Cass. pen., sez. I 13-03-2009 (04-03-2009), n. 11248 Omessa notifica al difensore dell’avviso di udienza – Nullità – Non necessità della sua presenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Firenze confermava la sentenza 10.5.2006 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città che aveva condannato (tra gli altri) A.R. e I.G. alla pena di 5 anni e sei mesi di reclusione, in concorso di attenuanti generiche, per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73 contestati ad entrambi al capo A, e il secondo per il reato altresì di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 a lui contestato al capo V).
Il reato associativo aveva riguardo ad una organizzazione, capeggiata da C.F. con l’aiuto di D.C.V., che importava dall’estero ingenti quantitativi di cocaina, oltre che, in quantità minore, di eroina e extasy, che talvolta veniva raffinata nel podere di (OMISSIS) del C. e commercializzata attraverso una rete di persone.
Il materiale probatorio era formato da intercettazioni, videoriprese e osservazioni dirette, aveva consentito di pervenire a sequestri dello stupefacente spacciato ed arresti per singoli fatti per i quali si era proceduto separatamente.
Un contributo probatorio importante era stato portato da T. A.C.A., che, trovato in possesso di 2,5 chili di cocaina, aveva narrato del traffico di droga dal Centro – Nord America nel quale era inserito e fornito indicazioni sulla organizzazione del C. (aveva parlato in particolare di una precedente importazione e di cessioni al C. e al D. C. di una partita di 1,200 chili di cocaina e della trattativa per altri 2,500 chili).
Arrestato per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, il C. aveva reso dichiarazioni sempre più ammissive e collaborative, confermando le dichiarazioni del T. e indicando i nomi e i ruoli dei suoi collaboratori.
A carico di A.R. e di I.G. stavano quindi le dichiarazioni di C.F., riscontrate, quanto al primo, dalle conversazioni intercettate, dall’arresto in possesso di droga, da analoghe segnalazioni; quanto al secondo dalle dichiarazioni di Ca.Gr. e dal suo arresto con 43,430 grammi di cocaina dopo che era uscito dalla casa del C..
2. Ricorso A..
Ricorre A.R. a mezzo del difensore avvocato Pepi Giangualberto, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
2.1. Con il primo motivo denunzia violazione dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. b) e art. 179 c.p.p. in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., perchè (a) il difensore di fiducia dell’imputato, che lo aveva assistito in primo grado e aveva redatto i motivi di gravame chiedendo l’assoluzione nel merito, mai revocato, non aveva avuto alcuna notifica dell’avviso di fissazione del giudizio d’appello; ed inoltre (b), perchè, assente il difensore, la Corte d’appello aveva proceduto senza neppure nominare all’ A. un difensore ex art. 97 c.p.p., comma 4, lasciando l’imputato privo d’assistenza difensiva.
2.2. Con il secondo lamenta erronea interpretazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 nonchè contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Assume che nessuna delle due sentenze di merito aveva giustificato l’affermazione di responsabilità a titolo di partecipazione, non risultando provata ne l’affectio societatis nè la condivisione del fine dell’associazione nè il rafforzamento del disegno criminoso.
Mancava ogni elemento di certezza su quanti viaggi avesse fatto l’imputato, sui quantitativi di droga trasportati, sul tempo delle consegne.
Mai, d’altro canto, all’imputato era stata sequestrata droga. Le telefonate (intercettate sull’utenza di P.M.) citate dai giudici di merito, lungi dal costituire argomenti di prova a carico, avevano al contrario contenuto neutro (con riferimento al reato associativo) e andavano lette sulla base di quanto dichiarato dall’ A. nel suo interrogatorio, riferendosi ad acquisti di stupefacenti per uso personale del ricorrente.
3. Ricorso I..
Ricorre I.G. a mezzo del difensore avvocato Melani Graverini Piero, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata denunziando violazione di legge e mancanza degli elementi caratterizzanti il reato associativo.
Assume che i soli elementi evidenziati erano costituiti da viaggi effettuati per rifornirsi di stupefacenti dal pentito C., e cioè ipotetiche operazioni d’acquisto; nulla dimostrava che l’I. fosse a conoscenza dell’esistenza di un’associazione e avesse consapevolezza di farne parte e di contribuire ad essa;
la circostanza che l’I. conoscesse il solo C. era ammessa d’altronde dalla sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo del ricorso di A.R. appare fondato e assorbente.
Dagli atti trasmessi non risulta infatti la notificazione dell’avviso di fissazione giudizio d’appello al difensore di fiducia del ricorrente, nè ad altro difensore.
E la Corte ha proceduto senza nominarne altri.
Sicchè nella fase del gravame l’imputato è rimasto totalmente privo di assistenza difensiva.
Nè rileva la circostanza che secondo la giurisprudenza di questa Corte nell’udienza del giudizio abbreviato d’appello, svolgentesi nelle forme degli artt. 127 e 599 c.p.p., la presenza del difensore non è necessaria.
Non v’è dubbio, tuttavia, che anche la presenza facoltativa presuppone che della facoltà sia stato reso possibile l’esercizio.
Nessuna eccezione può dunque ammettersi alla regola che il difensore deve essere compiutamente avvisato dell’udienza, la cui violazione è sanzionata ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c).
E la nullità risulta tempestivamente dedotta.
La sentenza impugnata va conseguentemente annullata in relazione alla posizione dell’ A., con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze per nuovo giudizio.
2. Quanto al ricorso dell’ I., le doglianze si risolvono, nella sostanza, nell’affermazione che i singoli fatti a lui addebitabili non erano sufficienti a dar prova della partecipazione all’associazione per delinquere gestita da C.F..
Pur evocando violazione di legge, il ricorso attiene dunque al contesto della giustificazione e appare infondato.
Con motivazione esauriente la Corte d’appello ha osservato che la prova della responsabilità di I.G. si fondava sulle dichiarazioni di C.F., che l’aveva riconosciuto in fotografia e aveva detto che si trattava di persona che andava da lui a rifornirsi ogni 15 giorni da circa un anno acquistando droga in quantità di 50 – 100 grammi a volta, per rivenderla attraverso alcuni ragazzi (tra i quali un certo Ma.) che spacciavano al minuto; che si trattava di persona che pretendeva l’esclusiva dello spaccio nella zona di (OMISSIS) e che andava in collera e minacciava il Ma. o gli altri se tentavano di risalire alla fonte (a lui); che acquistava a credito e pagava dopo la vendita.
Ha adeguatamente rilevato che riscontravano le dichiarazioni del C. il fatto che era stato visto uscire dalla casa del C. ed era stato trovato in possesso di 43,430 grammi di cocaina;
le dichiarazioni dello stesso I., che aveva ammesso di avere acquistato altre tre volte cocaina per circa 100 grammi (in tutto) e che l’aveva spacciata per ripianare i propri debiti; le dichiarazioni rese da Ca.Gr., che aveva confermato che l’I. (riconosciuto in fotografia) si riforniva solitamente di droga dal C. e s’era lamentato del fatto che Fr.
( Ma.) gli "rovinava la piazza".
Ha scrupolosamente risposto alle doglianze articolate nell’atto d’appello con riferimento alla apparente contraddizione di alcuni dati emersi.
Ineccepibili sul piano logico sono quindi le conclusioni tratte da tali dati, ovverosia che il complesso degli elementi acquisiti consentiva d’affermare che l’I. aveva svolto per circa un anno, e cioè per un lasso di tempo apprezzabile, il ruolo di assicurare con continuità, servendosi di spacciatori al minuto, la distribuzione nella zona di (OMISSIS) dello stupefacente acquisito dalla organizzazione; che i quantitativi di volta in volta ricevuti per la distribuzione, la regolarità e continuità dei rifornimenti, il rapporto fiduciario di somministrazione, che consentiva all’ I. di versare al C. il prezzo dello stupefacente solo dopo averlo effettivamente smerciato, dimostravano – congiuntamente valutati – che l’imputato non poteva ignorare d’essere entrato a far parte stabilmente di una catena organizzativa stabilmente dedita al traffico di stupefacente.
La motivazione sul contributo fattivo prestato dal ricorrente all’associazione per delinquere contestata e sulla sicura consapevolezza di tale contributo appare di conseguenza plausibile e assolutamente corretta.
Il ricorso dell’ I. deve di conseguenza essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di A.R. e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze.
Rigetta il ricorso di I.G., che condanna al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *