nonno dell’indagato ne avrebbero confermato l’alibi, per essersi B.G. trattenuto nella propria abitazione delle ore 2.30 del (OMISSIS) fino all’arrivo dei Carabinieri intorno alle ore 9.30.
Nè, tampoco, ha curato di indicare specificamente gli estremi degli atti in questione, di riprodurne e documentarne il contenuto testuale.
Sicchè, anche sul punto, il ricorso è inficiato dalla carenza del requisito della autosufficienza (v. Sez. 4^, 26 giugno 2008, n. 37982, Buzi, massima n. 241023; Sez. 1^, 18 marzo 2008, n. 16706, Falcone, massima n. 240123; Cass., Sez. 1^, 29 novembre 2007, n. 47499, Chialli, massima n. 238333; Sez. Feriale, 13 settembre 2007, n. 37368, Torino, massima n. 237302; Sez. 6^, 19 dicembre 2006, n. 21858, Tagliente, massima n. 236689; Sez. 1^, 18 maggio 2006, n. 20344, Salaj, massima n. 234115; Sez. 1^, 2 maggio 2006, n. 16223, Scognamiglio, massima n. 233781; Sez. 1^, 20 aprile 2006, n. 20370, Simonetti, massima n. 233778).
Tale requisito costituisce esplicazione di quello cd. della specificità dei motivi, prescritto dall’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. e).
Infatti, la novella del 20 febbraio 2006, n. 46, ha esteso il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento, oggetto di scrutinio, all’ambito dei vizi (extra testuali) risultanti dagli "altri atti del processo specificamente indicati" art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). Conseguentemente la enunciazione, in relazione a "ogni richiesta, (..) delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono" l’impugnazione – trattandosi di indicazione espressamente prescritta dalla legge, a pena di inammissibilità, come "specifica" (artt. 581 e 591 c.p.p.) – comporta (oltre al riferimento ai pertinenti estremi, pur) la preliminare e necessaria rappresentazione (con la relativa documentazione) del contenuto dell’atto del processo sul quale si impernia la censura del vizio extra testuale: della censura medesima l’atto de quo (nella sua interezza) costituisce, per l’appunto, elemento intrinseco ed essenziale; la relativa esposizione è, pertanto, affatto imprescindibile, perchè possa considerarsi perfezionato, sul piano formale, l’adempimento della prescrizione della specificità dei motivi.
3.4 – E’, infine, appena il caso di aggiungere che le mera menzione del riferimento normativo dell’art. 274 c.p.p., contenuta nell’incipit del ricorso redatto dall’avvocato Cacciola, non è corredata da alcuna deduzione o esplicazione, sicchè sul punto delle esigenze cautelari, l’impugnazione, affatto immotivata, risulta inammissibile.
3.5 – Conseguono il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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