Cass. pen., sez. I 23-04-2009 (07-04-2009), n. 17343 ISTITUTI DI PREVENZIONE E DI PENA – Periodi trascorsi in liberazione condizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava il reclamo avverso l’ordinanza con la quale il Magistrato di sorveglianza della stessa città aveva dichiarato inammissibile la domanda di liberazione anticipata, per il semestre ottobre 2007 – aprile 2008, presentata nell’interesse di C.A.. Il medesimo era stato, invero, ammesso alla liberazione condizionale e sottoposto al conseguente regime di libertà vigilata dal 29 ottobre 2007 e la liberazione condizionale – osservava il Tribunale – non postula l’esecuzione della pena, condizione indispensabile perchè possa applicarsi il beneficio della liberazione anticipata.
2. Avverso l’anzidetta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione (seguito da memoria illustrativa) il difensore dell’imputato, chiedendone l’annullamento e dolendosi dell’erronea applicazione della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 54.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso è meritevole di accoglimento. a) E’ posta la questione se la persona sottoposta a regime di liberazione condizionale possa ottenere la liberazione anticipata in relazione ai periodi successivi all’ammissione alla liberazione condizionale (questione diversa, già positivamente risolta dalla giurisprudenza di questa Corte – cfr. Cass. 1^ 23 maggio 1997, Olivieri, RV 207976 – è quella concernente i periodi antecedenti all’ammissione, trascorsi in custodia cautelare od espiazione di pena).
Ritiene il collegio che al quesito debba essere data risposta affermativa.
La detrazione di pena di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 54 (c.d. liberazione anticipata) deve, in altre parole, essere concessa anche con riferimento ai periodi trascorsi in liberazione condizionale. b) Va, anzi tutto, osservato, con riguardo alla liberazione anticipata, che il menzionato art. 54 stabilisce che la "detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata" spetta "al condannato a pena detentiva" che abbia dato prova di partecipazione all’opera di rieducazione.
La disposizione è stata a lungo interpretata nel senso (cfr., per tutte, Cass. S.U. 18 giugno 1991, Argenti, RV 187707) che la misura premiale della liberazione anticipata presupponeva, come condizione necessaria per la sua applicabilità, che fosse in corso uno status detentionis in espiazione di pena, senza del quale non sarebbero state possibili l’osservazione della personalità, un programma di trattamento, la partecipazione al programma, nè il perseguimento dell’obiettivo di reinserimento nella società.
Nel tempo si è, tuttavia, fatta strada, consentendolo la lettera della norma, una diversa meno restrittiva interpretazione alla stregua della quale, per l’accoglibilità dell’istanza di liberazione anticipata, non è necessario che sia in corso l’esecuzione della pena detentiva, ma è sufficiente che sia "pendente il rapporto esecutivo" (così, tra le altre, Cass. 1^ 6 luglio 2001, Rossi, RV 219554 con riguardo all’affidamento in prova al servizio sociale e Cass. 1^ 20 aprile 2000, Pezzella, RV 215936, in un’ipotesi di sospensione dell’esecuzione, entrambe peraltro riferite a periodi di detenzione antecedenti, rispettivamente, all’ammissione ed alla sospensione). c) Venendo alla liberazione condizionale, l’entrata in vigore della Costituzione ha segnato l’inizio del processo di evoluzione dell’istituto, da misura premiale a mezzo per la individualizzazione del trattamento del detenuto, in linea con la funzione rieducativa della pena sancita dall’art. 27, comma 3.
I momenti essenziali di questa evoluzione vanno individuati nella L. novembre 1962, n. 1634, che estese l’applicazione della liberazione condizionale agli ergastolani ed ai soggetti sottoposti ad una misura di sicurezza detentiva, e nella già citata L. 26 luglio 1975, n. 354 (riforma dell’ordinamento penitenziario), che, ispirata alla nuova logica trattamentale, ha introdotto il sistema della successione scalare delle misure alternative alla detenzione.
In questo sistema va oggi collocata la liberazione condizionale, come momento conclusivo del trattamento rieducativo (benchè la stessa continui a trovare la propria disciplina nel codice penale, che la annovera tra le cause di estinzione della pena, recte tra le cause sospensive dell’esecuzione di parte della pena cui segue, in caso di esito positivo della prova, l’estinzione della stessa: cfr. Corte Cost. 12 maggio 1977, n. 78).
La liberazione condizionale si è in sostanza evoluta in una diversa modalità di esecuzione della pena, attenuata rispetto al carcere. Lo ha riconosciuto la Corte Costituzionale: in particolare Corte Cost. 4 luglio 1974, n. 204 ha affermato che "l’istituto della liberazione condizionale rappresenta un particolare aspetto della fase esecutiva della pena restrittiva della libertà personale e si inserisce nel fine ultimo e risolutivo della pena stessa, quello, cioè, di tendere al recupero sociale del condannato") e, soprattutto, Corte Cost. 25 maggio 1989, n. 282 ha chiarito che la liberazione condizionale:
– sostituisce al rapporto esecutivo della pena carceraria il rapporto esecutivo della libertà vigilata di cui all’art. 230 c.p., comma 1, n. 2;
costituisce attuazione, ante litteram, dei principi espressi dall’art. 27 Cost., comma 3, perchè, oltre a realizzare la finalità rieducativa della pena, rende "più umana" la pena stessa, evitando al condannato la parte centrale o finale della detenzione, cioè la fase più inumanamente afflittiva di quest’ultima;
– impedisce che la finalità special – preventiva della pena vada oltre il suo scopo perchè diviene inutile la prosecuzione dell’esecuzione della pena detentiva quando il condannato si dimostri sicuramente ravveduto ("con la liberazione condizionale la funzione rieducativa della pena prevale, dunque, ai sensi, oggi, dell’art. 27 Cost., comma 3, sull’esigenza retribuzionistica").
Lo ha confermato la giurisprudenza di questa Corte: significativa in tal senso Cass. 1^ 10 febbraio 2000, Panetta, RV 215334, che è giunta esplicitamente ad affermare che il periodo trascorso in libertà vigilata ("sempre ordinata" ai sensi dell’art. 230 c.p., comma 1, n. 2) dal soggetto che fruisce della liberazione condizionale va considerato come "esecuzione della pena a tutti gli effetti". d) Sulla base di queste premesse, ritiene il Collegio di dover condividere quanto da questa Corte recentemente affermato (v. Cass. 1^ 25 novembre 2008, Castro, RV 241889) e cioè che sarebbe "illogicamente discriminatorio" escludere l’ammissibilità della liberazione anticipata con riferimento a periodi trascorsi in liberazione condizionale. L’accenno ad irrazionali disparità, contenuto in tale decisione, va, peraltro, correlato non tanto (o, comunque, non soltanto) al fatto che il periodo trascorso in libertà vigilata dal soggetto che fruisce della liberazione condizionale sia considerato, ai fini della revoca della stessa, esecuzione della pena (sicchè sarebbe "illogicamente discriminatorio" considerarlo diversamente quando si tratti di applicare la liberazione anticipata), quanto piuttosto alla circostanza che la L. 19 dicembre 2002, n. 277, art. 3, inserendo nella L. n. 354 del 1975, art. 47, comma 12 bis, ha esplicitamente previsto la concessione della detrazione di pena di cui all’art. 54 all’affidato che abbia dato prova nel relativo periodo di un "concreto recupero sociale".
Orbene, detta esplicita previsione (riferita ai periodi trascorsi in affidamento), l’espresso riferimento al solo affidato concretamente "recuperato" (locuzione che evoca il ravvedimento legittimante, unitamente ad altre condizioni, la liberazione condizionale) e, in termini più generali, le evidenti analogie strutturali e funzionali tra quest’ultimo istituto e l’affidamento in prova (che possono cogliersi anche nella disciplina dei benefici penitenziari previsti per il collaboratore di giustizia in cui l’area dell’affidamento in prova, previsto dall’articolo 13 ter della legge 15 marzo 1991, n. 82 ma soppresso dalla L. 13 febbraio 2001, n. 45, art. 7, è sostanzialmente coperta dalla "speciale" liberazione condizionale di cui alla cit. L. n. 82, art. 16 nonies, introdotto dalla L. n. 45, art. 14) rendono impraticabile, in una prospettiva interpretativa costituzionalmente orientata, l’ipotesi di riservare al liberato condizionale un diverso trattamento in tema di concessione della detrazione di pena di cui all’art. 54.
Non vi è ragione, in altre parole, di concedere l’anzidetta riduzione di pena all’"affidato concretamente recuperato" e non al liberato "ravveduto" sul quale, tra l’altro, gravano prescrizioni più restrittive, segnatamente la sottoposizione a libertà vigilata, non prevista in caso di affidamento; libertà vigilata che – è opportuno rimarcarlo – non è, in tal caso, misura di sicurezza in senso tecnico, poichè prescinde dalla pericolosità sociale ed è anzi applicata proprio sulla base della mancanza di pericolosità del condannato (cfr. Cass. 1^ 13 maggio 1991, Raimondo, RV 188095; Cass. 1^ 28 gennaio 1991, Negri, RV 186671), ma è misura diretta sia al controllo della condotta del liberato, sia alla sua assistenza allo scopo di favorirne il reinserimento sociale (in questo senso, ed a conferma della nuova "dimensione" dell’istituto di cui sopra si è detto, v. Corte Cost. n. 78 del 1977, cit.). e) Non sfugge al collegio l’esistenza di un precedente difforme (cfr.
Cass. 1 9 ottobre 2008, Tedesco, RV 241888 secondo cui "non è consentita la concessione della liberazione anticipata in relazione a periodi trascorsi in liberazione condizionale").
Detta decisione ruota essenzialmente attorno al rilievo che la liberazione condizionale, pur essendo una forma di esecuzione della pena, dovrebbe comunque essere tenuta distinta "dalle misure alternative alla detenzione disciplinate dalle norme sull’ordinamento penitenziario e, segnatamente, dall’affidamento in prova al servizio sociale, durante il quale soltanto si protrae l’opera di rieducazione, la partecipazione alla quale costituisce criterio essenziale per la concessione della liberazione anticipata" e conferma se ne avrebbe proprio dal rilievo che il più volte citato art. 47, comma 12 bis non contiene alcun riferimento alla liberazione condizionale.
Dette affermazioni non possono, peraltro, essere condivise sia per le considerazioni sopra svolte sulla lenta ma inequivoca evoluzione della liberazione condizionale, sia per il fatto che, comunque, il citato art. 47, comma 12 bis, ha esplicitamente previsto la liberazione anticipata non per qualsiasi affidato ma per colui che abbia dato prova nel relativo periodo di un "concreto recupero sociale", specificazione che avvicina oltremodo (si potrebbe che dire che sostanzialmente assimila) questa figura di affidato a quella del liberato condizionale.
4. La decisione impugnata va, pertanto, annullata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di sorveglianza di Roma che si atterrà, nella decisione della istanza, ai principi sopra indicati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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