Cass. pen., sez. II 27-03-2009 (17-03-2009), n. 13678 Atti a sorpresa – Sequestro preventivo disposto in applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2001

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con ordinanza del 22 ottobre 2008, il Tribunale di Matera ha respinto la richiesta di riesame avanzata dal difensore della s.r.l.
"Biofiber" avverso il provvedimento del 24 settembre 2008, con il quale Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale aveva convalidato il sequestro preventivo d’urgenza disposto dal pubblico ministero ed aveva contestualmente disposto il sequestro preventivo di beni immobili, autoveicoli e somme di denaro, fra i quali, in particolare, il sequestro preventivo ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 53 funzionale alla confisca per equivalente di cui all’art. 19, comma 2, del medesimo Decreto, del terreno di proprietà della Biofiber ubicato in agro di (OMISSIS), iscritto in catasto al fl. N. (OMISSIS). Ciò in quanto, in relazione al programma di finanziamento di un polo industriale multisettoriale nel comprensorio del Comune di (OMISSIS), successivamente delocalizzato in territorio di (OMISSIS), le indagini avrebbero evidenziato la fittizietà delle spese documentate in relazione al contratto intercorso tra la Biofiber e la s.r.l. Grafiche Filippi, a fondamento della richiesta di liquidazione della seconda rata di contributo. Sempre dalle indagini, sarebbe altresì emersa la distrazione di una quota della prima franche del contributo, pari a complessivi Euro 300.000,00 confluiti, in parti uguali, in conti personali degli indagati Z.M. (amministratore unico della Biofiber dal (OMISSIS)) e F.M. (amministratore unico della s.r.l. Grafiche Filippi, ed amministratore unico della Biofiber proprio fino al (OMISSIS)).
Avverso l’ordinanza pronunciata dal Giudice del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore della Biofiber s.r.l., deducendo vari motivi di impugnazione. Nel primo, riproponendo questione già devoluta all’organo del riesame e da questi disattesa, si lamenta che il provvedimento applicativo della misura cautelare reale non fosse stato accompagnato dalla notificazione delle informazioni di cui agli artt. 369 e 369 – bis cod. pfoc. pen., nè dalla nomina di un difensore di ufficio per la società Biofiber s.r.l., la quale, "fino a quel momento ignorava di essere stata iscritta nel registro degli enti sottoposti ad indagini". Si lamenta, poi, violazione di legge, in quanto nella fattispecie criminosa prospettata dall’accusa non risulterebbe integrata una ipotesi di interesse o vantaggio dell’ente, bensì, semmai, un "vantaggio delle persone fisiche indagate e in danno della stessa società". A proposito, infatti, del reato sub J) (art. 316 – bis cod. pen.) è lo stesso Tribunale a riconoscere che l’addebito si riferisce ad una distrazione di Euro 300.000,00 in danno della Biofiber, beneficiaria del contributo.
Quanto, invece, alla imputazione sub B) (art. 640 – bis cod. pen., correlata all’indebito contributo percepito dalla società), il Giudice del riesame non avrebbe "preso compiutamente in esame la ricostruzione del fatti per i quali si procede, così come operata dagli organi inquirenti"; ciò, in particolare, perchè non si sarebbe tenuto conto del fatto che, nella specie, l’interesse della società era coincidente con quello della pubblica amministrazione, vale a dire, di creare la nuova attività produttiva e generare utili. Si contesta, inoltre, la sussistenza del delitto di truffa per il conseguimento di pubbliche i erogazioni, in quanto il terreno di proprietà della Biofiber era stato acquistato dal Consorzio prima che venisse erogato il finanziamento; sicchè – osserva il ricorrente – nessun danno si sarebbe realizzato in capo alla pubblica amministrazione. Infine, il Tribunale non avrebbe considerato che il reato di truffa non è i alcun modo riferibile alla responsabilità degli amministratori della Biofiber attualmente indagati, posto che lo Z. è estraneo alla contestazione, ed il F. – cui il reato è attribuito – non può ritenersi responsabile, quanto meno sotto il profilo soggettivo.
Il ricorso è infondato. A proposito del primo motivo, infatti, occorre ribadire – come già puntualmente evidenziato dai giudici a quibus – che il sequestro preventivo di beni di cui è consentita la confisca, ai sensi del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19 che disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, non deve essere preceduto, a pena di nullità, dalla informazione sul diritto di difesa prevista dall’art. 369 bis cod. proc. pen., in quanto si tratta di atto "a sorpresa" (Cass., Sez. 2, 25 maggio 2005, Zanettin); come d’altronde è naturale sia, secondo la stessa logica delle misure cautelari reali, la cui esecuzione, proprio perchè destinata ad impedire pericula di dispersione dei beni da apprendere, sarebbe esposta al rischio di vanificazione, se preceduta dai relativi avvisi. D’altra parte, e con specifico riferimento alla tematica evocata dal ricorrente, questa Corte ha anche avuto modo di affermare che, in tema di misure cautelari reali, qualora il decreto di sequestro preventivo notificato all’indagato, sia viziato da nullità per difetto di tempestiva comunicazione del difensore di ufficio, ex art. 369 – bis cod. proc. pen., il termine per far valere detta nullità – azionabile dalla parte, a norma degli artt. 180 e 182 c.p.p., a pena di decadenza prima del compimento dell’atto o, quando ciò non sia possibile, immediatamente dopo – non si pone in relazione al necessario compimento di un successivo atto cui intervenga la stessa parte o il difensore, con la conseguenza che essa, nella specie, non può essere fatta valere in sede di giudizio di riesame, in quanto può ben essere dedotta anche al di fuori dell’espletamento di specifici atti, mediante lo strumento delle memorie o richieste che, a norma dell’art. 121 cod. proc. pen., possono essere inoltrate in ogni stato e grado del procedimento (Cass., Sez. 3, 7 novembre 2002, Agliolo. V., anche, per profili collegati, Cass., Sez. 4, 14 marzo 2008, Alberti). Va per altro verso osservato che, nella specie, qualsiasi eventuale profilo di invalidità, derivante dall’omessa informazione "di garanzia", deve ritenersi automaticamente sanato, in quanto, a norma dell’art. 183 c.p.p., comma 1, lett. b), la parte si è concretamente avvalsa della facoltà al cui esercizio l’avviso in questione era preordinato, essendo stata effettuata la nomina del difensore di fiducia ed esercitati, da parte del medesimo, i relativi diritti, proprio attraverso la proposizione e la coltivazione della domanda di riesame avverso il provvedimento impositivo della cautela reale.
Le restanti censure sono destituite di fondamento, alla stregua degli ineccepibili rilievi posti a base della ordinanza impugnata. I giudici del riesame, infatti, hanno adeguatamente passato in rassegna le singole e qualificate emergenze scaturite dalle indagini in ordine alla intera gestione della vicenda relativa al programma di sviluppo industriale cui ha partecipato l’ente oggetto della misura, in particolare segnalando le convergenti acquisizioni dalle quali sono state poste in luce le varie irregolarità e le condotte fraudolente, sulle quali si sono radicati gli addebiti provvisori, e senz’altro tali, per spessore ed univocità, da integrare il presupposto del fumus commissi delicti, evocato a base della cautela reale. Del pari destituita di fondamento è la tesi secondo la quale le condotte dovrebbero in ipotesi essere ascritte ai soli rappresentanti pro tempore dell’ente, giacchè anche i finanziamenti, "distratti," in via di accusa, dalla destinazione per la quale erano stati erogati, sono stati destinati – sempre secondo l’assunto accusatorio – anche in favore della Biofiber s.p.a..
D’altra parte, in tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche e delle società, l’espressione normativa, con cui se ne individua il presupposto, a norma del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 5 nella commissione di reati "nel suo interesse o a suo vantaggio", non contiene una endiadi, perchè i termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse "a monte" per effetto di un indebito arricchimento, prefigurato e magari non realizzato, in conseguenza dell’illecito, da un vantaggio obiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato ex ante, sicchè l’interesse ed il vantaggio sono in concorso reale (Cass., Sez. 2, 20 dicembre 2005, Jolly Mediterraneo s.r.l. e D’Azzo).
Le restanti doglianze, oltre che fortemente orientate verso un inammissibile sindacato di merito, sono prive di consistenza agli effetti dell’odierno scrutinio, giacchè l’unico vizio ritualmente devolvibile è quello di violazione di legge, che, certo, non ricorre nella specie, alla luce delle obiettive circostanze evidenziate dai giudici a quibus sui singoli profili, ora attinti dai motivi di impugnazione, e sterilmente "contestati", per di più in termini in larga misura assertivi, dal ricorrente.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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