Cass. pen. n. 17266 del 23-04-2009 STUPEFACENTI – Detenzione a fini di spaccio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13.3.2006 la Corte d’appello di Firenze confermava la condanna di A.E.Y. alla pena di giustizia irrogatagli dal Tribunale di Pisa il precedente 17.6.2003 per la detenzione a fini di spaccio di 36 gr. di hashish, confezionato in singole dosi. Il Tribunale aveva applicato l’attenuante del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, perchè le analisi chimiche avevano attestato un principio attivo complessivamente pari a gr. 1,615.
Il Giudice di appello disattendeva l’unico motivo dedotto dall’appellante – di insussistenza della rilevanza penale della condotta per inidoneità della sostanza a produrre effetto drogante, previa parziale rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per acquisire una consulenza tecnica tossicologica di parte – richiamandosi ai principi insegnati da S.U. sent. 9993 del 1998, e ritenendo quindi irrilevante l’ipotesi – sostenuta dalla difesa – che il principio attivo contenuto nelle singole dosi dell’hashish destinato allo spaccio e sequestrate all’imputato fosse inferiore alla ed soglia drogante, una volta che fosse stato già accertato – come in questo caso – che comunque si trattava effettivamente di hashish, il che era sufficiente essendo quella di stupefacente una nozione legale e non farmacologica.
2. Il difensore ha proposto ricorso per cassazione con unico motivo denunciando violazione, erronea e falsa applicazione della legge penale, con riferimento al disposto dell’art. 49 c.p. in relazione all’ipotesi D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73.
Pur dando atto dell’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, ricordato ed applicato dai giudici del merito, il ricorrente deduce in primo luogo che la questione della punibilità nei casi di accertata insufficienza del principio attivo sarebbe tutt’altro che pacifica, richiamando giurisprudenza di merito e le sentenze di questa Corte Sez. 4, n. 3584 del 2000, Fucile; Sez. 6, n. 20938 del 2004 e n. 31412 del 2004, nonchè dottrina e giurisprudenza sul reato impossibile e sul principio di offensività. Afferma poi che nel caso concreto la Corte d’appello avrebbe ammesso in motivazione che la sostanza sequestrata non poteva esplicare effetti droganti e che pertanto avrebbe dovuto applicare il capoverso dell’art. 49 c.p., assolvendo l’imputato perchè il fatto non costituisce reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
La Corte distrettuale differentemente da quanto dedotto nel ricorso non ha affatto ammesso che la sostanza sequestrata non potesse esplicare effetti droganti, bensì ha ritenuto sufficiente al fine del decidere il fatto che, in ogni caso, fosse stata accertata la qualità di hashish di tale sostanza, giudicando ciò idoneo ad integrare la nozione legale di stupefacente alla luce della giurisprudenza delle Sezioni Unite 1998, Eremi.
Tale conclusione va condivisa, con le precisazioni che seguono.
3.1 Il positivo accertamento, come nella fattispecie, della natura stupefacente di una determinata sostanza, nella specie verificata come hashish non in ragione di una mera descrizione naturalistica esteriore, ma in esito a specifica analisi chimica, inserisce innanzitutto le condotte relative a tale sostanza nell’ambito del circuito della circolazione illecita della stessa – se non pacificamente destinata all’esclusivo uso personale -. Ciò determina la concretizzazione di quella situazione di pericolo e pregiudizio per la salute, l’ordine e la sicurezza pubblici, e per la stessa salvaguardia delle giovani generazioni, tutti beni giuridici coinvolti passivamente dal mercato della droga con le sue più diverse ma proprie implicazioni (dallo stato di salute dei cittadini, ai fenomeni legati alla tossicodipendenza, alle condotte illecite indotte sia dall’uso che dalla necessità o volontà di procurarsi le risorse per gli acquisti ulteriori). Situazione di pericolo, per più ragioni concorrenti appunto, che spiega il divieto di ogni condotta che consente ed agevola la circolazione non autorizzata di determinate sostanze, normativamente identificate. Che tali siano i beni oggetto della tutela penale fornita dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, sicchè l’incremento del mercato degli stupefacenti costituisce causa di turbativa per l’ordine pubblico e di allarme sociale è stato appena autorevolmente confermato da S.U. sent. 28605 del 24.4 – 10.7.2008 in proc. Di Salvia, in materia di coltivazione di piante di cannabis indica.
Sotto tale profilo, pertanto, l’accertata qualità di sostanza appartenente alla tipologia considerata espressamente dal legislatore impedisce, per sè sola, di escludere la potenziale messa in pericolo dei beni tutelati dalla norma incriminatrice, e quindi la sussistenza della cosiddetta offensività in astratto.
3.2 Al giudice spetta poi "verificare se la condotta, di volta in volta contestata all’agente ed accertata, sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico protetto, risultando in concreto inoffensiva". E "inoffensiva" deve intendersi solo la condotta che non leda o metta in pericolo il bene tutelato anche in grado minimo (S.U. Di Salvia citata).
Nel caso concreto, appare assorbente la considerazione che il principio attivo indicato nell’impugnata sentenza – con quantificazione non contraddetta dagli atti di impugnazione – è di gr. 1,615 e, pertanto, comunque notevolmente superiore al dato quantitativo considerato dalle voci 40 e 41 del sopravvenuto D.M. Salute 11 aprile 2006, che ha fissato in 25 mg la dose media singola per la sostanza di cui si tratta, "intesa come la quantità di principio attivo per singola assunzione idonea a produrre in un soggetto tollerante e dipendente un effetto stupefacente e psicotropo". Va qui rilevato che il confronto tra i due dati numerici non è apprezzamento di merito, precluso a questa Corte, essendo gli stessi certi e riconducibili alla sentenza impugnata ed a norma positiva.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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