Cass. pen., sez. IV 26-05-2009 (06-05-2009), n. 22042 – Pres. MOCALI Piero – C.D. DIFESA E DIFENSORI- Efficacia nel procedimento principale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
C.D., imputato di avere importato in (OMISSIS) in concorso con altri kg 20.700 di eroina che veniva sequestrata a (OMISSIS) ad F.A., nei cui confronti si procedeva separatamente, con sentenza del GIP presso il Tribunale di Milano veniva condannato alla pena di anni otto, mesi quattro di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa.
Proposto appello il C., previa rinuncia di tutti i motivi di impugnazione concordava con il Procuratore Generale la pena in anni 4, mesi otto di reclusione ed Euro 40.000,00 di multa, con revoca delle pene accessorie.
In questo senso la Corte d’Appello di Milano pronunciava sentenza in data 7 giugno, confermando le confische già disposte.
Avverso questa decisione l’imputato propone ricorso per cassazione e deduce tre ordini di motivi:
1) inosservanza delle norme processuali in relazione all’art. 419 c.p.p., comma 2, art. 178 c.p.p., lett. c), art. 179 c.p.p. per omessa notifica al difensore d’ufficio, avv. Andrea Tomaselli, dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare; eccezione sollevata in udienza preliminare e respinta dal primo giudice, riproposta in appello ed anche in tale sede rigettata.
Sostiene il ricorrente che l’Avv. Tomaselli era stato nominato in sede di opposizione ex art. 263 c.p.p., comma 5. Secondo i giudici di merito tale nomina non dispiegava effetti nelle altri fasi del procedimento, mentre essa riguardava la difesa nell’intero procedimento, tanto che veniva revocata la precedente nomina ad altro difensore.
Trattandosi di violazione che incideva sulla formazione del rapporto processuale e sulla partecipazione ed assistenza del difensore all’udienza preliminare, essa doveva intendersi comportare una nullità assoluta.
2) mancanza di motivazione ed inosservanza di legge con riferimento agli artt. 132 e 133 c.p. nella determinazione della pena che si risolve in uno scorretto esercizio del potere discrezionale del giudice sul punto.
3) erronea applicazione della legge penale in ordine all’art. 240 c.p..
Sostiene il ricorrente che la confisca dell’autovettura, del denaro e dei telefoni cellulari non era condivisibile perchè si fondava su di un tipo di ragionamento sbagliato: il giudice di prime cure e quello d’appello avevano ravvisato una diretta strumentalità della vettura al compimento delle attività illecite per i numerosi viaggi compiuti ed il trasporto di persone coinvolte, mentre dagli atti di indagine non risultava l’uso di detta autovettura per l’illecita attività, nè che la medesima fosse stata in alcun modo modificata per renderla più idonea allo scopo di occultare la sostanza stupefacente.
Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
In ordine al primo motivo si richiama la giurisprudenza di questa Corte:
"la nomina del difensore di fiducia fatta dall’indagato per il procedimento incidentale di riesame non dispiega effetto alcuno nel procedimento principale del tutto autonomo e separato dal primo, non essendone prevista la conoscenza da parte dell’autorità giudiziaria procedente, che viene avvisata della richiesta di riesame ai soli fini della trasmissione degli atti". (Cass. Pen. Sez. 1^ 29 marzo 1995, n. 74, Galassi).
Pertanto la censura è infondata; i giudici di merito si sono adeguati a tale principio di diritto, rilevando che l’avv. Tomaselli era stato nominato nell’ambito del procedimento incidentale di opposizione ex art. 263 c.p.p., comma 5.
Peraltro, il predetto professionista partecipò all’udienza preliminare ed in tale sede si accertò che uno dei precedenti difensori era stato revocato, per cui, essendo presente l’imputato, la nomina dell’avv. Tomaselli venne estesa al procedimento principale.
In sede di appello il C. rinunciò ai motivi di appello, salvo quello relativo alla misura della pena, che fu concordata con il P.G..
Non vi era alcuna ragione che la corte sollevasse un’eccezione relativa alla violazione dei diritti della difesa che furono tutti assolti pienamente e che nella sostanza venivano superati dall’accettazione della sentenza di condanna con applicazione di una pena concordata tra le parti.
Sulla base di queste considerazioni si deve ritenere assolutamente infondato e del tutto pretestuoso anche il secondo motivo di ricorso, che riguarda la motivazione della sentenza impugnata in ordine all’entità della pena, dal momento che la corte territoriale ha fatto riferimento alla gravità dei fatti ed alla personalità dell’imputato il quale non può dolersi di una pena che ha previamente accettato.
Infine, in ordine al terzo motivo la corte d’appello ha confermato la confisca dell’autovettura disposta dal primo giudice che ha correttamente motivato sulla pertinenzialità della medesima alla commissione del reato.
Essa, infatti, è risultata essere stata strumento indispensabile per il compimento dell’attività illecita che e confuta in numerosi viaggi e trasporti delle persone coinvolte, spostamenti necessari a creare i collegamenti e a rendere possibile il compimento del reato.
Tale collegamento tra il fatto imputato e l’uso dell’autovettura e stato desunto dal giudice dalle stazioni di servizio che hanno consentito di acquisire gli elementi di colpevolezza a carico del ricorrente, per cui la censura mossa sul punto alla sentenza è priva di fondamento.
L’assoluta infondatezza di tutti i motivi di gravame determina l’inammissibilità del ricorso e la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1500,00, somma che si ritiene equa in considerazione della causale colposa dell’inammissibilità alla luce dei principi affermati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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