Cass. pen., sez. I 27-03-2009 (10-03-2009), n. 13604 Provvedimento di confisca dei beni – Emissione di ufficio – Legittimità.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
1. Con ordinanza del 15 maggio 2008 la Corte di Appello di Caltanissetta, in funzione di giudice delle misure di prevenzione, parzialmente confermava, rigettando il relativo gravame, il decreto con il quale il Tribunale di Palermo, a mente della L. 31 maggio 1965, n. 575, aveva disposto nei confronti di C.P., già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per la durata di anni quattro, la confisca di beni mobili ed immobili, limitando la misura al solo fabbricato posto in (OMISSIS), composto da tre piani fuori terra dei quali il terzo in costruzione, intestato a G.R., moglie del C..
A sostegno del provvedimento la Corte territoriale osservava: che C.P. da oltre trenta anni viene indicato e ritenuto quale appartenente ad una associazione di tipo mafioso, come comprovato dalle proposte di provvedimenti di prevenzione risalenti alla fine del (OMISSIS) ed alla loro applicazione nel (OMISSIS), nonchè dalie sentenze di condanna per il reato di associazione per delinquere di cui all’art. 416 bis c.p., e per due omicidi commessi nel (OMISSIS), tanto da essere detenuto con le cautele di cui all’ari. 41 bis O.P., in espiazione della pena dell’ergastolo, di guisa che adeguatamente provata doveva ritenersi l’appartenenza mafiosa, dei suddetto, la sua pericolosità qualificata e l’attualità dell’una e dell’altra;
che non decisivi apparivano i rilievi difensivi connessi alla pronuncia resa dal Tribunale di Caltanissetta il 12.5.2000, passata in giudicato, che aveva rigettato analoga misura di prevenzione patrimoniale in danno del ricorrente, dappoichè preclusiva, detta pronuncia, esclusivamente allo stato degli atti, ipotesi non ricorrente nel caso di specie;
che, in particolare, nel procedimento di prevenzione conclusosi nel (OMISSIS) era venuto in considerazione solamente il terreno e non già, anche, l’immobile su di esso edificato e di cui alla impugnata confisca, oggetto di diritto di superficie distintamente confiscabile; che il provvedimento descritto dalla norma, ai sensi della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, è legittimamente emesso in costanza della notevole sperequazione tra tenore di vita ed entità reddituale allorchè non siano offerti elementi utili a sostengo delle liceità della provenienza dei beni:
che nel caso di specie è rinvenibile sia la relazione temporale tra la pericolosità del ricorrente e l’acquisizione dei beni, che la persistente attualità della riconosciuta pericolosità, deducibile quest’ultima da recenti provvedimenti giudiziari (ordinanza GIP del Tribunale di Caltanissetta del 15.11.2005);
che i redditi accertati con riferimento al nucleo familiare del C. negli anni dal (OMISSIS) non consentono di ritenere giustificato l’acquisto fondiario e la realizzazione immobiliare in valutazione;
che i redditi della famiglia di origine del G. non appaiono idonei ad integrare significativamente quello della famiglia C., tenuto conto altresì delle esigenze di vita dei componenti di quel nucleo;
che il costo di realizzazione dell’immobile confiscato, anche se contenuto nei termini indicati dal consulente di parte del ricorrente (L. 57.000.000 in luogo di Euro 56.024,50) non consente un giudizio diverso da quello impugnato, dappoichè non incidente significativamente sulle considerazioni e sui dati innanzi richiamati.
2. Hanno proposto ricorso avverso tale ordinanza i coniugi C. e G. con due ricorsi dei loro difensori di fiducia e memoria depositate ex art. 121 c.p.p., chiedendone l’annullamento giacchè viziata, secondo difensiva prospettazione, da violazione di legge, inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, mancata assunzione di una prova decisiva nonchè da difetto di motivazione nelle forme della motivazione apparente.
Denuncia, in particolare, la difesa ricorrente:
– la violazione de giudicato di cui alla pronuncia del 12.5.2000, che aveva preso in considerazione l’arco temporale dal (OMISSIS), nuovamente esaminato dalla Corte di merito nell’ambito della motivazione impugnata;
– lo stesso organo proponente, la DIA aveva indicato l’indagine per la nuova misura a far tempo dal (OMISSIS) ed anche al CTU il quesito proposto concerneva detta epoca e non già quella anteriore, nonostante poi il CTU abbia esorbitato dai limiti del quesito;
– la violazione del giudicato non risulta giustificato da alcuna nuova acquisizione di circostanze nuove ovvero di circostanze antecedenti ma successivamente conosciute;
– tale non può considerarsi la circostanza, valorizzata particolarmente dal giudice a quo, per la quale la pronuncia del (OMISSIS) avrebbe ignorato l’immobile dell’attuale provvedimento, essendosi limitato a valutare il terreno sul quale è stata realizzata la fabbrica confiscata;
– il Tribunale avrebbe sottoposto a provvedimento ablatorio un bene per il quale nessuno ha avanzato la relativa domanda;
– sussisterebbe violazione del ne bis in idem giacchè l’immobile confiscato, esistente da anni, era conosciuto anche nel momento della prima pronuncia del (OMISSIS);
– il ricorrente non avrebbe la disponibilità, nè diretta nè indiretta, del bene, intestato alla moglie che ivi vi abita, perchè da anni in stato di detenzione e perchè in espiazione della pena dell’ergastolo;
– non risulterebbe provato che il bene confiscato costituisca il frutto di attività illecite, circostanza quest’ultima il cui relativo onere probatorio graverebbe sulla pubblica accusa, salvo l’onere contrario di allegazione ricadente sul proposto e comunque senza alcuna inversione in ordine ai principi probatori;
– l’assenza di correlazione temporale tra attività malavitosa imputata ai ricorrente ed acquisto del bene per cui è causa e la carenza assoluta di motivazione in ordine alla sproporzione tra beni confiscati e redditi dichiarati ovvero disponibilità economiche godute;
– l’assenza di attualità della supposta pericolosità sociale ed assenza di prove certe della partecipazione del C. a "Cosa Nostra" in epoca antecedente al (OMISSIS);
– le conclusioni dei CTU sarebbero sorrette da un metodo scientifico definito abnorme, ed il consulente non avrebbe consideralo la condizione detentiva dei ricorrente, le possibilità economiche dei suoceri ed il loro apporto in favore della figlia unica, coniuge del C. e la circostanza che il manufatto confiscato è stato realizzato dal (OMISSIS) in economia;
– l’edificio è stato realizzato su un terreno sulla cui lecita acquisizione concorda anche il giudice della misura, di guisa che sussisterebbe nella fattispecie violazione dell’art. 934 c.c.;
– il Tribunale di Caltanissetta, col provvedimento del (OMISSIS) favorevole al C., fece riferimento ai redditi della sua famiglia e ad alcune produzioni agricole familiari, del tutto ignorati dall’attuale giudice a quo.
Il P.G. in sede depositava requisitoria scritta che concludeva con la richiesta di rigetto dei ricorsi.
3. Appare preliminarmente necessario affrontare dapprima le questioni processuali proposte con forza dai difensori ricorrenti.
3.1 Con la prima di esse deduce il ricorrente che l’autorità proponente della misura patrimoniale ha escluso ex professo dal novero dei possibili beni confiscabili quelli acquisiti precedentemente al (OMISSIS), epoca questa presa in considerazione dalla più volte richiamata pronuncia del Tribunale di Caltanissetta.
Sul punto correttamente il giudice a quo ha ritenuto di poter delibare un oggetto più ampio di quello di cui alla richiesta esaminata, dappoichè, secondo superiore insegnamento, in tema di misure di prevenzione il provvedimento di confisca dei beni a norma della L. n. 575 del 1965, art. 2 ter, può essere emesso anche di ufficio, dovendosi estendere anche alla confisca il principio stabilito dal comma 2, di detto articolo con riguardo al sequestro (Sez. 1^, 93/195737; Sez. 2^, 97/2073.18). Il processo di prevenzione, infetti, pur avendo indubbia caratterizzazione giurisdizionale, è funzionalmente e strutturalmente diverso dal processo di cognizione, posto che le finalità proprie del primo, del tutto diverse dal procedimento ordinario, comportano l’estraneità dell’istituto del giudicato se non nei termini preclusivi delineati dallo stato degli atti e dei fatti apprezzati e della corrispondenza tra chiesto e giudicato.
3.2 Con la seconda questione processuale si fa riferimento alla nozione di preclusione appena evocata e si domanda se nel caso in esame essa (preclusione) ricorra inibendo l’esame della disposta confisca in costanza della pronuncia resa il 15.5.2000 dal Tribunale di Caltanissetta. Più in particolare si domanda se la circostanza che la impugnata confisca riguardi un fabbricato non preso in considerazione nella precedente procedura previdenziale ma già realizzato, e da tempo, a quell’epoca in quanto insistente su un terreno, di proprietà della ricorrente G., comunque delibato in quella procedura, inibisca o meno la nuova valutazione di prevenzione.
Ritiene il Collegio che nel caso di specie non ricorra alcun giudicato dal quale desumere una preclusione alla cognizione di cui all’impugnata decisione.
Ed invero, come già innanzi chiarito, il principio del giudicato in materia di processo di prevenzione esprime i suoi effetti nell’ambito di ciò che è stato primieramente conosciuto da primo giudice e non già oltre tale ambito, come, ad esempio, allorchè vengano in considerazione fatti e circostanze maturate successivamente alla prima decisione ovvero tatti e circostanze le quali, pur temporaneamente collocabili in epoca anteriore alla prima decisione, non risulta siano stati comunque oggetto della valutazione connessa alla misura di prevenzione oggetto del giudicato.
Nel caso di specie il Tribunale di Caltanissetta, chiamato a giudicare all’esito del procedente processo di prevenzione, per nulla ebbe a considerare il bene oggetto della presente misura patrimoniale, nè può in contrario assumere significato giuridico processuale il dato che, comunque, oggetto della delibazione giudiziale fu in quei tempo il terreno sul quale insiste il bene oggi confiscato, dappoichè l’area della fabbrica e la fabbrica stessa hanno individualità giuridica distinta e possono, come è noto, fare capo a situazioni giuridiche soggettive di natura reale del tutto diverse, diritto di proprietà e diritto di superficie.
4. Venendo ora al merito dei ricorso in esame giova sottolineare che G.R., destinataria del provvedimento ablativo nella attribuitagli qualità di prestanome del marito, assume, rispetto al provvedimento impugnato, il ruolo giuridico di terzo interessato perchè titolare di diritto reale sul bene oggetto della confisca. Al riguardo appare utile richiamare il principio recentemente affermato da questa sezione della Corte secondo cui, in tema di provvedimenti di natura patrimoniale correlati all’applicazione di misure di prevenzione, incombe all’accusa l’onere di dimostrare rigorosamente, ai fini del sequestro e della confisca di beni intestati a terzi, l’esistenza di situazioni che avallino concretamente l’ipotesi del carattere puramente formale di detta intestazione, funzionale ai la esclusiva finalità di favorire il permanere del bene in questione nella effettiva ed autonoma disponibilità di fatto del proposto, disponibilità la cui sussistenza, caratterizzata da un comportamento uti dominus del medesimo proposto, in contrasto con l’apparente titolarità del terzo, dev’essere accertata con indagine rigorosa, intensa ed approfondita, avendo il giudice l’obbligo di spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia, sulla base non di sole circostanze sintomatiche di spessore indiziario, ma di elementi fattuali connotati dai requisiti della precisione e concordanza ed idonei, pertanto, a costituire prova indiretta dell’assunto che si tende a dimostrare ((Cass., Sez. 1^, 15/10/2003, n. 43046, rv.
226610). Tali principi peraltro assumono connotazione particolare in ipotesi di terzi legati da rapporto di parentela o affinità o coniugio col proposto, come peraltro legislativamente confermato dalla recente statuizione introdotta dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 10, comma 1, n. 4, lett. d), come sostituito dalla relativa legge di conversione, in forza della quale, nelle ipotesi anzidette, i trasferimenti anteriori di due anni alla proposta della misura di prevenzione in favore di terzi, si presumono fittizi tino a prova contraria.
4.1 Dopo la premessa necessaria per delimitare gli ambiti del presente giudizio di legittimità ed i principi interpretativi applicabili al caso di specie, è necessario delibare le ragioni di doglianza e quelle poste dal giudice territoriale a base della sua decisione, sia con riferimento ai requisito della pericolosità sociale di C.P., comunque necessaria per sostenere la legittimità della confisca, sia con riferimento alla provenienza dei beni confiscati nella dimensione, prospettata in atti, della sproporzione del loro valore con la capacità reddituale del proposto e del proprietario formale, non senza prima rammentare che nel procedimento in esame il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, secondo disposto della L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 10, richiamalo dalla L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 3 ter, comma 2, violazione di legge difensivamente denunciata, nella fattispecie, anche nelle forme della motivazione apparente.
4.1.1 Sul requisito della pericolosità sociale e della sua attualità. Lamenta sui punto il ricorrente che l’attualità di tale requisito risulta affermata dal giudice dell’appello sulla base di una mera presunzione ed in assenza di una adeguata confutazione degli argomenti sottoposti alla sua valutazione con il gravame di merito e, soprattutto, in assenza totale dei necessaria elementi comprovanti l’attualità del requisito, attesa la carcerazione in atto risalente nel tempo e la mancata corrispondenza, in ogni caso, tra il tempo delle condotte criminose imputate al ricorrente e quello della realizzazione del bene confiscato Le censure sul punto non sono fondate.
Ed invero condizione necessaria per l’applicazione delle misure di prevenzione, sia personali che patrimoniali, è la pericolosità per la sicurezze pubblica, che deve essere connotata dal requisito ulteriore dell’attualità, risultando evidente l’irrilevanza di pregresse manifestazioni antisociali del proposto ove non ricorressero, al momento del giudizio relativo alla loro applicazione, quei sintomi indicativi, della persistenza di una condotta di vita tale da legittimare, tramite l’inflizione delle misure personali, una particolare vigilanza degli organi di pubblica sicurezza. Nei caso in esame il provvedimento impugnato ha fatto ricorso ad una valutazione di attualità della indicata pericolosità sul rilievo che la prova di un ruolo rilevante ricoperto da C.P., nonostante la sua risalente detenzione carceraria in regime di art. 41 bis O.P., emerge dal recente provvedimento del GIP del Tribunale di Caltanissetta, in data 15.11.2005 (ordinanza di custodia cautelare in danno di tale A.M.) nel quale il giudicante accredita, con dati di fatto rilevanti, la persistenza del suo ruolo apicale e le direttive impartite attraverso il figlio, sufficienti a dimostrare la permanenza ad oggi dello status criminale.
Ciò posto non può ragionevolmente assumersi che nel caso di specie il giudice territoriale non abbia sviluppato sufficienti argomentazioni a sostegno delle sue conclusioni e che, comunque, ricorra l’ipotesi della motivazione apparente inquadratile nel vizio di legittimità della violazione di legge.
4.1.2 Sulla liceità o meno dell’acquisizione dei beni confiscati.
Sul punto la motivazione impugnata poggia sulla insufficienza dei redditi percepiti dal ricorrente, dalla moglie, dal proposto e dai familiari di volta in volta indicati a giustificare l’acquisizione patrimoniale sottoposta a provvedimento ablatorio. Anche in questo caso la censura mossa dal ricorrente è quella di una motivazione apparente, giacchè totalmente disattenta delle argomentazioni illustrate nei procedimento a giustificazione degli acquisti oggetto di sospetto.
Nel richiamare i principi di cui ai paragrafo 3.3 non può non rilevarsi, preliminarmente, che alle considerazioni offerte dalla parte il giudice dell’appello abbia dato risposte comunque adeguate.
Il Giudice a quo ha infatti preso in considerazione non soltanto le risultanze della CTU, bensì anche quelle del consulente di parte, ponendo a confronto il valore da questi indicato del bene confiscato con la modestia dei redditi percepiti nel corso degli anni corrispondenti a quelli della realizzazione del manufatto. Non solo:
i giudice a quo ha passato in rassegna tutte le indicazioni fornite dalla difesa: con riferimento ai redditi pensionistici dei suocero del C., valutandone peraltro la palese modestia e la necessità di sostentamento del relativo nucleo familiare; con riferimento alla allegata attività commerciale della suocera del C., sottolineandone l’interruzione in epoca lontana (il (OMISSIS)) e comunque anteriore e non di poco alla costruzione per cui è causa; con riferimento alla, vendita di un terreno acquistato a suo tempo da parte di G.G., giudicato, legittimamente sul piano logico, di scarsa importanza economica (prezzo di L. 2.1.00.000) e comunque assorbito da altri oneri connessi ad acquisti di altri appezzamenti di terreno.
Non è compito della Corte valutare la congruità motivazionale illustrata dal tribunale, se non con riferimento alla nozione di motivazione apparente, nel caso di specie da escludersi con certezza attesa la diffusa trattazione che ha impegnato il giudice territoriale.
4.2 Anche in ordine al requisito della disponibilità in capo al confiscato del bene oggetto del provvedimento ablatorio appare utile rimarcare che il requisito di legge della disponibilità diretta o indiretta del bene fa riferimento sia alla nozione di disponibilità giuridica sia a quella di disponibilità di fatto, espressa quest’ultima attraverso una gamma assai vasta di ipotesi concrete, come la detenzione ad opera di terzi. Rilevante ai fini della prospettata questione di diritto è comunque il dato che anche il detenuto ergastolano possa avere la disponibilità del bene, dappoichè il diritto di proprietà da la disponibilità giuridica dell’oggetto del diritto sempre, e la disponibilità di fatto eventualmente, ma dalla negazione della seconda non può certo dedursi l’assenza della prima.
Alla stregua delle illustrate motivazioni il ricorso in esame va pertanto rigettato. Con la conseguente condanna dei ricorrenti, in solido, ai pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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