Cass. pen., sez. I 21-04-2009 (01-04-2009), n. 16939 MISURE CAUTELARI – Sospensione del procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Tribunale di Bologna, costituito ai sensi dell’art. 310 c.p.p., rigettava l’appello presentato nell’interesse di V.G. avverso l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari della stessa città, richiamandosi all’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. a) e c bis), aveva disposto la sospensione dei termini della custodia cautelare previsti dall’art. 303 c.p.p. perchè il processo (giudizio abbreviato) era stato sospeso, a norma dell’art. 71 c.p.p., comma 1, dopo che, a seguito degli accertamenti previsti dall’art. 70 c.p.p., era risultato che lo stato mentale dell’imputato era tale da impedirne la cosciente partecipazione.
2. Avverso l’anzidetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori dell’imputato, chiedendone l’annullamento.
Deducono inosservanza della legge processuale penale, segnatamente dell’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. a) e c bis), in relazione all’art. 70 c.p.p., e mancanza di motivazione.
Sostengono che, in presenza di un’incapacità accertata ex art. 70 c.p.p., che abbia determinato la sospensione del processo, il giudice non deve sospendere i termini di durata della custodia cautelare.
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso non merita accoglimento. a) A seguito degli accertamenti previsti dall’art. 70 c.p.p., essendo risultato che lo stato mentale dell’imputato era tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna ha disposto, a norma dell’art. 71 c.p.p., comma 1, nel corso del giudizio abbreviato, la sospensione del processo, non ritenendo di dover pronunciare sentenza di proscioglimento, e, ai sensi dell’art. 304 c.p.p., comma 1, lett. a) e c bis), la sospensione dei termini di custodia cautelare previsti dall’art. 303 c.p.p. "durante il tempo" di sospensione del processo "per impedimento dell’imputato".
Ha, in altre parole, ritenuto che nel concetto di impedimento rientri anche lo stato di incapacità dell’imputato che ha imposto la sospensione del processo. L’affermazione deve essere condivisa. b) La questione era stata già affrontata nella vigenza del precedente codice di rito.
L’art. 272 c.p.p. 1930, prevedeva, al settimo comma, che i termini di durata della custodia cautelare rimanessero sospesi durante il tempo in cui il dibattimento era sospeso o rinviato per "legittimo impedimento" dell’imputato.
E questa Corte aveva avuto modo di stabilire (cfr. Cass. 5^ 12 agosto 1983, Messina, RV 10163; Cass. 1^ 16 febbraio 1977, Romeo, RV 136951) che nel concetto di "legittimo impedimento" rientravano sia le malattie fisiche, che impedivano all’imputato di essere presente al dibattimento, sia quelle psichiche le quali, pur non impedendogli di essere materialmente presente, gli precludevano un’utile assistenza al dibattimento medesimo. c) Situazione normativa sostanzialmente identica è oggi riprodotta nell’art. 304 c.p.p., comma 1, che continua a prevedere quale causa di sospensione dei termini di custodia cautelare l’impedimento dell’imputato.
Nulla suggerisce, neppure oggi, un’interpretazione restrittiva di quest’ultima locuzione, esprimendo la norma l’esigenza di evitare che i termini di fase della custodia cautelare continuino a decorrere quando cause legate all’impossibilità dell’imputato di essere presente e di parteciparvi (e non necessariamente da lui determinate a fini meramente dilatori, come adombrato dal ricorrente) impediscano al processo di progredire, superando le varie fasi scandite nell’art. 303 c.p.p., comma 1, verso la propria meta finale.
Non vi è, pertanto, ragione alcuna, anche nel vigore dell’odierno art. 304 c.p.p., comma 1, di distinguere le ragioni dell’impedimento e, nel caso in cui il medesimo derivi da malattia, la natura della stessa.
La citata disposizione, d’altra parte, non contiene rinvii agli art. 420 ter e art. 484 c.p.p., comma 1 bis, vale a dire alle norme che si occupano in modo specifico della possibilità dell’imputato di essere fisicamente presente al processo.
Sarebbe arbitrario, oltre che ingiustificato, pertanto, escludere dal concetto di impedimento di cui all’art. 304 c.p.p., comma 1, l’ipotesi in cui l’impossibilità di partecipare al processo dipenda dalla situazione mentale dell’imputato, contemplata dagli artt. 70, 71 e 72 c.p.p.; disposizioni che la Corte costituzionale (cfr. sentenza 26 gennaio 2004, n. 39) ha, tra l’altro, interpretato come riferibili non soltanto ad una malattia definibile in senso clinico come psichica, ma anche a qualunque altro stato di infermità che renda non sufficienti o non utilizzabili le facoltà mentali dell’imputato.
Coerente con questa soluzione appare, tra l’altro, la disposizione contenuta nell’art. 305 c.p.p., comma 1, alla stregua della quale quando è disposta perizia sullo stato di mente dell’imputato, in ogni stato e grado del procedimento di merito, i termini di custodia cautelare sono prorogati per il periodo di tempo assegnato per l’espletamento della perizia. d) E’ il caso di aggiungere che nè la sospensione del processo, nè la sospensione dei termini di custodia cautelare sono assolute L’ordinamento contempla, invero, a garanzia dell’imputato, da una parte, il dovere del giudice (art. 70 c.p.p., comma 2) di assumere, a richiesta del difensore, le prove che possono condurre al proscioglimento dell’imputato, e, quando vi è pericolo nel ritardo, ogni altra prova richiesta dalle parti, dall’altra l’insuperabile tetto di durata massima della custodia cautelare di cui all’art. 304 c.p.p., comma 6. Se, dunque, è astrattamente ipotizzabile una pendenza sine die del procedimento (la realtà clinica prevede casi di infermità per le quali non sussiste nè possibilità di guarigione nè tanto meno di attenuazione del disturbo, ma è anzi possibile un progressivo peggioramento), fermo restando naturalmente il sistema delle verifiche periodiche dello stato di mente dell’imputato imposto dalla legge e funzionale all’eventuale ripresa del processo (positivamente scrutinato da Corte Cost. 28 maggio 2004 n. 157), è da escludere una prosecuzione sine die della custodia cautelare.
Si aggiunga che l’accertata (e del caso irreversibile) incapacità dell’imputato potrebbe, comunque, aprire scenari diversi, che possono andare dalla dovuta trasformazione della custodia cautelare in carcere in custodia cautelare in casa di cura (art. 73 c.p.p., comma 3) alla possibile revoca o sostituzione della misura (in caso di acclarata incompatibilità delle condizioni di salute con lo stato di detenzione oppure nell’ipotesi di cessazione o attenuazione delle concrete esigenze cautelari correlata allo stato mentale dell’imputato).
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.
Deve disporsi, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario di competenza ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone, inoltre, che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario di competenza ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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