Cass. pen., sez. VI 21-05-2009 (14-05-2009), n. 21298 – Pres. DE ROBERTO Giovanni – G.P. MISURE CAUTELARI – Espletamento dell’interrogatorio di garanzia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 17 dicembre 2008 il Tribunale del riesame di Bolzano confermava un’ordinanza applicativa di misura cautelare emessa dal GIP (di cui non sono indicati gli estremi specifici), respingendo il "ricorso" del cittadino (OMISSIS) G. P., il quale in particolare con memoria presentata in udienza dai difensori lamentava che – essendo stato scarcerato per vizio di forma in relazione a precedente misura cautelare – era stato destinatario di altra misura cautelare non preceduta dal suo interrogatorio, interrogatorio che egli, che aveva eletto domicilio presso il difensore in occasione della scarcerazione e poi era tornato in (OMISSIS), aveva chiesto – tramite il proprio difensore – avvenisse per rogatoria nel suo Paese.
Secondo il Tribunale:
– l’indagato aveva eletto domicilio in Italia ed era ignoto il suo domicilio estero, essendo noto solo il possesso di passaporto (OMISSIS), comunque essendo regolare la notifica;
– la rogatoria potrebbe essere chiesta solo dal pubblico ministero e per l’assunzione di prove, tale non essendo l’interrogatorio (atto non obbligato, destinato all’esposizione delle difese dell’imputato, e quindi per il quale non era necessaria la rogatoria);
era irrilevante il richiamo alla normativa internazionale, che disciplinava le modalità di svolgimento della rogatoria ma non gli obblighi di compierle.
Il giudice collegiale cautelare scriveva poi che: "è pacifico che sussistono sufficienti indizi e gravi esigenze cautelari (pericolo di fuga, pericolo di reiterazione)". 2. Ricorrono in Cassazione i difensori fiduciari denunciando con primo motivo violazione di norme internazionali in materia di rogatoria ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e motivazione illogica ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). Deducono che il sottoposto alle indagini era stato arrestato in (OMISSIS) a seguito dell’ordinanza impugnata davanti al Riesame, dopo essersi presentato a rendere l’interrogatorio all’udienza all’uopo fissata in Bolzano il 6 ottobre 2008 ed ex art. 302 c.p.p. terza parte, e che a quell’udienza il difensore aveva espressamente formalizzato la richiesta del G. di essere sentito tramite rogatoria, essendo cittadino (OMISSIS), sicchè avrebbe dovuto trovare applicazione la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale che all’art. 3 disciplinerebbe anche le modalità concernenti l’interrogatorio dell’imputato, pure espressamente considerato dall’art. 15, comma 4 di tale Convenzione. In definitiva la misura andrebbe revocata perchè adottata sulla base di un requisito, la mancata presentazione all’interrogatorio, sostanzialmente inesistente alla luce della tempestiva e legittima richiesta di essere sentito in rogatoria.
Con secondo motivo i ricorrenti deducono la mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in ordine alla sussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari, nonostante specifica deduzione difensiva in ordine alla loro insussistenza in ragione del decorso di svariati mesi dalla contestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo in definitiva il ricorrente deduce l’illegittimità della misura perchè, prima della sua adozione, erroneamente il giudice avrebbe ritenuto ingiustificata l’assenza del sottoposto alle indagini ai sensi dell’art. 302 c.p.p. terza parte.
Tale errore determinerebbe vizio di legittimità della misura (con ciò determinando una situazione diversa da quella – il provvedimento legittimo che deve essere revocato per fatti sopravvenuti – che, come insegnato da SU sent. n. 7 del 17.4 – 3.7.1996 in proc. Moni, non consente l’immediato ricorso all’impugnazione se non previa formale richiesta di revoca del provvedimento in atto).
Orbene, l’esistenza di norme internazionali che prevedono e disciplinano la rogatoria – come mezzo per l’acquisizione di elementi di prova o per il compimento di azioni procedimentali in territorio straniero – attiene al rapporto tra Stati, non alla salvaguardia del diritto di difesa, che trova invece pieno ed esaustivo esercizio nella possibilità data all’interessato – sottoposto alle indagini o imputato – di esercitare le proprie facoltà ed i propri diritti con immediato contatto davanti al giudice ed in relazione al procedimento che lo riguarda, come con evidente chiarezza si evince anche dall’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonchè dai relativi Protocolli aggiuntivi.
La previsione della possibilità della rogatoria, con le modalità descritte nella normativa convenzionale, non obbliga infatti gli Stati a utilizzarla necessariamente come condizione di legittimità per provvedere ad un interrogatorio o all’esame di un teste: così Sez. 6^, sent. 9609 del 1988 in proc. Araniti e Sez. 4^ sent. 1465 del 1987 in proc. Von Zwehl. Questa giurisprudenza è relativa al previgente codice di rito, ma detta principi tuttora attuali, non avendo il codice vigente dettato norme specifiche diverse, nè emergendo dai richiamati Protocolli aggiuntivi alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo – anche successivi alla L. n. 251 del 1961 ed all’introduzione del vigente codice di procedura penale – il diritto discrezionale del cittadino straniero che sia sottoposto a procedimento penale a scegliere il luogo dove esercitare le proprie facoltà: il diritto riconosciuto è quello, diverso ed esaustivo, di poter esperire ogni utile mezzo di difesa nel contraddittorio davanti al giudice presso cui pende il procedimento. E’ in proposito utile anche il richiamo all’art. 512 bis c.p.p., per rinvenire la conferma della piena ritualità dell’esame davanti al nostro giudice nazionale della persona residente all’estero.
Pure il motivo relativo alla completa mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari è infondato.
E’ vero che il Tribunale del riesame si è limitato a tre affermazioni sostanzialmente apodittiche (è pacifico che sussistono sufficienti indizi; è pacifico che sussiste il pericolo di fuga; è pacifico che sussiste il pericolo di reiterazione), con la prima affermazione, pur nella sua apoditticità, realizzando anche un ulteriore vizio per violazione di legge, secondo l’art. 273 c.p.p. essendo necessari per l’applicabilità delle misure cautelari non "sufficienti" ma "gravi" indizi di colpevolezza. Ma, non avendo la difesa proposto motivi specifici sul punto al Tribunale del riesame (la richiesta di riesame ex art. 309 del 1990 c.p.p. in data 10 dicembre 2008 è priva di motivi), ed avendo poi nell’articolata memoria depositata per l’udienza collegiale trattato solo il punto ora riproposto nel primo motivo di ricorso, può farsi pieno richiamo alle motivazioni svolte su tali punti dal GIP nella sua ordinanza del 7 ottobre 2008.
Va infatti ribadito che l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo di misura cautelare personale, adottato dal GIP, poichè giunge a conclusione di una procedura che si caratterizza per l’assenza, da un lato, di un onere di impugnazione per motivi specifici e, dall’altro, di alcun limite devolutivo, si integra reciprocamente con il provvedimento confermato. Ne consegue che eventuali carenze motivazionali di uno dei due provvedimenti possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro (Sez. 6^, sent. 3678 del 17.11 – 15.12.1998 in proc. Panebianco ed altro).
Nella specie, il GIP di Bolzano ha dato conto dei gravi indizi di colpevolezza (pg.3, con il rinvenimento dello stupefacente su veicolo condotto dal ricorrente) e delle esigenze cautelari (il pericolo di reiterazione desunto dalle modalità del carico e dall’inserimento in organizzazione; il pericolo di fuga trattandosi di cittadino (OMISSIS) giunto in Italia dall'(OMISSIS) e pertanto in grado di varcare con facilità ed agilità più confini; il pericolo di inquinamento probatorio in relazione alle indagini in corso). Si tratta di tre apprezzamenti di fatto che, in relazione alla peculiarità della vicenda per cui si procede e che emerge dalla contestazione, si sottraggono a censura di manifesta illogicità o contraddittorietà.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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