Cass. pen., sez. VI 29-04-2009 (28-04-2009), n. 17918 RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITÀ STRANIERE – Convalida dell’arresto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma disponeva la consegna all’autorità giudiziaria rumena del cittadino (OMISSIS) B.I., nei cui confronti il Tribunale di Cluj-Napoca aveva emesso in data 25 settembre 2007 mandato di arresto europeo (MAE) per la esecuzione di una condanna alla pena di anni tre di detenzione pronunciata in data 31 gennaio 2007, divenuta definitiva, per i reati di truffa e falso in documenti di lavoro, in concorso con tale A. G., commessi in (OMISSIS) il (OMISSIS).
La Corte di appello disponeva, a norma della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 24, comma 1, che la consegna fosse differita sino all’esaurimento del processo penale italiano per il reato di tentato furto in appartamento in ordine al quale il B. era sottoposto a misura cautelare dall’a.g. italiana, e alla espiazione della pena eventualmente inflitta.
Il B. a seguito di segnalazione Interpol era stato tratto in arresto in data 5 febbraio 2009 nella Casa circondariale di (OMISSIS) ove era detenuto da personale di polizia penitenziaria; e l’arresto era stato convalidato il giorno successivo dal Consigliere delegato della Corte di appello di Roma, che emetteva contestuale ordinanza applicativa della misura di custodia in carcere.
Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il B., a mezzo del difensore avv. Giangualberto Pepi, che denuncia, con un primo motivo, la violazione della L. n. 69 del 2005, art. 10, comma 2, non avendo la difesa ricevuto avviso della udienza per la convalida dell’arresto nel rispetto del termine minimo di ventiquattro ore.
Con un secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 6, comma 4, lett. a), della medesima legge, non essendo stata trasmessa, come prescritto da tale disposizione, una relazione sui fatti addebitati.
Osserva la Corte che il ricorso è manifestamente infondato o per altro verso inammissibile.
Quanto al primo motivo, va detto in primo luogo che esso non è proponibile in questa sede, in cui si tratta di un ricorso avverso la sentenza che ha definito il procedimento di consegna (v. Cass., sez. VI, 22 settembre 2006, Jagela); esito che non è affatto precluso da eventuali vizi attinenti allo status libertatis, che avrebbero dovuto essere fatti valere a suo tempo contro i relativi provvedimenti (Id., 3 marzo 2006, Napoletano).
Nel merito, si tratta comunque di censura manifestamente infondata, perchè il termine minimo di ventiquattro ore è previsto dalla L. n. 69 del 2005, art. 10, comma 2, per la formalità dell’interrogatorio cui deve essere sottoposta, entro cinque giorni dall’applicazione di misura coercitiva di cui al precedente art. 9, la persona di cui è richiesta la consegna; mentre, nei casi in cui essa è stata tratta in arresto ai sensi degli artt. 11 e 12, non è previsto, per la formalità della convalida, per sua natura urgente, un termine minimo di avviso al difensore, conformemente, del resto, alla normale procedura codicistica in tema di arresto in flagranza (v. in particolare art. 390 c.p.p., comma 2), che deve intendersi richiamata in virtù del generale rinvio operato dalla L. n. 69 del 2005, art. 39, comma 1, alle disposizioni del codice di procedura penale.
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, posto che, come esattamente rilevato dalla Corte di appello, la trasmissione di una relazione sui fatti, richiamata dalla L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 4, lett. a), non è necessaria nel caso di MAE emesso sulla base di sentenza di condanna, essendo detta relazione chiaramente intesa dal legislatore come funzionale alla verifica del requisito di cui all’art. 17, comma 4 della stessa legge (gravi indizi di colpevolezza) ove si tratti di un MAE processuale; mentre, in caso di sentenza di condanna, ove non è in discussione tale requisito, occorre solo che la stessa sia corredata da motivazione, dandosi conto, come nella specie, dei fatti accertati, del coinvolgimento del condannato e della sanzione irrogata.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che, in relazione alle questioni dedotte, si ritiene equo determinare in Euro 1.000 (mille).
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *