Cass. pen., sez. VI 29-04-2009 (02-04-2009), n. 17884 SENTENZA – Assenza di riferimenti all’art. 102 cod. pen. ovvero all’art. 103 cod. pen.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. F.A. detto T. è stato condannato dal Tribunale di Venezia il 7.7,2006 per la cessione, insieme con tale B.S., di circa 270 gr. di cocaina a P.L., il (OMISSIS).
L’imputato veniva contestualmente prosciolto dalle imputazioni di partecipazione ad associazione D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 74 e da altri episodi di cessione del medesimo tipo, in concorso con P., B. e tali C., FE. e M..
Con sentenza del 30.3.2007 la Corte d’appello di Venezia rigettava l’impugnazione dell’imputato e, in accoglimento dell’appello del pubblico ministero, revocava l’applicazione delle attenuanti generiche e rideterminava in aumento la pena nella misura ritenuta di giustizia.
La Corte lagunare respingeva, con specifiche motivazioni, le eccezioni difensive in ordine all’incompetenza territoriale (dedotta dalla difesa in favore dell’autorità giudiziaria di Brescia, circondario di residenza di F. e B. e luogo da cui era partita la fornitura per cui era intervenuta la condanna, anche sul presupposto che lì si fosse costituita, o avesse operato, o avesse cessato l’attività l’associazione, e comunque si fosse consumato il primo reato-fine e comunque il primo reato più grave) ed all’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche per insufficienza della motivazione che aveva autorizzato lo svolgimento delle operazioni in impianti siti all’esterno dei locali di procura.
In punto responsabilità, disattendendo le contrarie deduzioni del F., il Giudice dell’appello richiamava la motivazione del Tribunale in ordine alla sufficienza del quadro indiziario, in particolare richiamando le telefonate intercorse tra P. e F. prima dell’episodio del (OMISSIS) (dove mai si parlava di affari, e P. si preoccupava di avvertire F. che sarebbe andato a casa di B., raccomandando la presenza di due tre amici) alla luce del successivo sequestro al P. – che si era prima effettivamente recato da B. – dei 270 grammi di cocaina; le dinamiche dei rapporti telefonici in cui mai P. aveva chiamato direttamente B., sempre passando tramite F. che a sua volta chiamava tramite utenza in uso alla convivente di B.; le condanne di B. e P., giudicati separatamente, per il medesimo episodio, che smentivano la oltretutto generica versione di P. di avere acquistato quella droga da altri.
Da ultimo, la Corte distrettuale sempre con motivazione specifica disattendeva le richieste difensive di riconoscimento della diminuente di cui all’art. 442 c.p.p., comma 2, di irritale contestazione della recidiva e dell’abitualità, di insussistenza della recidiva specifica reiterata per omessa precedente dichiarazione giudiziale della recidiva; la Corte escludeva invece la recidiva infraquinquiennale.
2. Hanno proposto ricorso in Cassazione i due difensori fiduciari.
2.1 L’avv. Fadalti, poi revocato, chiede l’annullamento della sentenza per violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. perchè il Tribunale avrebbe condannato il F.A. per fatto diverso, tale dovendosi ritenere la condotta dell’intermediazione rispetto a quella – unica originariamente contestata – del concorso con il B.. Si deduce che la questione sarebbe rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, trattandosi di nullità assoluta.
2.2 Con primo motivo il ricorso proposto dall’avv. Carla Garrasi denuncia violazione degli artt. 8 e 9 c.p. e insufficienza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’eccezione di incompetenza territoriale.
La Corte veneta avrebbe contaminato i criteri dell’operatività dell’associazione e quello del primo reato meno grave contestato – criteri mantenuti alternativi dal Tribunale -; erroneamente avrebbe poi ritenuto antecedente il reato del capo 2 – consumato nella notte tra il (OMISSIS) – anzichè i reati che, sia pure con data indeterminata, al capo 3 erano comunque indicati come consumati dalla fine di (OMISSIS), quindi comunque ad un periodo di undici mesi antecedente; e le condotte del capo 3 avrebbero dovuto essere ritenute tutte consumate in territorio bresciano, lì dovendosi affermare costituita l’associazione – operando e risiedendo i fornitori B. e F., a fronte di un generico accordo ed ausilio prestato al P., nel (OMISSIS), da tre personaggi di minore spessore, prospettandosi come più probabile con giudizio ex ante un preventivo accordo "a monte" e tenuto conto del fatto che il F. fino al (OMISSIS) si trovava in affidamento in prova nel (OMISSIS).
Quanto al subordinato criterio dell’operatività dell’associazione criminale, la casa di (OMISSIS) era mero luogo di convegni amorosi e non base operativa, mentre sarebbe mancata alcuna struttura anche rudimentale nel veneziano. Il criterio ulteriormente subordinato del luogo di cessazione dell’azione dell’associazione doveva poi condurre al luogo di consumazione dell’ultimo reato – fine, quindi il reato per cui era intervenuto l’arresto di P. e la condanna per il F., da considerarsi consumato nel luogo da cui era partita la droga, essendo irrilevante che la polizia avesse concretamente fermato il P. in altro circondario (Dolo, per asserite difficoltà a fermare il veicolo prima).
In ogni caso l’ulteriore criterio subordinato del reato immediatamente meno grave contestato per primo doveva, come detto, condurre ai reati del capo 2, consumati non in (OMISSIS) – come indicato nell’imputazione – ma nel (OMISSIS), da dove le partite di droga partivano. Anche dando rilievo agli accordi preliminari eventuali o telefonici, comunque la traditio dello stupefacente sarebbe avvenuta nel bresciano e lì la parte preponderante dell’azione criminosa. Ciò doveva valere anche nel caso in cui fosse ritenuto primo reato di pari gravità tra i meno gravi, rispetto all’associazione, uno di quelli di cui al capo 3 (criterio in definitiva seguito dal Tribunale).
Con secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 3 e art. 271 c.p.p., rilevante perchè il contenuto delle intercettazioni sarebbe principale fonte probatoria a suo carico. Erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto la dizione contenuta nei decreti rilevanti ("atteso che si rende necessario una pronta operatività per la eventuale sorpresa in flagranza degli indagati") idonea a soddisfare l’esigenza di controllo del rigoroso percorso logico seguito per giustificare la deroga, perchè si tratterebbe in realtà di mera clausola di stile: tant’è che solo in udienza preliminare, e quindi in momento certamente tardivo, il p.m. avrebbe chiarito ed introdotto il punto della mancanza di radiocollegamenti tra uffici di procura e pattuglie, fatto per nulla notorio, come invece affermato dal pubblico ministero.
Il terzo motivo deduce travisamento dei fatti in ordine all’interpretazione della telefonata (OMISSIS), per il riferimento ai 2 o 3 amici che secondo il Tribunale P. avrebbe raccomandato a F. di "fargli trovare" a casa di B., mentre P. avrebbe giustificato l’espressione con richiamo a somme di denaro da giocare al casinò; in definitiva sarebbe stata fornita una ragionevole interpretazione alternativa del viaggio, idonea a porre il dubbio ed invece ignorata nella motivazione.
Con quarto motivo si deduce erronea applicazione dell’art. 438 c.p.p., comma 6 e art. 135 disp. att. c.p.p. in combinato disposto dell’art. 442 c.p.p., e illogicità manifesta della motivazione di diniego dell’applicazione della diminuente per mancata ammissione al richiesto rito abbreviato. La richiesta dei due testi, volta a comprovare che effettivamente il riferimento a camicie era a capi di abbigliamento commercializzati dal F. insieme con il figlio, sarebbe stata fondamentale "per l’economia dell’intero procedimento" ed in particolare per la telefonata (OMISSIS), diversa da quella – tra P. e M. – per la quale gli stessi operanti avevano espresso dubbi. La Corte veneta non avrebbe motivato sul motivo relativo all’illegittimità del diniego da parte del Tribunale anche per il ritenuto mancato adempimento di un onere di allegazione della difesa, invece contraddetto dalla regola posta dall’art. 135 disp. att. c.p.p.. Erroneamente comunque i due testi non sarebbero stati ritenuti decisivi, in realtà con valutazione ex post anzichè ex nunc, e parziale – relativa ad alcune solo tra le imputazioni -:
l’assoluzione dagli altri capi di imputazione era dipesa in parte, se non principalmente, dalla dimostrazione che il discorrere di camicie corrispondeva ad effettivo commercio. In tale contesto di deduzioni e censure, la Corte non avrebbe risposto puntualmente, anzi introducendo una valutazione del tutto nuova – la non definibilità del processo con rito abbreviato – contraria a tutti gli assunti dei giudici precedenti, e contraddetta dal fatto che B. proprio con tale rito aveva definito la propria posizione.
Il quinto motivo censura violazione dell’art. 522 c.p.p., comma 2 in relazione all’art. 130 c.p.p., comma 1 e art. 517 c.p.p., e omessa motivazione in ordine ai motivi sull’applicazione della recidiva e sulla dichiarazione di abitualità nel reato. Il ricorrente contesta la ritualità del ricorso alla procedura di correzione di errore materiale per l’avvenuto inserimento della parte relativa alla contestazione della recidiva e dell’abitualità nel reato – presente nella richiesta di rinvio a giudizio e materialmente "saltata" in occasione della redazione del decreto di rinvio a giudizio, parte poi inserita all’udienza del 16.12.2005 con apposita ordinanza – apparendo competente alla correzione il g.u.p. e non il giudice del dibattimento. Sarebbe in particolare erroneo l’argomento con cui la Corte veneta ha ritenuto che in ogni caso vi era stata difesa nel merito, rispetto alla recidiva, posto che in realtà tale difesa era intervenuta solo con i motivi di appello.
Con sesto motivo è denunciata violazione dell’art. 429 c.p.p., comma 1, lett. c) e comma 2, in primo luogo ribadendosi l’eccezione di indeterminatezza della contestazione della recidiva e dell’abitualità, che a dire del ricorrente avrebbe dovuto essere indicata in ciascuno dei capi di imputazione in origine ascritti all’imputato anche con indicazione della norma; in secondo luogo il ricorrente deduce che quanto all’essere nelle condizioni per essere dichiarato delinquente abituale sarebbe mancato ogni riferimento agli elementi fattuali di cui all’art. 133 c.p., e la generica clausola di stile utilizzata non avrebbe consentito utile difesa, posto che in definitiva solo dalla motivazione della sentenza di primo grado l’imputato avrebbe avuto conoscenza delle ragioni che fondavano la contestazione.
Il settimo motivo denuncia la violazione dell’art. 99 c.p., comma 4 perchè sarebbe stata ritenuta la recidiva reiterata nonostante nessuna recidiva fosse mai stata formalmente dichiarata da precedente giudicato.
Con l’ottavo motivo il ricorrente deduce inosservanza degli artt. 581 e 591 c.p.p. con riferimento all’accoglimento dell’impugnazione del procuratore generale avverso la concessione delle attenuanti generiche disposta dal Tribunale. La Corte distrettuale non avrebbe formalmente disposto la conversione del suo ricorso in appello e non avrebbe valutato l’ammissibilità di questo atto di impugnazione: in realtà l’originario ricorso sarebbe inammissibile, posto che tutto l’atto faceva riferimento ad un inesistente giudizio abbreviato, senza indicazione dei numeri identificativi del registro generale e del giudice che aveva emesso la sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è fondato limitatamente al motivo relativo alla dichiarazione di abitualità. Nel resto va rigettato.
3.1 Il motivo contenuto nell’appello dell’avv. Fadalti è palesemente inammissibile, perchè – ed è considerazione preliminare ed assorbente anche rispetto al merito della sussistenza o meno della non corrispondenza tra contestato e ritenuto in sentenza – la nullità è stata dedotta per la prima volta con il ricorso in Cassazione e quindi tardivamente, trattandosi per consolidata giurisprudenza di nullità a regime intermedio (Sez. 2, sent. 9171 del 29.1 – 29.2.2008 in proc. De Stefano; Sez. 5, sent. 4408 del 28.9 – 1.12.2005 in proc. Di Benedetto ed altro).
3.2.1 Il motivo sulla competenza territoriale è infondato. Il Tribunale e la Corte distrettuale hanno esaurientemente risposto alle deduzioni difensive sul punto, solo riproposte nei vari gradi del giudizio, con motivazione immune da vizi di illegittimità e di ordine logico. In particolare, a fronte di contestazioni iniziali per reato associativo e per singoli reati fine tutti di pari gravità, i due giudici del merito hanno escluso che al momento della proposizione dell’eccezione vi fossero elementi certi per individuare il luogo di costituzione dell’associazione (assunto logicamente riscontrato dalla successiva ritenuta insussistenza di tale delitto).
Hanno poi ritenuto che il luogo di "manifestazione della pericolosità dell’associazione" fosse stato il veneziano, ed in particolare (OMISSIS) come contestato per i vari reati fine dei capi 2 e 3, tra l’altro proprio a (OMISSIS) essendo stato acquisito appartamento da utilizzare come base dell’attività di distribuzione della droga avvenuta sempre e solo nel veneziano. Hanno quindi indicato, come criterio suppletivo – ma con motivazione, il Tribunale, subordinata rispetto al primo per sè esaustivo apprezzamento di merito relativo al luogo di operatività dell’associazione individuato come visto nel veneziano -, il capo 2 quale primo tra i reati consumati ((OMISSIS)). La Corte distrettuale ha poi espressamente risposto alla censura difensiva relativa all’individuazione del primo reato non associativo, che secondo la difesa era da individuarsi nel capo 3, argomentando in primo luogo che la stessa indeterminatezza temporale dell’imputazione (genericamente indicante il periodo dalla fine (OMISSIS)) imponeva di considerare la data certa del capo 2 quale significativa per la competenza e, in secondo luogo, che comunque il capo di imputazione sub 3 indicava il luogo di consumazione dei reati sempre in (OMISSIS).
Si tratta di motivazione innanzitutto conforme ai principi normativi in materia, posto che "la legge processuale, stabilendo all’art. 21 c.p.p., comma 2 che l’incompetenza territoriale è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, al più tardi entro il termine di cui all’art. 491 c.p.p., comma 1 – cioè nella fase degli atti introduttivi al dibattimento, subito dopo la verifica, per la prima volta, della costituzione delle parti -, ed inserendo la trattazione e decisione delle relative problematiche tra le questioni preliminari, ha chiaramente inteso vincolare le statuizioni sul punto allo stato degli atti, precludendo qualsiasi previa istruzione od allegazione di prove a sostegno della proposta eccezione" (Sez. 1, sent. 5230 del 20.10 16.11.1995 in proc. Urrata), sicchè il confronto del giudicante deve avvenire con la prospettazione accusatoria come cristallizzatasi nell’imputazione. Ed in secondo luogo si tratta di motivazione priva di vizi di ordine logico, tenuto conto della definitiva formalizzazione delle concrete imputazioni, rispetto alla quale la difesa prospetta in definitiva ricostruzioni in fatto alternative (come quella sull’uso dell’abitazione di (OMISSIS), ovvero come l’interpretazione del luogo in cui si sarebbero perfezionati gli accordi a seguito dei contatti telefonici, ovvero la rilevanza del luogo di approvvigionamento rispetto al luogo di concreta diffusione dello stupefacente come indice di attività preponderante e quindi dove più probabile doveva ritenersi accaduto l’accordo a monte), sollecitando un diverso apprezzamento di fatto, quale presupposto per disattendere le inequivoche diverse indicazioni delle imputazioni, non ammissibile nel giudizio di legittimità. 3.2.2 Il secondo motivo è inammissibile. L’apprezzamento della Corte di merito, secondo cui la locuzione utilizzata nei decreti pur molto stringata costituiva motivazione non di stile, diversa ed ulteriore rispetto al testo normativo ed idonea ad identificare in modo chiaro il fatto che aveva giustificato il ricorso agli impianti esterni, spiegandone le ragioni e così consentendo il controllo della correttezza dell’operato del pubblico ministero, costituisce una valutazione di fatto sorretta da un’argomentazione non apparente e non manifestamente illogica, la cui rivisitazione – sostanzialmente sollecitata dal ricorrente – è preclusa a questa Corte di legittimità. 3.2.3 Il terzo motivo è inammissibile perchè non consentito. Di travisamento dei fatti e ragionevole interpretazione alternativa deduce il ricorrente, ma ciò attiene alla valutazione di merito preclusa al giudice di legittimità. 3.2.4 Il Tribunale, alla cui motivazione sul punto si è in parte richiamata la Corte distrettuale, ha nella sua ordinanza 16.12.2005 respinto la richiesta di abbreviato condizionato ritenendo di non essere in grado di superare l’assunto del g.u.p. sul punto che il tema probatorio che la difesa voleva introdurre con i suoi due testi – essere in atto effettivamente un lecito commercio di capi di abbigliamento, anche camicie, tra P., F. e l’originario coimputato M. – riguardasse tutte le conversazioni poste a carico del F. e del P. o solo alcune tra esse, perchè la difesa non aveva allegato alcunchè che potesse indurre il collegio a discostarsi dalla valutazione del giudice della fase processuale precedente. In sentenza ha poi rigettato la richiesta di diminuzione della pena ex art. 442 c.p.p., argomentando dal fatto che questi due testi – V. e F.D., sentiti al dibattimento – non avevano avuto alcuna incidenza sulla ricostruzione dei fatti di cui al capo 3) e sulla contestazione associativa, per quest’ultima anche perchè già la polizia giudiziaria aveva espresso dubbi sull’interpretabilità del termine camicie nel significato reale di stupefacenti. La Corte distrettuale ha affermato la non definibilità del processo allo stato degli atti e con le due sole deposizioni dei testi indicati dalla difesa su quel tema difensivo, in tal senso ribadendo la valutazione di non decisività ex ante delle due deposizioni.
Il motivo del ricorrente sul punto è infondato per l’assorbente ragione che, in presenza di una pluralità di imputazioni, deve ritenersi "necessaria" ai fini della decisione esclusivamente la prova decisiva (indispensabile) per la definizione dell’intera regiudicanda, tale non essendo quella solo pertinente, rilevante e non superflua afferente singoli capi di imputazione, come tale non idonea ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti per il giudizio (S.U. sent. 44711 del 27.10 – 18.11.2004 in proc. Wajib).
Questa interpretazione – per cui nel caso di pluralità di imputazioni prova necessaria ai sensi dell’art. 438 c.p.p., comma 3 è solo quella che incide in modo decisivo/indispensabile sulla complessiva situazione fattuale che da origine alle imputazioni (prescindendo dalla qualificazione formale delle varie parti di condotta/fatti) – costituisce in realtà un corollario del consolidato principio giurisprudenziale per cui il giudizio abbreviato può essere chiesto – in presenza di pluralità di imputazioni relative al medesimo imputato – solo quando definisca nella sua interezza il processo, non potendo essere disposto solo per la parte relativa ad alcuni o ad alcuno dei reati contestati (Sez. 6, sent. 7911 del 3.6 – 6.7.1998 in proc. Manna e altro).
Nel caso di specie i giudici del merito hanno evidenziato che le due deposizioni richieste dalla difesa innanzitutto riguardavano solo talune delle imputazioni e che neppure in relazione a quelle avevano carattere di indispensabilità posto che già la polizia giudiziaria aveva espresso dubbi sulla riconducibilità del termine camicie usato in talune di quelle conversazioni alla droga. Si tratta di un apprezzamento di fatto che in definitiva non è contrastato dalla difesa (che si limita a dedurre come in realtà la polizia giudiziaria avesse espresso dubbi solo su una telefonata – senza cogliere che, sul piano logico, anche il singolo serio dubbio rileva poi nell’orientare la valutazione complessiva di contesti analoghi -) ed è sorretto da motivazione non apparente ed immune da vizi di ordine logico (risultando tra l’altro proprio dalle sentenze di merito e dai motivi di impugnazione che la conversazione dei "due o tre amici" – quella che concorre a determinare la condanna – nessun riferimento per esempio fa ad attività commerciale nè – come visto nell’esposizione del terzo motivo di ricorso e sub 3.2.3 – è spiegata in tali termini dal ricorrente).
3.2.5 Il motivo che deduce illegittimità nella procedura di correzione dell’errore materiale cui il Tribunale ha fatto ricorso, per inserire nel testo del decreto di rinvio a giudizio la parte di contestazione contenuta nella richiesta di rinvio a giudizio e con quell’atto nota all’imputato, è inammissibile perchè tardiva. E’ infatti assorbente, perchè preliminare all’esame della sua eventuale fondatezza, la constatazione che dalla lettura del verbale stenotipico dell’udienza del 16.12.2005 (che la Corte conosce quale giudice del fatto in ordine alle questioni procedurali dedotte e che è quello in cui risulta pubblicata l’ordinanza che ha risolto le varie questioni procedurali che erano state poste dalla difesa) emerge con chiarezza che nulla ha mai eccepito la difesa del F. in ordine alla procedura che si andava applicando sul punto. L’unica eccezione posta dai difensori dell’odierno ricorrente è stata quella sull’indeterminatezza della contestazione della recidiva, ribadita dal difensore avv. Garrasi per il caso che si fosse proceduto alla correzione materiale (pag. 5 – 22, in particolare 7, 15, 18).
L’eccezione sulla regolarità della procedura di correzione di errore materiale (ma oltretutto sul profilo – diverso da quello oggi dedotto dal F. nel ricorso – dell’impossibilità di procedere in tal modo piuttosto che con nuova o rinnovata contestazione formale) è stata proposta solo dall’avv. Vio, difensore di altro imputato:
significativa ed efficace la sua sintesi (pag. 22) "Mi associo all’eccezione, ma non ritengo che sia un errore materiale… per cui l’eccezione così come formulata dalla collega riguarda la recidiva ma è diversa, riguarda l’indeterminatezza del capo di imputazione.
Aderisco a quella e mi oppongo alla correzione del capo di imputazione". 3.2.6 La prima parte del sesto motivo (quanto all’eccezione di indeterminatezza della contestazione per mancanza di indicazione numerica della norma per la recidiva e, per recidiva ed abitualità, perchè la contestazione corrispondente è stata inserita una sola volta in chiusura di tutte le contestazioni anzichè dopo ogni singola imputazione) è manifestamente infondata. Va ribadito che l’omessa indicazione della norma di legge violata non determina incertezza rilevante della contestazione quando il complessivo contesto descrittivo della stessa renda chiaro e preciso il suo contenuto (Sez. 4, sent. 6821 dell’11 – 28.5.1999 in proc. Mosquera):
nel caso di specie non è manifestamente illogico aver ritenuto che l’espressa locuzione "recidivo reiterato specifico nel quinquennio" non lasciasse alcun dubbio sull’avvenuta contestazione della recidiva in quella forma qualificata. Nè l’inserimento di tale contestazione dopo l’elencazione di tutte le diverse imputazioni costituisce, per sè, fatto idoneo a togliere chiarezza e precisione – e conoscibilità adeguata – alla contestazione di recidiva quando, come ha ritenuto specificamente il Tribunale (ordinanza, fg. 24s verb. sten. ud. 16.12.2005) con argomentazione non manifestamente illogica ed apprezzamento di merito il cui riesame è precluso a questa Corte di legittimità, dalla concreta collocazione grafica risulti chiaramente leggibile e comprensibile.
3.2.7 Il settimo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, posto che la preventiva dichiarazione giudiziale della recidiva non è presupposto normativo per la contestazione successiva della recidiva reiterata.
3.2.8 L’ottavo motivo è infondato. Il motivo è nuovo ma afferendo l’inammissibilità dell’impugnazione può essere proposto per la prima volta in Cassazione. E’ vero che il procuratore generale distrettuale ha depositato un ricorso nel quale si faceva riferimento ad un giudizio abbreviato (intuendosi da un riferimento a più imputati l’utilizzazione di parte di un ‘filè utilizzato per il procedimento definito appunto con rito abbreviato da coimputati). Ma l’inequivoco riferimento alle sole ed esatte generalità dei due imputati che sono stati processati e condannati dal Tribunale, nonchè alle pene effettivamente loro irrogate ed ai fatti loro contestati, escludono alcun’incertezza sia sulla volontà del ricorrente-appellante che sull’individuazione del provvedimento giurisdizionale impugnato.
3.3 E’ fondata la seconda parte del sesto motivo, nella parte in cui denuncia la nullità della contestazione dell’essere stato il F. nelle condizioni per essere dichiarato delinquente abituale.
In presenza di due diverse tipologie di abitualità che, comuni nelle conseguenze giuridiche, divergono per le fonti e ragioni della corrispondente dichiarazione – la presunzione di legge per l’una (art. 102 c.p.) e l’apprezzamento del giudice per l’altra (art. 103 c.p.) – nonchè per i presupposti di fatto e diritto – i precedenti qualificati per la prima (art. 102 c.p.), la dedizione al delitto desunta, per il recidivo reiterato che riporti altra condanna, dalla specie e gravità dei delitti, dal tempo della loro commissione, da condotta e genere di vita, e dalle altre circostanze indicate dal capoverso dell’art. 133 c.p. per la seconda -, deve ritenersi senz’altro generica, e quindi nulla ai sensi dell’art. 429 c.p.p., comma 1, lett. c e comma 2, la contestazione che si limiti, come nella fattispecie, all’indicazione dell’essere l’imputato "recidivo reiterato specifico nel quinquennio" e "nella condizione per essere dichiarato delinquente abituale", senza contestualmente fare espresso riferimento all’art. 102 o all’art. 103 c.p. e indicare le ragioni di fatto che collocherebbero l’imputato in una delle due fattispecie (Sez. 1, sent. 22696 del 3.3 – 12.5.2004 in proc. Vandi e altri; Sez. 2, sent. 1839 del 31.1 – 16.2.2000 in proc. Franzoi). Deve in particolare ed infatti escludersi che possa ritenersi, con tale generica locuzione, adempiuto l’obbligo di contestare con sufficiente chiarezza e precisione, sul presupposto che sarebbe poi onere dell’imputato una difesa nel merito su entrambe le ipotesi astrattamente configurabili ed eventualmente possibili nonchè, nell’ambito della seconda, su tutti i possibili elementi a lui pregiudizievoli che emergano dal fascicolo processuale. Nessun onere in proposito è invece riconducibile all’imputato, che deve per contro esser posto nelle condizioni – per la dichiarazione di abitualità come per le circostanze aggravanti e per il fatto per cui si procede – di conoscere preventivamente gli elementi su cui poggia l’accusa che gli è rivolta, per poter svolgere adeguata difesa, ove lo ritenga, sui vari punti della contestazione.
Nel caso di specie risulta omesso ogni riferimento all’art. 102 c.p. ovvero all’art. 103 c.p., nonchè all’art. 133 c.p. sia come norma numericamente richiamata che come indicazione in fatto delle ragioni idonee – secondo l’accusa – a fondare il giudizio di dedizione al delitto; risulta altresì tempestivamente proposta l’eccezione.
In accoglimento del motivo, pertanto, la sentenza di appello va annullata senza rinvio limitatamente all’intervenuta dichiarazione di delinquenza abituale, che va eliminata, trattandosi di punto della decisione del tutto autonomo, privo di rilievo alcuno sulla determinazione della pena ed insuscettibile di rivisitazione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla dichiarazione di abitualità, che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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