Cass. pen., sez. VI 19-03-2009 (11-03-2009), n. 12165 Impugnazione della parte civile – Assenza in giudizio – Rinuncia implicita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 16.5.2006 la Corte d’appello di Napoli dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla parte civile M.A. avverso la sentenza 20.1.2005 del Tribunale di Napoli nel procedimento a carico di MU.FR..
La Corte napoletana aveva preso atto della "mancata costituzione in giudizio" della parte civile appellante, pur in presenza della sua regolare citazione per l’udienza, giudicando che tale assenza priva di giustificazione determinasse la rinuncia implicita all’impugnazione.
2. Ricorre in Cassazione la parte civile, a mezzo del difensore fiduciario procuratore speciale, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza di inammissibilità con rinvio per nuovo giudizio, deducendo violazione degli artt. 76, 82, 591 e 602 c.p.p. in relazione all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e, perchè la mancata partecipazione al giudizio di appello non sarebbe prevista tra le cause di inammissibilità dell’impugnazione della parte civile a norma dell’art. 591 c.p.p. o di altra norma codicistica. La giurisprudenza di legittimità avrebbe sempre affermato che l’assenza della parte civile nel giudizio di appello non costituirebbe causa di inammissibilità dell’impugnazione o rinuncia implicita al gravame, in ragione del principio di immanenza della sua costituzione (il ricorrente cita in particolare le sentenze SU Clarke; Sez. 6, sent.
6.5-12.6.03 Manfredi; Sez. 2, sent. 26.9-23.10.03 Ranieri). Nel caso di specie poi, precisa il ricorrente, il M. nel giudizio di primo grado aveva presentato conclusioni scritte a norma dell’art. 523 c.p.p. in occasione della discussione finale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. La questione di diritto devoluta a questa Corte di cassazione è se sia legittimo dichiarare l’inammissibilità dell’appello ritualmente proposto dalla parte civile, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 576 c.p.p., nel caso in cui la parte civile appellante non presenzi nel giudizio di appello.
Secondo l’ordinanza impugnata, il fatto che la parte civile non abbia "provveduto a costituirsi in giudizio benchè regolarmente citata" comporterebbe l’"implicita rinuncia" alla proposta impugnazione.
Deduce invece il ricorrente che la mancata partecipazione della parte civile al giudizio di appello non è prevista tra le cause di inammissibilità dell’impugnazione, nè esisterebbero altre norme che autonomamente fondino l’assunto della Corte distrettuale, ed anzi costantemente la giurisprudenza di legittimità avrebbe affermato che tale assenza mai può configurare revoca tacita o presunta della costituzione di parte civile.
E’ certamente insegnamento consolidato di questa Corte di legittimità che l’assenza della parte civile al processo di appello non determina alcuna revoca tacita o implicita della sua costituzione, in ciò concretizzandosi il ed principio di immanenza della parte civile nel processo penale riconducibile al capoverso dell’art. 76 c.p.p., secondo il quale "la costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo" (Sez. 4, sent. 24360 del 28.5 – 16.6.08 in proc. Rago e altri; Sez. 5, sent.25723 del 6.5 – 12.6.03 in proc. Manfredi). La revoca della parte civile si determina infatti solamente a seguito di una dichiarazione espressa fatta secondo le forme ed i contesti procedimentali indicati dal primo comma dell’art. 82 c.p.p., ovvero a seguito di uno dei due "comportamenti concludenti" specificamente disciplinati dal comma 2, medesimo art.: la mancata presentazione delle conclusioni a norma dell’art. 523 c.p.p. (e consolidato è l’insegnamento di questa Corte sul riferimento della norma al solo processo di primo grado: Sez. 2, sent. 24063 del 20.5 – 12.6.08 in proc. Quintile e altro; Sez. 5, sent. 12959 del 8.2 – 12.4.06 in proc. Lio ed altro) ovvero il promuovere l’azione davanti al giudice civile. L’assenza della parte civile, o la presenza di un suo difensore senza procura speciale, determina solo l’impossibilità di statuire in suo favore il rimborso delle spese di continuata assistenza (Sez. 5, sent. 9104 del 2.7 – 27.8.1992).
La situazione procedimentale della revoca della costituzione di parte civile (espressa o tacita, secondo la disciplina dell’art. 82 c.p.p. e l’interpretazione di legittimità sull’art. 76 c.p.p., comma 2) va tuttavia tenuta distinta dalla situazione procedimentale della rinuncia all’impugnazione, che è influenzata dalla prima – quando l’impugnazione sia stata proposta in via autonoma dalla parte civile – ma non si risolve in essa, trovando disciplina propria nell’art. 589 c.p.p., che stabilisce le sue forme specifiche.
Nel nostro caso non vi è stata alcuna rinuncia esplicita, nelle forme appunto previste dall’art. 589 c.p.p..
Il quesito se sia configurabile in genere una rinuncia implicita all’impugnazione ha trovato – secondo i dati giurisprudenziali disponibili – una sola risposta positiva in termini, con Sez. 1, Sent. 1416 del 23.03-30.04.94, in proc. Polifroni, secondo cui la rinuncia all’impugnazione può avvenire anche implicitamente, purchè in modo univoco (la fattispecie riguardava la richiesta di un imputato che passasse in giudicato la sentenza pronunciata nei suoi confronti e da lui in precedenza impugnata). La giurisprudenza di legittimità ha negato che costituissero rinuncia implicita all’impugnazione la richiesta di conferma di sentenza impugnata dalla parte pubblica, proposta nelle conclusioni del giudizio di appello dal procuratore generale di udienza (per tutte, Sez. 5, sent. 43363 del 5.10 – 30.11.05 in proc. Aragona) ovvero il pagamento di pena pecuniaria e spese processuali da parte di soggetto destinatario di decreto penale (per tutte, Sez. 1^, sent. 26278 del 19.5 – 10.6.04 in proc. De Angelis).
Anche seguendo l’insegnamento della sentenza Polifroni (che può essere ricondotto alla considerazione per cui quando nessun dubbio possa sussistere sulla specifica volontà della parte, sicchè tutti i beni per la tutela dei quali è prevista la forma disciplinata dall’art. 589 c.p.p. risultano salvaguardati, le esigenze di evidente economia processuale – essendo l’efficienza del processo essa stessa bene costituzionale: Corte cost. sent. n. 353 del 1996 – dovrebbero prevalere), ciò che diviene assolutamente determinante, per affermare la configurabilità e rilevanza di una rinuncia implicita all’impugnazione, è comunque la palese univocità della condotta procedimentale tenuta dalla parte che ha proposto in precedenza rituale impugnazione.
Così non è però nel caso di specie.
Infatti l’assenza all’udienza della "parte che abbia proposto l’impugnazione" è addirittura fenomeno fisiologico e specificamente disciplinato nel caso di processi di appello che si svolgano con il rito camerale (ex artt. 599 e 127 c.p.p.). Quanto specificamente alla parte civile, inoltre, il richiamato principio di immanenza, rendendo la sua assenza improduttiva di effetti sulla sua permanente costituzione nel processo, impedisce di dare alla mera assenza anche della parte civile che abbia proposto impugnazione un significato procedimentale di inequivoca volontà di rinuncia. Quel principio, infatti, legittima e rende fisiologica anche nel rito "pubblico" l’eventuale assenza della "parte"/"parte civile".
Deve quindi concludersi che la mera assenza della parte civile appellante non può essere per sè considerata manifestazione inequivoca di una rinuncia implicita all’impugnazione.
I reati per cui si procede risultano ad oggi prescritti. Ciò non ha rilievo, in quanto l’autonomia dell’impugnazione proposta dalla parte civile ai sensi dell’art. 576 c.p.p. rispetto alla sorte dell’azione penale determina il permanere dell’interesse al giudizio di appello (S.U., sent. 25083 dell’11 – 19.7.06 in proc. Negri e altro).
L’impugnata ordinanza deve pertanto essere annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata ed ordina trasmettersi gli atti alla Corte d’appello di Napoli per il giudizio di appello.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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