Cass. pen., sez. II 30-03-2009 (10-03-2009), n. 13748 Libera valutazione del giudice – Esclusione – Ragioni – Fattispecie.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 24 febbraio 2005, la Corte di appello di Cagliari confermava la sentenza del Tribunale di Cagliari, in data 12/5/2000, che aveva condannato S.G. alla pena di anni uno, mesi quattro di reclusione e L. 1.000.000 di multa per il reato di ricettazione di una vasca refrigeratrice.
La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello, in punto di sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato a lui ascritti ed equa la pena infinta.
Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando due motivi di gravame.
Con il primo deduce la nullità della notifica dell’atto di citazione in appello. Al riguardo precisa che, dal fascicolo processuale emerge che l’atto sarebbe stato notificato, a mezzo del servizio postale a mani della moglie convivente, B.I., senonchè la moglie aveva presentato querela di falso, disconoscendo la firma apposta sulla relata postale e dichiarando di non aver mai ricevuto tale atto. Con il secondo motivo si duole della mancanza di motivazione in ordine al diniego della richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale, avendo la Corte apoditticamente affermato che non sussistono i presupposti di legge, sebbene l’imputato fosse incensurato. Si duole, inoltre del mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 648 cpv. c.p.. Infine contesta la carenza di motivazione in punto di elemento soggettivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Per quanto riguarda il primo motivo in punto di nullità della notifica del decreto di citazione in appello, occorre rilevare che questa Corte ha statuito che: "nonostante la mancata previsione che la relazione di notifica fa fede sino a querela di falso, il giudice non può liberamente valutare tale atto, il quale conserva la qualità di atto pubblico con carattere fidefaciente. Ne consegue che la parte che vuole addurre la falsità delle modalità di notificazione attestate dall’ufficiale notificatore non può provarla se non dimostrando rigorosamente che il pubblico ufficiale è incorso nel reato di cui all’art. 479 cod. pen." (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 44687 del 07/10/2004 Ud. (dep. 18/11/2004) Rv. 230315).
Nel caso di specie tale prova non è stata fornita, in quanto il ricorrente si è limitato ad allegare al ricorso una copia di verbale di ricezione di querela di falso, redatto negli Uffici del Comando della Brigata Isili della Guardia di Finanza, senza documentare se, a seguito della querela sia stato instaurato un procedimento penale per il reato di cui all’art. 479 c.p..
Manifestamente infondato è il secondo motivo. L’affermazione della Corte territoriale, secondo cui non ricorrono i presupposti per la concessione dei benefici di cui all’art. 163 c.p. e ss., non ha nulla di apodittico, essendo fondata, evidentemente, sulla lettura del certificato penale, dal quale, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, l’imputato, lungi dall’essere incensurato, risulta gravato da numerosi precedenti penali per reati contro la persona e contro il patrimonio, fra cui uno specifico. Nessuna censura, infine, può essere mossa alla Corte territoriale per non aver riconosciuto l’attenuante del fatto di particolare tenuità, trattandosi di un bene di valore non lieve, come rilevato dalla Corte, con motivazione incensurabile in questa sede.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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